La Commissione oceanografica intergovernativa dell'UNESCO ha da poco pubblicato dieci White Paper, dedicati a sfide specifiche del Decennio del mare, che rappresentano un impegno collettivo per sviluppare la scienza necessaria a rendere, entro il 2030, l’oceano sano e resiliente, sicuro, pulito, produttivo, accessibile, prevedibile e in grado di ispirare e coinvolgere.

Dieci sfide nel corso di dieci anni che vogliono chiamare in causa partner pubblici e privati, accademie e istituti di ricerca a livello locale, regionale, nazionale e globale per invertire il ciclo di declino che sta colpendo i nostri mari. Un gruppo di venti copresidenti e oltre 150 esperte ed esperti hanno lavorato per un anno intero, esaminando le esigenze attuali, analizzando i dati e mettendo in luce le carenze nel campo delle scienze oceaniche. Materia Rinnovabile ha deciso di approfondire queste dieci sfide con un ciclo di dieci articoli, ognuno dedicato a un White Paper.

I White Paper del Decennio del mare

I White Paper, pubblicati nell’ambito del progetto Vision 2030 che mira a sviluppare una chiara e comune ambizione per affrontare le sfide legate agli oceani entro il 2030, analizzano in modo dettagliato le risorse, le infrastrutture, i partenariati, gli sviluppi e le tecnologie necessari per raggiungere gli obiettivi fissati. Le raccomandazioni strategiche mirano a garantire che queste sfide vengano affrontate efficacemente, aprendo la strada a un futuro sostenibile per i nostri oceani.

Le sfide, che rappresentano le priorità più immediate e urgenti da affrontare, sono:  comprendere e combattere l'inquinamento marino (WG1), proteggere e ripristinare gli ecosistemi e la biodiversità (WG2), alimentare in modo sostenibile la popolazione globale (WG3), sviluppare un'economia oceanica sostenibile ed equa (WG4), sfruttare soluzioni ocean-based per affrontare il cambiamento climatico (WG5), aumentare la resilienza delle comunità agli eventi estremi legati al mare (WG6), espandere il Sistema globale di osservazione degli oceani (WG7), creare una rappresentazione digitale dell'oceano (WG8), sviluppare competenze, conoscenze, tecnologie e processo decisionale partecipativo (WG9), ripristinare il rapporto dell'umanità con l'oceano (WG10).

Il primo white Paper: l’inquinamento marino

Il primo White Paper sul tema dell'inquinamento marino è stato curato, assieme a un team di altri esperti, da Vanessa Hatje, professoressa di oceanografia chimica presso l'Università federale di Bahia, Brasile, e da Rosemary Rayfuse, Emerita Scientia Professor in International Law presso l'UNSW di Sydney, in Australia. Secondo la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, per inquinamento dell'ambiente marino si intende qualsiasi sostanza o energia introdotta dall'uomo, sia direttamente che indirettamente, nell'ambiente marino ed estuarino, che possa provocare danni alla vita marina, rischi per la salute umana, compromissione della qualità dell'acqua o interferenze con le attività marine.

Come sostiene Rayfuse in un webinar organizzato dall’UNESCO sulla Vision 2023, “la nostra sfida è comprendere e mappare le fonti di inquinanti e contaminanti terrestri e marini e i loro potenziali impatti sulla salute umana e sugli ecosistemi oceanici, e sviluppare soluzioni per rimuoverli o mitigarli.”

Le principali fonti di inquinamento marino provengono da attività terrestri, come scarichi agricoli, urbani e domestici, oltre a operazioni minerarie e industriali. Tuttavia, l'inquinamento può anche derivare da attività marine, quali l'acquacoltura, il trasporto navale e da fonti atmosferiche. La lista dei potenziali inquinanti è vasta e in continua espansione. Tra i più comuni si annoverano sostanze chimiche, plastica, materiali biologicamente attivi, nonché inquinamento luminoso e acustico. Come ricorda la dottoressa Rayfuse, “oggi abbiamo sostanze come la caffeina e le creme solari che stanno emergendo come inquinanti. Ma ciò che è veramente importante è l'impatto reale o potenziale che l'introduzione di una sostanza ha sui servizi ecosistemici marini e sulle sue funzioni e come questo influisce sull'uomo e sulla sua salute.”

Sei azioni chiave per contrastare l’inquinamento marino

Per comprendere e contrastare l'inquinamento marino, il paper propone sei azioni chiave. La prima è colmare le lacune di conoscenza e la mancanza di dati sugli inquinanti, particolarmente critiche nelle aree del Sud Globale. Attualmente, gran parte delle informazioni disponibili riguarda solo una gamma ristretta di inquinanti nelle aree costiere del Nord Globale, mentre la conoscenza sugli inquinanti nelle profondità marine è praticamente inesistente. Inoltre, la mappatura dei dati è complicata dalla dispersione su diverse piattaforme e dalle variazioni nelle metodologie, negli standard dei metadati e nei protocolli di controllo della qualità.

Tuttavia, la difficoltà non è solo metodologica. “L'analisi degli inquinanti marini è complicata da fattori ambientali come correnti e maree che ne disperdono e diluiscono la presenza”, spiega a Materia Rinnovabile Verdiana Vellani, dottoranda in ecotossicologia dell'Università di Trieste. “Inoltre, una volta rilasciati, questi inquinanti possono reagire con fattori ambientali, come luce, movimento e variazioni di temperatura, alterandosi e complicando il loro destino nell'ambiente. Tutto ciò dipende anche dalla portata dello spostamento e dalle concentrazioni dell'inquinante. Prima di essere spostati da correnti e onde però gli inquinanti possono arrecare danno, soprattutto a livello locale, dove avviene lo sversamento.”

La seconda azione chiave riguarda la generazione e la condivisione di conoscenze che può essere messa in atto tramite miglioramenti metodologici, approcci olistici e garantendo un accesso libero e semplice a informazioni di qualità. Una delle cause alla base dell’ineguale conoscenza fra diverse aree geografiche dell’inquinamento marino è legato alla mancanza delle infrastrutture necessarie, il terzo pilastro secondo il paper. “Un numero maggiore di campioni e luoghi di monitoraggio consentirebbe di ampliare la conoscenza sul destino degli inquinanti nell'ambiente marino”, continua Vellani. 

Come evidenziato in precedenza, l'inquinamento marino non rimane confinato al luogo dello sversamento ma si diffonde in modo transfrontaliero attraverso le correnti e i movimenti dell'acqua. Questo richiede la quarta azione chiave, cioè la creazione di partenariati a più livelli, dal locale al nazionale, per sfruttare strategicamente risorse e competenze. Le reti di osservazione e monitoraggio devono coinvolgere una vasta gamma di utenti, tra cui scienza, governi, settori privati, società civile e comunità locali, per aumentare la conoscenza e la partecipazione pubblica. Inoltre, è fondamentale sviluppare partenariati strategici a livello nazionale e internazionale per ottenere finanziamenti sostenibili, coinvolgendo enti come le Nazioni Unite e il settore privato.

La quinta azione necessaria è lo sviluppo delle capacità per combattere l'inquinamento marino, che deve fondarsi su impegno, giustizia e co-progettazione, coinvolgendo comunità costiere, indigene e scienziati del Sud Globale. Le priorità principali includono la diffusione di metodologie armonizzate, lo sviluppo di una formazione completa e la collaborazione internazionale, tramite la cooperazione scientifica e il trasferimento di tecnologia. "Affrontare le attuali lacune di conoscenza è fondamentale per una comprensione completa dell'inquinamento marino e dei suoi impatti cumulativi e duraturi sugli ecosistemi", spiega Vanessa Hatje in un comunicato dell’Ocean Decade. "Sono necessari sforzi congiunti per migliorare la disponibilità dei dati, armonizzare le metodologie e stabilire siti rappresentativi in tutto il mondo per dare priorità ai siti di monitoraggio a lungo termine in ambienti marini e regioni geografiche diverse, simile a quanto fatto per le misurazioni della CO2 atmosferica."

L'ultimo elemento chiave per contrastare l'inquinamento marino è lo sviluppo di soluzioni innovative e tecnologiche. Questo include, ad esempio, sistemi avanzati di trattamento delle acque reflue per impedire agli inquinanti di raggiungere gli oceani e strumenti educativi innovativi per sensibilizzare e promuovere cambiamenti positivi nelle nostre azioni.

 

 Questo articolo è disponibile anche in inglese / This article is also available in English

 

Immagine di copertina: Tim Mossholder, Unsplash