C’è un riflesso della strategia ReArm EU che arriva direttamente dentro casa nostra, nei confini nazionali italiani. Si insinua nei nostri territori e altera i rapporti di forza tra i diversi segmenti dei poteri dello stato.

In questi giorni si discute alla Camera dei deputati una proposta di legge firmata dalla deputata di Fratelli d’Italia Paola Maria Chiesa, che si compone di un solo articolo che aggiunge due commi all’articolo 15 del codice di ordinamento militare.

Sono poche righe che, nel preambolo, indicano un concetto chiarissimo: a causa dell’inasprirsi del conflitto russo-ucraino, del Mediterraneo colpito da guerre sempre più destabilizzanti, e al fine di semplificare, velocizzare, facilitare le operazioni militari, il controllo ambientale delle zone destinate alle esercitazioni non deve spettare più alle regioni ma al Ministero della difesa e a quello dell’ambiente.

A cosa si riferisce il testo che era stato depositato meno di un anno fa e che è stato calendarizzato proprio ora alla Camera? Perché tanta urgenza? La risposta potrebbe essere molto più specifica di quanto ci si immagini e dipendere da una singolare coincidenza.

I poligoni militari in Sardegna

Per contestualizzare andiamo in Sardegna, la regione che ha certamente pagato il tributo maggiore all’Alleanza atlantica e alla difesa italiana. In Sardegna ci sono circa un milione e mezzo di abitanti e 31 basi militari, il 65% di quelle presenti in tutta Italia.

La Commissione di inchiesta parlamentare sull’utilizzo dell’uranio impoverito, guidata dal presidente Gian Piero Scanu, testimoniò nella relazione finale che l’80% del munizionamento italiano è stato sparato nell’isola, che ospita, tra i tanti, due dei poligoni più grandi d’Europa: il Poligono sperimentale e di addestramento interforze di Salto di Quirra (Pisq), a sud-est, al primo posto per estensione, e, al secondo posto, Capo Teulada a sud-ovest.

L’insieme dei due supera i ventimila ettari, e poi c’è lo spazio a mare. Tutti gli anni, da almeno settanta, in queste due enormi propaggini della potenza NATO ci si esercita alla guerra con armi vere. “A fuoco vivo”, si dice in gergo. Significa che si spara, per davvero. Missili, bombe, carri armati, mezzi anfibi che sbucano dalle acque cristalline di un mare famoso per il turismo e interdetto ai sardi nel resto dell’anno.

Non solo la NATO, ma anche altri eserciti hanno sfoderato la potenza di fuoco sull’isola. C’è un territorio, la penisola Delta, propaggine di Capo Teulada, interdetta a tutti. Nessuno può andarci, è stata sottoposta a tutti i tipi di bombardamento e di armi dal 1956 a oggi. Cosa è stato sparato? Con quali danni, per quanto tempo, con quali conseguenze? Non è dato sapere.

Ci sono porzioni del poligono che possono essere “affittate” da “industrie belliche” per decine di migliaia di euro al giorno. E in cambio, come ha testimoniato la commissione di inchiesta, devono solo rilasciare autocertificazioni.

La Valutazione d’incidenza ambientale per i poligoni militari

Qualcosa però è cambiato il 21 gennaio scorso. L’associazione ambientalista Gruppo di intervento giuridico ha presentato e vinto due ricorsi al TAR, grazie ai quali ha ottenuto qualcosa di inimmaginabile fino a pochi mesi fa.

Il ministero ha dovuto elencare una serie di prescrizioni per le esercitazioni: riduzione degli sbarchi a una delle tre spiagge, stop ai bombardamenti dal cielo, alle manovre terrestri su spiagge e dune, la realizzazione di una fascia di rispetto intorno alle zone umide.

“Non era mai successo prima”, racconta a Materia Rinnovabile Stefano Deliperi, presidente dell’associazione. “Se saranno confermati sarà la prima riduzione degli impatti ambientali delle esercitazioni militari. I due poligoni militari di Capo Teulada e di Capo Frasca interessano i siti di importanza comunitaria Isola Rossa e Capo Teulada, Promontorio, dune e zona umida di Porto Pino, e Stagno di Corru S’Ittiri, in seguito elevati a zone di conservazione speciale (ZSC) con deliberazione Giunta regionale, appartenenti alla Rete Natura 2000, che tutela le aree naturali rilevanti ai sensi delle normative comunitarie per la salvaguardia degli habitat e dell’avifauna selvatica. Deve valere qua ciò che vale altrove, e quindi la Valutazione d’incidenza ambientale è necessaria.”

Nel 2023 a Quirra e a Teulada, da aprile a giugno e poi di nuovo in autunno, c’è stata una delle esercitazioni più imponenti: circa seimila soldati, provenienti da almeno sette paesi diversi, parlando cinque lingue diverse. Vista da Porto Pino, la bellissima baia che abbraccia Teulada, sembrava proprio di stare in guerra. Il promontorio era coperto dal fumo causato dalle esplosioni continue, dal cielo piovevano gruppi di paracadutisti, i caccia irrompevano nella sonnolenza dei pomeriggi primaverili con rumori assordanti, mezzi anfibi sorgevano dall’acqua.

“La maggior parte delle armi che si usano oggi sono sporche, potenziate con sostanze radioattive, e lasciano dei residui sul terreno”, ci spiega l’agguerrito avvocato dell’associazione, Carlo Melis Costa. “Provocano inquinamento: non è un caso che il ricorso sia stato presentato da un’associazione ambientalista. Intorno alle zone bersaglio ci sono quelle umide, zone Natura 2000 e SIC, di interesse comunitario. La compromissione ambientale non può essere solo temporanea. Vanno verificate le conseguenze scatenate da decenni di guerre. La Valutazione d’incidenza ambientale serve proprio a questo.”

Le istanze del Gruppo di intervento giuridico

Il ricorso del Gruppo di intervento giuridico non è stato cavilloso. Non si trattava di arrestare Al Capone per evasione fiscale. Da decenni il territorio è sottoposto alle azioni militari. La popolazione ne subisce le conseguenze e ci sono anche procedimenti penali che avanzano con estrema lentezza, e con alterne vicende. Se la Valutazione d’incidenza ambientale (VINCA) dovesse confermare l’ipotesi degli ambientalisti, le esercitazioni risulterebbero illecite e si potrebbe finalmente lottare per proteggere il territorio. 

Le attività addestrative militari − come qualsiasi attività che possa arrecare danno ai siti protetti − devono essere assoggettate alla procedura di VINCA per minimizzarne gli impatti e introdurre misure di compensazione ambientale, proprio come indicato anche dal codice dell’ordinamento militare che la nuova legge vuole modificare. Tra l’altro queste procedure in altri poligoni militari sono state regolarmente effettuate: ad esempio a Monrupino (Trieste), Torre Veneri (Lecce), Cellina-Meduna (Pordenone), Monte Stabiata (L’Aquila).

Nel 2014 l’associazione aveva presentato l’istanza per avviare la procedura di incidenza ambientale sia a Torre Veneri che a Capo Teulada. L’allora presidente pugliese Nichi Vendola aveva provveduto, mentre in Sardegna l’iter era rimasto impigliato. I ricorsi vinti al TAR in Sardegna potrebbero ora aprire scenari inediti e importanti, anche per le esercitazioni future.

Il disegno di legge del governo Meloni

Però, oggi, arriva il disegno di legge che limita anche l’autonomia regionale differenziata voluta dalla stessa maggioranza politica. Che infatti recita: “La predisposizione, l’organizzazione, la preparazione e l’addestramento delle unità degli enti e tutto ciò che concerne la difesa e la sicurezza nazionale, sono di competenza esclusiva dello stato, al pari della dislocazione delle unità militari e delle aree addestrative”.

E sulla questione ambientale non lascia spazio ai dubbi: “Le disposizioni in materia ambientale adottate dagli enti territoriali si applicano alle attività addestrative e logistiche militari nonché all’individuazione e alla gestione dei sedimi e dei poligoni militari compatibilmente con le esigenze di sicurezza e difesa nazionale”.

Quel compatibilmente le fa, di fatto, derivare dal Ministero della difesa. E poi: “I siti militari e le aree addestrative permanenti sono assimilati ai siti industriali dismessi”. Quindi l’ultimo paragrafo: “Le aree militari non possono essere comprese in zone sottoposte, su iniziativa delle regioni, a vincoli ambientali e paesaggistici senza il previo consenso dello stato maggiore della difesa”.

Già, perché quelle aree con vincoli ambientali hanno poi bisogno della Valutazione d’incidenza ambientale, e potrebbe accadere che le attività militari debbano essere limitare per tutelare l’ambiente.

 

In copertina: Capo Teulada, foto di Geraf via Flickr