I fiumi sono le arterie pulsanti della Terra. Se si sa ascoltarli, i fiumi parlano, raccontano storie. Storie di incessanti trasformazioni, di reti e reticoli, di uomini e cambiamenti. Nelle sale di Palazzo Madama, a Torino, la mostra Change! Ieri oggi domani il Po (aperta fino al 13 gennaio 2025) vuole fare questo, raccontare la storia di un fiume, il Po, mettendo al centro le trasformazioni che lo hanno interessato dalla sua formazione – quasi dieci milioni di anni fa – ai giorni nostri, all’era dell’Antropocene, segnata dal furente avanzare della crisi climatica.

Un viaggio lunghissimo racchiuso in un tragitto di pochi metri, che porta in superficie le principali forze che hanno agito nel tempo a modellare il fiume: le forze endogene ed esogene attive da milioni di anni, affiancate dal tempo breve delle attività umane, che in un battito di ciglia hanno drasticamente rimodellato gli assetti e gli equilibri del Grande Fiume e con lui del mondo intero.

La lunga storia del fiume Po

Il Po si fa metafora, paradigma delle trasformazioni a cui l’ambiente è andato incontro nel tempo, che vede prima il fiume trasformare il paesaggio ed essere poi a sua volta trasformato dall’uomo, dalle regimentazioni, dalle bonifiche, dai prelievi per usi civici e industriali, dall’avvento dell’era idroelettrica, dall’inquinamento, dai cambiamenti climatici. Si procede a balzi, a salti, prima di migliaia poi di centinaia e infine di decine di anni: dai lenti e inesorabili cambiamenti provocati dai movimenti delle placche e dal susseguirsi delle ere glaciali alle velocissime trasformazioni provocate dalla corsa umana all’industrializzazione. Le trasformazioni, in questa mostra, vengono raccontate attraverso lo sguardo di cartografi, pittori, fotografi, scienziati e molti altri che del Po – e dei territori che lambisce − hanno fatto il loro oggetto di studio e di ricerca.  

Dalle nude stratificazioni rocciose del bacino idrografico, si arriva alle mappe topografiche dell’età dei Lumi e ai candidi dipinti dei paesaggi agresti resi eterni da Pellizza da Volpedo. Un respiro stazionario, una sospensione sui colori marroni e rossastri del pittore divisionista per poi passare alle indelebili foto in bianco e nero di Riccardo Moncalvo che raffigurano l’arrivo della tecnica, dell’industria, le grandi dighe e le officine che segnano il passaggio alla fase in cui l'uomo condiziona sempre più massicciamente ed estensivamente il suo ambiente di vita e la biosfera. E da lì il salto all’oggi.

L’inquinamento chimico delle acque iniziato negli anni del boom economico (quando ancora la legislazione mancava, i controlli erano pochi e la sensibilità ancora meno), la corsa all’accaparramento della risorsa da dividere tra gli svariati usi (produzione di elettricità, usi industriali, agricoli, civili e così via), l’inquinamento da plastica e quello luminoso, fino alla fusione dei ghiacciai. Da un cartellone all’altro le spiegazioni sono brevi ma chiare ed esplicite, e fanno emergere gli impatti che l’uomo sta avendo sugli ecosistemi fluviali e non.

A conclusione del viaggio espositivo di Change! Ieri oggi domani il Po si arriva alle potenziali soluzioni messe in atto sul territorio dai diversi enti di ricerca e di tutela del Po, tra cui l'Agenzia interregionale per il fiume Po e l’Autorità di bacino: qui è racchiuso quel “domani” di cui si fa riferimento anche nel titolo della mostra, quel futuro messo a rischio dai cambiamenti climatici. È questa forse la sezione espositiva a cui è lasciato meno spazio rispetto alle altre, nonostante la pregnanza e l’importanza dei temi: qui viene mostrato attraverso alcuni video cosa voglia dire oggi mitigazione e adattamento e sono riportati una carrellata dei progetti in atto sul fiume. Per citare i più rilevanti, l’Horizon REWET che intende facilitare il ripristino e la conservazione delle zone umide, il LIFE NatConnect2030, con l’obiettivo di tutelare la biodiversità e ripristinare la rete ecologica, e infine il più importante, il LIFE ClimaxPo che mira a promuovere l’adattamento ai cambiamenti climatici attraverso una gestione intelligente delle risorse idriche.

Il futuro del Po, la visione dell’Autorità di bacino

“LIFE ClimaxPo è un progetto della durata di nove anni con un budget di circa 18 milioni di euro, che vede come capofila l’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po”, spiega a Materia Rinnovabile Ludovica Ramella, biologa responsabile della segreteria tecnica della Riserva MAB UNESCO Po Grande. “Ci sono più di venti partner, tutti legati all'obiettivo di individuare delle strategie di adattamento ai cambiamenti climatici rispetto alla gestione sostenibile della risorsa idrica. Il progetto nasce proprio dal fatto che il Distretto del Po è stato inserito nella Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici ed è tra le aree più attenzionate a livello europeo.”

Oltre all’immensa diversità ecologica racchiusa in tutto il bacino del fiume – tutti i grandi laghi del nord Italia, i ghiacciai alpini, il reticolo idrografico dell’Appennino settentrionale – il territorio in cui corrono il Po e i suoi affluenti è una delle aree con la più alta concentrazione di popolazione, industrie e attività commerciali a livello non solo italiano ma anche europeo. Qui è racchiuso il 32% della produzione agricola italiana, il 47% dell’industria zootecnica nazionale, il 55% della produzione elettrica (sempre nazionale), con la conseguenza che il distretto produce il 40% del PIL italiano. Ma i cambiamenti climatici stanno andando a destabilizzare fortemente la tenuta del distretto con conseguenze importanti su tutti i suoi “numeri”.

“L’autorità di bacino intende costruire una governance tra tutti i portatori di interessi con una visione di medio-lungo termine che non risponda solo in caso emergenziale, ma che sappia far fronte alle nuove condizioni dettate dai cambiamenti climatici, primo fra tutti il fatto che cui alcuni fenomeni − penso alle alluvioni o alla siccità − si ripresenteranno con una frequenza maggiore rispetto al passato”, continua Ramella. “L’obiettivo principale del progetto è quello di creare una governance condivisa tra le istituzioni e gli enti che insistono sul territorio del bacino del Po, quindi parlo delle otto regioni, delle ARPA, dei consorzi di bonifica delle università e di tutta una serie di soggetti che ruotano intorno all'uso dell'acqua – il comparto agricolo, quello idroelettrico, quello industriale − e che possono individuare delle strategie di adattamento adeguate che non agiscano solo a livello locale ma che possano avere un senso a livello distrettuale.”

Qui emergono però le criticità: la risorsa idrica è frammentata tra una moltitudine di portatori di interesse, tutti utilizzatori con delle esigenze diverse. Ogni regione ha poi delle disponibilità idriche differenti: ci sono regioni che ospitano le grandi catene montuose, le riserve dei laghi alpini dei ghiacciai, e ci sono invece regioni con meno disponibilità di risorsa, che devono affrontare fenomeni di scarsità idrica o, al contrario, di eccesso in conseguenza di alluvioni, oppure l'intrusione del cuneo salino. “A fronte di questi fenomeni è fondamentale il principio di sussidiarietà: far sì che le istituzioni e le regioni non pensino soltanto ad affrontare i problemi internamente − che è già una grande sfida − ma che ragionino a livello di distretto.”

Un fiume con i suoi affluenti è infatti un organismo unico e complesso, un tessuto connettivo in cui tutto è simbioticamente collegato. Una gestione efficace deve essere in grado di integrare i differenti livelli e creare un unico sistema ecosistemico ed amministrativo. La mancanza a cui si sta cercando di sopperire è la visione di un Po unico e connesso”, conclude Ramella. “Attraverso l'istituzione di riserve MAB UNESCO − rappresentate all'interno della mostra da un pannello finale di circa quattro metri illustrato da Jacopo Rosati – vogliamo raccontare tutto quello che è il senso identitario, le comunità, i progetti che ruotano attorno al fiume Po, riconsegnandogli quella dignità unitaria che merita. La mostra vuole comunicare che il Po appartiene a tutti, anche se ognuno ha la sua visione del fiume, ognuno ha il suo Po e lo si vede attraverso le opere che sono esposte. Ma il Po è appunto di tutti e le riserve MAB UNESCO vogliono rappresentare quelle aree di interconnessione in cui si mettono a sistema tutti i comuni, le associazioni, le realtà locali che vivono sul fiume e che del fiume fanno ancora oggi il loro valore, la loro identità, la loro storia.”

 

Immagini: © Adaptation.it. Immagine di copertina: Piermario Eva, Unsplash