Gran parte dei rifiuti marini si originano a terra, disperdendosi nell’ambiente e finendo nei mari attraverso i fiumi. Circa l’87% dei rifiuti dispersi nei fiumi italiani contengono plastiche e più del 38% sono di plastica monouso. La Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, in collaborazione con Nauta srl e ISPRA, ha elaborato dei dati preoccupanti analizzando 12 fiumi italiani: Adige, Agri, Magra, Misa, Neto, Ombrone, Pescara, Po, Reno, Sarno, Simeto e Tevere.

Cosa finisce nei fiumi italiani

Il trasporto di litter da parte dei corsi d’acqua analizzati è stato registrato da punti di osservazione posti in prossimità della foce, per monitorare e giungere a una stima realistica degli oggetti che finiscono in mare. Tra i fattori che maggiormente influenzano la presenza di rifiuti nei tratti terminali degli ambienti fluviali c’è la vicinanza di insediamenti urbani. La maggior parte degli oggetti per i quali è stata possibile una identificazione deriva da attività legate alla produzione e consumo di cibo. Infine, la percentuale più elevata di macro litter osservata ha dimensioni fortemente ridotte, segno che prima di arrivare nelle acque del mare subisce forti processi di frammentazione.
La larga maggioranza (circa l’85%) degli oggetti avvistati è costituita da materiali di plastica, mentre gli oggetti di carta rappresentano circa 5% e quelli di metallo il 3% dei rifiuti analizzati. Inverno e primavera sono le stagioni con il maggior numero di oggetti avvistati.
Il dato su cui gli esperti stanno riflettendo è legato alle attività di produzione e consumo di alimenti, anche se per molti oggetti non è possibile identificarne l’uso originale a causa della dimensione estremamente ridotta dei frammenti rilevati.

Legge Salvamare: mancano i fondi per l’attuazione

Gli esperti denunciano che gli interventi previsti dalla Legge Salvamare per arginare il problema dei rifiuti che confluiscono in mare sono attualmente inapplicabili, in attesa dei bandi che non sono stati ancora emanati.
La Legge Salvamare, in vigore dal 25 giugno 2022, mette in atto diverse misure per la lotta all’inquinamento delle acque causato dalla plastica, riconoscendo ai pescatori il ruolo di spazzini dei mari e incentivandoli con dei premi. La Fondazione Marevivo denuncia tuttavia la mancanza dei fondi per la concreta esecuzione della legge, che prevede interventi strutturali da realizzarsi entro il termine ultimo del 2026. Il decreto, tra l’altro, prevede che le Autorità di bacino distrettuali inviino al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, entro il mese di settembre di ogni anno, una relazione annuale sullo stato di attuazione degli interventi in cui siano riportati gli avanzamenti della spesa effettiva sostenuta e delle opere realizzate, nonché le attività previste nel programma. In molti si chiedono cosa riporteranno tali relazioni a fine settembre di quest’anno.

Il Tevere è il fiume che trasporta più rifiuti 

L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale - ISPRA, il 19 settembre, ha pubblicato l’esito di un monitoraggio condotto sui “macro rifiuti galleggianti”. Il lavoro, finanziato dal ministero dell’ambiente, ha messo a confronto i dati rilevati sui principali fiumi italiani.
“Il Tevere, tra i fiumi oggetto dell’indagine, è quello con più inquinamento da macro-rifiuti galleggianti. I rifiuti galleggianti che il Tevere trasporta in mare sono soprattutto plastici. I rifiuti plastici raggiungono le foci del fiume e, in particolare, si tratta di imballaggi alimentari. Noi monitoriamo il Tevere dal 2016 e in questi anni non abbiamo individuato periodi scientificamente rilevanti in cui la quantità di rifiuti galleggianti sia superiore. Il trend è piuttosto costante, con una leggera variazione alla fine della primavera e all’inizio dell’estate, quando cioè il fiume viene vissuto di più. È quello il momento in cui aumentano, leggermente, gli imballaggi alimentari in acqua”, ha recentemente dichiarato Roberto Crosti, ricercatore dell’ISPRA. I rifiuti plastici prima di raggiungere il mare rimangono molto tempo nel fiume, dove vengono frammentati, divenendo microplastiche che, ingerite dai pesci, entrano nella catena alimentare.

L’eccezione della Sicilia 

La sola regione che vira in direzione opposta per la raccolta dei rifiuti dai fiumi è la Sicilia, la cui Autorità di bacino distrettuale si sta adoperando per concretizzare le opportunità offerte dalla legge n. 60 del 2022. La Sicilia, attraverso l’Autorità di bacino del distretto idrografico, la Sicilia ha ottenuto un finanziamento di 860.000 euro da parte del ministero dell’Ambiente nell’ambito della Legge Salvamare che prevede il recupero delle plastiche in mare e nelle acque interne. La Regione Sicilia è la prima in Italia ad attivarsi per la raccolta dei rifiuti plastici nei fiumi.
L’obiettivo della campagna, oltre che sensibilizzare i cittadini, è rimuovere la plastica già presente nei fiumi e sui litorali, attraverso il posizionamento di barriere antiplastica ed evitare così l’inquinamento marino. I rifiuti di materiale organico non naturale, infatti, sono scaricati continuamente nei mari dove si disgregano in piccole particelle entrando inevitabilmente nella catena alimentare con gravi conseguenze per la fauna ittica e per l’organismo umano. Le “trappole” consentono alla plastica, o a qualsiasi altro rifiuto presente nelle acque fluviali, di restare bloccato e successivamente essere recuperato.

Marevivo e le barriere anti-rifiuti 

La Fondazione Marevivo tenta di promuovere il dibattito sulla problematica dei rifiuti plastici nelle acque dolci proponendo innovative progettualità, grazie all’introduzione, in acqua, delle cosiddette “barriere acchiappa rifiuti”. Le barriere antiplastica consentono di raccogliere tutta la plastica galleggiante per smaltirla secondo criteri precisi e corretti. Le barriere più innovative consentono la protezione di canali o strutture sfocianti in acque libere, implementando politiche e procedure per una delimitazione delle aree protette e una protezione delle zone umide su fiumi con correnti di media intensità. Permettono l’accumulo guidato di rifiuti plastici e/o solidi per la successiva raccolta e bonifica.
“È importante fare fronte comune e collaborare per il bene dei nostri mari, fiumi e specchi d’acqua”, ha recentemente ribadito Alfonso Pecoraro Scanio, già Ministro dell’Ambiente e attuale presidente della Fondazione UniVerde, da sempre impegnato accanto alla Fondazione Marevivo nella storica vertenza sull’approvazione della Legge Salvamare e per l’istallazione delle barriere antiplastica. “Le coste italiane – continua Pecoraro Scanio – rappresentano un formidabile attrattore turistico ma sono sempre più minacciate dal fenomeno del marine litter, dall’inquinamento causato dalla dispersione di plastiche e microplastiche, e dai comportamenti sconsiderati di chi non rispetta il polmone blu del Pianeta. Puntiamo a rilanciare anche l’azione per il raggiungimento dei target della Strategia sulla biodiversità per il 2030 e per la realizzazione di nuove Aree marine protette. Occorre investire subito nella transizione ecologica e digitale, sostituire i sistemi obsoleti e inquinanti e abbandonare le fonti climalteranti: per fare questo, possiamo fare affidamento sulla creatività italiana che rende il nostro Paese fucina di best practice per la difesa del mare”.

Immagine: Tevere, Envato Elements