Lunedì 1° luglio 2024 il governo italiano ha inviato alla Commissione europea il testo definitivo del Piano nazionale integrato energia e clima (PNIEC). Il documento fissa gli obiettivi nazionali al 2030 su efficienza energetica, fonti rinnovabili e riduzione delle emissioni di CO₂. La prima bozza di PNIEC, chiamata ad aggiornare il Piano adottato nel 2019, era stata inviata per la prima volta a luglio 2023 causando subito non poche reazioni tra esperti e operatori. A dicembre dello stesso anno il testo veniva però giudicato insufficiente e bocciato – in buona compagnia con altri stati membri − da Bruxelles.
La versione attuale, che passa da 424 a 491 pagine, cerca quindi di rispondere alle raccomandazioni ricevute, dalle rinnovabili alle misure di contrasto alla povertà energetica. A pochissime ore dalla pubblicazione del testo definitivo del PNIEC, mentre ancora non sono disponibili confronti dettagliati punto per punto tra le due versioni, proviamo a restituirne i nodi centrali.
PNIEC 2024, tra pragmatismo e neutralità tecnologica
A dare la chiave di lettura di quest’ultima versione del PNIEC stavolta sono però direttamente i Ministeri dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE) e delle infrastrutture e dei trasporti (MIT): “Nell’avviare il processo di aggiornamento del Piano è stato seguito un approccio realistico e tecnologicamente neutro, che prevede una forte accelerazione su alcuni settori”, si legge nelle prime righe di un comunicato diffuso dal MASE. “Oltre alle fonti rinnovabili elettriche, si punta su: produzione di combustibili rinnovabili come il biometano e l’idrogeno insieme all’utilizzo di biocarburanti che già nel breve termine possono contribuire alla decarbonizzazione del parco auto esistente, diffusione di auto elettriche, riduzione della mobilità privata, cattura e stoccaggio di CO₂, ristrutturazioni edilizie ed elettrificazione dei consumi finali, in particolare attraverso un crescente peso nel mix termico rinnovabile delle pompe di calore.”
L'essenza del principio della neutralità tecnologica è infatti l'astensione delle normative e delle politiche pubbliche nel favorire una tecnologia specifica, lasciando che il mercato determini liberamente le soluzioni più efficienti ed economiche.
“Oggi il nostro paese – spiega il ministro Gilberto Pichetto Fratin nel comunicato – si dota di uno strumento programmatorio che traccia con grande pragmatismo la nostra strada energetica e climatica, superando approcci velleitari del passato. È un Piano che abbiamo condiviso con i protagonisti della transizione, che non nasconde i passi ancora necessari per colmare alcuni gap, ma si concentra sulle grandi opportunità derivanti dallo sviluppo di tutte le fonti, senza preclusioni.” Nucleare incluso, su cui ci sono delle novità.
Dalle rinnovabili al nucleare: le ragioni della “neutralità tecnologica”
Per quanto riguarda le emissioni e gli assorbimenti di gas serra, stando al PNIEC l’Italia prevede di superare l’obiettivo del FitFor55 riguardante gli impianti industriali vincolati dalla normativa ETS, arrivando al -66% rispetto ai livelli del 2005 (obbiettivo UE: -62%). Anche nei settori non-ETS (civile, trasporti e agricoltura) si registra un sostanziale miglioramento degli indicatori emissivi e per raggiungere i target europei a oggi ancora troppo sfidanti sarà necessario profondere ulteriori energie.
Rispetto alle fonti energetiche rinnovabili (FER), nel PNIEC si ribadisce invece che l’Italia dovrà raggiungere al 2030 una potenza da fonte rinnovabile di 131 Gigawatt. Si prevede che quasi ottanta (79,2) di questi deriveranno dal solare, 28,1 dall’eolico, 19,4 dall’idrico, 3,2 dalle bioenergie e 1 Gigawatt da fonte geotermica.
A commentare i target di decarbonizzazione contenuti nel PNIEC con Materia Rinnovabile è Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità Futura, la principale associazione della filiera industriale nazionale dell'energia elettrica che rappresenta oltre il 70% del mercato elettrico italiano. “Stiamo approfondendo i contenuti del PNIEC appena inviato dal MASE alla Commissione europea. In un commento a caldo direi che non ci sembra un Piano sufficientemente sfidante rispetto ai target al 2030 europei. Elettricità Futura aveva proposto al MASE di rendere il PNIEC 2024 coerente con le potenzialità di decarbonizzazione dell’industria elettrica nazionale, ad esempio innalzando il target 2030 di riduzione delle emissioni di CO₂eq per il settore elettrico italiano che era stato indicato nella precedente versione del Piano, il PNIEC 2023. Stupisce che, al contrario, sia stato abbassato”.
Non sarebbe stato rivisto, secondo Elettricità Futura, neanche il target di rinnovabili nei consumi elettrici. Inoltre, per Re Rebaudengo “non lascia ben sperare l’ulteriore complessità del quadro normativo che si è aggiunta con l’introduzione del Decreto aree idonee. È un provvedimento che avrebbe dovuto accelerare l’installazione delle rinnovabili e che invece, nella realtà, sta complicando la possibilità di fare gli impianti e aggiungendo extra costi che avranno un effetto domino, facendo aumentare il costo dell’energia elettrica prodotta. Peraltro, non riscontriamo unità tra il target di nuova potenza rinnovabile da installare al 2030 indicato nel DM Aree Idonee, ovvero + 80 GW, e il target indicato nel PNIEC, +73 GW”.
Nel PNIEC, pragmatismo e “neutralità tecnologica” − ed è interessante notare che attraverso una ricerca per parole chiave i richiami a quest’ultimo termine sono più che raddoppiati nell’ultima versione, passando da 4 a 10 − emergono però soprattutto in riferimento a fonti rinnovabili non programmabili e nucleare, a partire da pagina 91. Nell’analizzare il potenziale dell’atomo nella strategia italiana a lungo termine per raggiungere la neutralità climatica al 2050, obiettivo previsto dall’Accordo di Parigi e dalla Legge europea sul clima, il PNIEC richiama infatti lavori della Piattaforma nazionale per un nucleare sostenibile (PNNS), che in tre gruppi distinti guidati da MASE con RSE ed ENEA ha sviluppato nuove ipotesi di scenario (la PNSS è stata istituita a settembre 2023, quindi dopo la precedente versione del PNIEC) in cui si “dimostra da un punto di vista tecnico-scientifico la convenienza energetica ed economica di avere una quota di produzione nucleare, in sinergia e a supporto delle rinnovabili e delle altre forme di produzione di energia a basse emissioni”. Secondo le ipotesi di scenario sviluppate, il nucleare da fissione, e nel lungo termine il nucleare da fusione, potrebbero fornire al 2050 circa l’11% dell’energia elettrica totale richiesta, con una possibile proiezione verso il 22%.
“Pur essendo favorevoli allo sviluppo dell’innovazione tecnologica e alla ricerca di nuove soluzioni energetiche − commenta invece Re Rebaudengo − appare eccessiva l’enfasi riposta sugli aspetti del nucleare, un tema su cui il paese è chiamato con urgenza a risolvere la questione del deposito nazionale delle scorie, anche considerando che nel 2025 rientreranno dalla Francia in Italia le scorie che avremmo dovuto stoccare in quel deposito che ancora non esiste. Sarebbe opportuno concentrarci sull’accelerare lo sviluppo delle tecnologie già disponibili e competitive, e il PNIEC 2024 dovrebbe dare un segnale forte alle imprese che sono pronte a investire in Italia.”
Nella scia di COP28 ma con l'aiuto di metano e nucleare
“Non sono stato direttamente coinvolto nell'elaborazione del PNIEC”, spiega a Materia Rinnovabile Francesco Corvaro, inviato speciale per il cambiamento climatico del governo italiano. “Ciò che posso dire è che in linea di principio quello su cui ci stiamo muovendo segue le linee guida tracciate alla COP28 di Dubai. Quindi, fondamentalmente, una transizione energetica che tenga dentro tutte le fonti che possono ridurre l'utilizzo di fossili. Ciò significa potenziare al massimo le rinnovabili, seguendo l’impegno del ministro Fratin preso a COP28 firmando l'accordo di triplicare l'installazione delle rinnovabili e raddoppiare l'efficienza energetica. Dall’altra parte, dobbiamo avere un occhio di riguardo per il fatto che da qui ai prossimi anni ci sarà una richiesta elevatissima di energia elettrica. Nonostante ci sia quindi un piano importante per le rinnovabili e il G7 di Venaria abbia ribadito la necessità di incrementare lo stoccaggio dell'energia elettrica prodotta dal rinnovabile, dobbiamo tener conto che abbiamo bisogno di supportare questa produzione con tecnologie 'tradizionali', che al momento sono metano e nucleare.”
“Le strategie − ribadisce Corvaro − sono queste: o si continua a spingere sul gas naturale, perché ce n’è e questo dobbiamo dirlo, oppure, se si vuole oggettivamente arrivare alla neutralità climatica entro il 2050 come questo governo sta cercando di fare, serve anche una neutralità tecnologica. Il nucleare, ripeto, non va visto come un disimpegno verso le rinnovabili, come stavo già leggendo, ma un affrontare la questione rinnovabile in maniera pragmatica, perché poi tanto sappiamo che in Italia viene spesso ostacolato pure l'eolico, pure il fotovoltaico.”
Temi aperti, insomma, quelli di permessi autorizzativi e opposizione dei territori (fenomeno NIMBY, Not in my Backyard), a cui il PNIEC a pagina 8 risponde annunciando la necessità di ridurre gli iter in nome della stabilità del sistema energetico. “Gli interventi necessari per la crescente decarbonizzazione del sistema richiederanno la diffusa costruzione di impianti e infrastrutture che possono avere anche impatti ambientali. Alcuni di questi possono essere attenuati, ad esempio promuovendo la diffusione del fotovoltaico su superfici già costruite o comunque non idonee ad altri usi, ma per garantire la stabilità del sistema energetico occorrerà costruire nel medio termine una serie di infrastrutture fisiche (potenziamento delle interconnessioni, resilienza delle reti, stoccaggi di energia su vasta scala, sistemi di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica) la cui realizzazione dovrà necessariamente avere tempi autorizzativi ridotti, pur nel rispetto del dialogo e della condivisione con i territori”.
Metano, CCS, idrogeno: Italia hub energetico
L’Italia conferma pertanto il phase out dal carbone al 2025 (Sardegna esclusa, l’addio non arriverà prima del 2026). Per quanto riguarda il metano, oltre a ricordare che l’abbandono del carbone sarà infatti implementato attraverso la realizzazione di unità termoelettriche addizionali alimentate a gas, è importante ricordare come il tema si leghi alla cattura e stoccaggio della CO₂. Un aspetto fondamentale per restituire la complessità del quadro sicurezza energetica e della possibilità di continuare a utilizzare fonti fossili “tradizionali”. “Gas naturale e nucleare sono tecnologie che hanno entrambe delle problematiche”, continua Corvaro. “Qualcuno potrebbe erroneamente pensare che possiamo continuare a utilizzare il gas naturale grazie alla tecnologia della CCS. Tuttavia, non è così semplice. La CCS, che consiste nella cattura e stoccaggio del carbonio, è una delle tecnologie inserite tra quelle da sviluppare per raggiungere gli obiettivi fissati dall'Accordo di Parigi. Anche se la CCS, come il nucleare, può teoricamente contribuire in modo significativo al raggiungimento di questi obiettivi, è ancora una tecnologia immatura che richiede ulteriori fasi di ricerca e sviluppo.”
Anche se non tecnologicamente matura, la CCS rientra nelle questioni di rilevanza transfrontaliera. Come si legge nel testo del PNIEC 2024, “lo sviluppo di un hub CCUS [Carbon Capture Utilisation and Storage], dove molti emettitori di CO₂ possono beneficiare di infrastrutture comuni e di una rete di trasporto transfrontaliera ad accesso aperto, è fondamentale perché non tutti gli stati membri hanno accesso a siti di stoccaggio geologico adeguati”. Sul fronte della sicurezza energetica – tema al centro del Piano Mattei – stando al PNIEC si registrano infatti due tendenze: una netta riduzione della dipendenza da altri paesi, favorita dalle azioni di diversificazione dell’approvvigionamento post embargo russo, e una pianificazione di nuove infrastrutture e interconnessioni (per la CCS, ad esempio, l’Italia sostiene la candidatura dei progetti Callisto Mediterranean CO₂ Network, Prinos CO₂ storage e Augusta C2).
In particolare, per quanto riguarda la dimensione del mercato interno dell’energia, il MASE nel suo comunicato spiega che “si prevede di potenziare le interconnessioni elettriche e il market coupling con gli altri stati membri, nonché sviluppare nuove connessioni per il trasporto di gas rinnovabili, rafforzando il ruolo dell’Italia come hub energetico europeo e corridoio di approvvigionamento delle rinnovabili dell'area mediterranea”. Gli attuali gasdotti in costruzione nelle intenzioni sono infrastrutture solamente transitorie per il gas metano, mentre in futuro potranno servire al trasporto di CO₂ o idrogeno.
L’Italian Hydrogen Backbone (Dorsale italiana dell’idrogeno), il segmento italiano del SoutH2Corridor, una dorsale di gasdotti dedicata all’idrogeno lunga 3.300 km, ad esempio “utilizzerà delle infrastrutture gas esistenti, opportunamente riadattate per il trasporto dell’idrogeno, unitamente a nuovi tratti da realizzare, con la previsione di aprire alle risorse rinnovabili dell’Africa del Nord attraverso un ulteriore sviluppo lungo il tracciato dei gasdotti Trans Tunisian Pipeline (TTPC) e Trans Mediterranean Pipeline (TMPC) che collegano Algeria/Tunisia e Italia”.
Povertà energetica e autonomia differenziata
Rispetto al tema della povertà energetica, tra le pbiezioni alla precedente versione del PNIEC, Bruxelles lamentava la mancanza di una valutazione della situazione delle famiglie attualmente interessate e l’indicazione di un obiettivo specifico di riduzione misurabile. Alla Commissione non sarebbe stato chiaro del tutto anche il ruolo dell'Osservatorio nazionale sulla povertà energetica istituito nel 2021. Nella versione definitiva del PNIEC 2024, pur riconoscendo nuovamente l’importanza del tema, rispetto alla misurazione della povertà energetica “fino alla introduzione nell’ordinamento nazionale di una definizione ufficiale di povertà energetica in sede di recepimento della nuova Direttiva sull’efficienza energetica [Direttiva sull’Efficienza Energetica (UE) 2023/1791 del 13 settembre 2023, ndr], non si ritiene opportuno, nel momento in cui si redige la presente versione di questo Piano, adottare formalmente indicatori compositi o innovativi rispetto a quanto già suggerito nelle raccomandazioni della Commissione europea”.
Un altro punto criticato da Bruxelles in tema di just transition sono i ritardi dell’Italia (insieme a Romania e Bulgaria) rispetto alla partecipazione pubblica ai piani nazionali. Nella stesura della prima bozza del piano, l’Italia non avrebbe coinvolto sufficientemente il sistema governo (dalle regioni ai comuni), la società civile e le imprese attraverso continui dialoghi e consultazioni pubbliche. Rispetto alla nuova versione del PNIEC, che come la precedente contiene il resoconto delle consultazioni, invece, il ministro Pichetto Fratin, raggiunto da Materia Rinnovabile il 2 luglio al Global Energy Transition Congress & Exhibition (GET), rimanda le accuse al mittente: “C'erano delle consultazioni online. Gli stakeholders che volevano fare osservazioni hanno avuto un anno di tempo. Essendo un tema alto e complesso non tutti hanno voluto partecipare alla bozza del PNIEC”.
Tutti da capire ancora i potenziali effetti di un’autonomia differenziata nell’attuazione del PNIEC. “L’autonomia differenziata, come quando la riforma della Costituzione ha dato alle regioni voce in capitolo sull'energia, è sempre un’arma a doppio taglio”, conclude l’inviato per il clima Corvaro. “Può essere positiva e accelerare o negativa e rallentare [la transizione], quindi bisognerà vedere poi le varie regioni che hanno presidenti di schieramenti diversi rispetto al governo centrale come si possano muovere. Faccio un esempio. Se a governare la Sardegna ci fosse stato un governo di centrodestra e si fosse creato tutto quello che si è creato [sulla moratoria all’eolico], a mio parere in parte giusto, sarebbe successa la rivoluzione. Ma siccome l'ha fatto un governo di centrosinistra, allora è andata diversamente. Qual è la realtà dei fatti, insomma? Perché ho detto che in parte è condivisibile ed è giusto ciò che è successo? In questo momento sull’isola non c'è la capacità ricettiva di tutta quella installazione. Servirebbero delle infrastrutture che possano portare sulla terraferma quel surplus energetico. Se ci fosse stato un governo regionale di centrodestra sarebbe stato accusato di essere contrario alle rinnovabili, invece la decisione l'ha presa un governo di centrosinistra. Il problema di fondo qual è? È che l'Italia è molto diversificata. Questo è un dato di fatto, da nord a sud non è un paese omogeneo. Io mi auguro come sempre che questa proposta di nuova norma sulla autonomia differenziata permetta effettivamente di utilizzare strumenti per accelerare in maniera customizzata.”
Questo articolo è stato scritto con la collaborazione di Simone Fant
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Immagine di copertina: Gilberto Pichetto Fratin © Governo italiano