Il Piano Mattei avrà cinque pilastri (istruzione, salute, agricoltura, acqua, clima) e potrà inizialmente contare su oltre 5,5 miliardi di euro, di cui circa 3 miliardi provenienti dal Fondo italiano per il clima e circa 2,5 miliardi dalle risorse della cooperazione allo sviluppo. Nonostante il Governo ne parli dall’autunno 2022, per l’annuncio ufficiale del Piano – e di alcuni suoi progetti pilota – la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha atteso il 29 gennaio 2024. Non una data a caso, ma la seconda giornata del vertice Italia-Africa. Un ponte per una crescita comune. Il summit, che per la prima volta non si tiene a livello ministeriale ma di capi di Stato, è infatti il primo appuntamento internazionale ospitato dall’Italia da quando ha assunto la Presidenza del G7.
Un’occasione comprensibilmente ghiotta, anche se il delivery mechanism del Piano è ancora tutto da costruire. L’istituzione della Cabina di regia per la sua attuazione, che si deve ancora riunire la prima volta, è arrivata solamente il 10 gennaio. Un fatto che nei giorni scorsi ha portato le opposizioni a definire il Piano Mattei una “scatola vuota”. Anche se ora, dopo il vertice Italia-Africa, forse sarebbe meglio parlare di gabbia dorata. Un intreccio di promesse di cui l’Italia dovrà rendere conto nei prossimi mesi alla comunità internazionale.
Piano Mattei, una cooperazione da pari a pari
“L’Africa avrà un posto d'onore nell'agenda italiana di presidenza del G7 – ha detto la premier Meloni durante l’intervento di apertura del vertice a Palazzo Madama – Siamo consapevoli di quanto il destino dei nostri continenti sia interconnesso e che è possibile immaginare e scrivere una pagina nuova nelle nostre relazioni, una cooperazione da pari a pari, lontana da ogni tentazione predatoria e approccio caritatevole”.
Presenti in Aula i rappresentanti di 46 Stati africani, delle istituzioni europee, delle organizzazioni internazionali e delle banche multilaterali di sviluppo. Anche se va segnalata l’assenza della Nigeria, lo Stato più popoloso del continente africano.
“L'Africa non vuole tendere la mano, non siamo dei mendicanti”, ha dichiarato invece il presidente della Commissione dell'Unione africana, Moussa Faki. “L'Africa vuole perorare un cambiamento di paradigma per un nuovo modello di partenariato, per aprire la strada verso un mondo più giusto e coerente e per costruire la pace attraverso l'amicizia e non attraverso barriere. Questa è l'unica strada possibile”.
“Enrico Mattei è stato un grande italiano, un grande europeo e un vero amico dell'Africa. Ha capito, prima degli altri, che la tua forza è la nostra forza, e viceversa. E la sua eredità continua a vivere”, ha commentato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. “Quando l'Africa prospera, l'Europa prospera e il mondo prospera. Ed Enrico Mattei aveva capito per primo che c'è più forza nelle nazioni che collaborano, piuttosto che quando lavorano l'una contro l'altra”, le ha fatto eco la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola.
I dubbi sui progetti pilota
"Bisogna garantire il diritto a non dover essere costretti a emigrare e a recidere le proprie radici in cerca di una vita migliore, che è sempre più difficile da raggiungere in Europa", ha detto Meloni elencando anche alcuni progetti pilota. Dagli interventi in istruzione e formazione in Tunisia, a quelli per la salute in Costa d’Avorio, passando per le infrastrutture idriche alimentate da energia green nella Repubblica Democratica del Congo. Per l’energia è stato invece ricordato il progetto del Kenya per lo sviluppo dei biocarburanti "che punta a coinvolgere circa 400.000 agricoltori entro il 2027”. Uno scambio che a detta di Meloni funziona se ci sono infrastrutture di connessione fra i due continenti, ha spiegato ricordando i progetti di interconnessione elettrica Elmed con la Tunisia o il nuovo corridoio H2Sud per il trasporto dell'idrogeno all'Europa centrale passando per l'Italia.
“Tuttavia, rimane il rischio che queste iniziative rimangano slegate e singole, e che manchi un quadro strategico in grado di orientare una nuova fase di relazioni tra i Paesi africani, l’Italia e l’Europa”, ha commentato Lorena Stella Martini, analista di politica estera del think tank per il clima ECCO. “Riemerge l’ambizione di fare dell’Italia un ‘hub energetico’ tra Europa e Africa – continua Martini – Anche questo rimane però al momento un concetto ambiguo: ci si riferisce a fonti rinnovabili, a fonti fossili, o a entrambe? E con quali obiettivi? Se parliamo di fonti fossili, nuovi investimenti in gas africano non servono a garantire la sicurezza energetica per l’Italia e l’Europa, che, come emerge da numerosi studi, è stata già raggiunta con l’infrastruttura attuale”.
“Sostenere lo sviluppo del continente africano attraverso nuovi investimenti nelle fonti fossili non è la strada giusta – conclude – Realtà quali Mozambico e Repubblica del Congo mostrano come una crescita sostenibile e di lungo periodo dell’Africa non possa basarsi sul fossile”.
Immagine: Presidenza del Consiglio dei Ministri