Il 20 gennaio, l’Indonesia ha ufficialmente lanciato il suo mercato internazionale del carbonio.
La piattaforma interna di carbon exchange, IDXCarbon, era stata inaugurata già nel 2023 per permettere lo scambio di crediti di carbonio fra le centrali elettriche sul territorio nazionale. Ora l’apertura del mercato interno a investitori esteri, come annunciato dal Ministro dell’ambiente Hanif Faisol Nurofiq, mira ad attrarre maggiori fondi per le iniziative di mitigazione climatica del paese asiatico.
Gli investimenti esteri sono infatti necessari all’Indonesia per raggiungere gli ambiziosi obiettivi di riduzione delle emissioni che il presidente Prabowo Subianto, già all’indomani della sua elezione lo scorso ottobre, ha cominciato a sbandierare, attirando non poche perplessità circa la loro consistenza. Mentre sugli stessi crediti di carbonio ora lanciati sul mercato internazionale, parecchi analisti hanno già sollevato dubbi, in quanto sarebbero troppo legati a progetti basati su fonti fossili.
Fra gas naturale e foreste, i dubbi sui carbon credits indonesiani
L’apertura internazionale del mercato del carbonio indonesiano fa seguito agli accordi firmati alla COP29 di Baku, dove sono state messe nero su bianco una serie di regole per il mercato globale dei carbon credits. Come dichiarato nel comunicato ufficiale, con questa iniziativa il governo di Prabowo Subianto intende quindi tenere fede agli impegni presi alla conferenza sul clima.
E del resto l’annuncio si inserisce in un trend che sta interessando tutto il Sudest Asiatico: la Thailandia, ad esempio, ha dichiarato di recente che intende lanciare il suo mercato del carbonio nel 2025, e anche Malaysia e Singapore fanno da qualche tempo a gara per attrarre investimenti attraverso il commercio di carbon credits.
Il 20 gennaio, la piattaforma IDXCarbon ha dunque reso disponibili per investitori internazionali circa 1,78 milioni di crediti, che rappresentano (in termini di tonnellate di CO2e) le emissioni risparmiate da cinque centrali elettriche di proprietà della utility statale PT Perusahaan Listrik Negara (PLN). Di queste centrali, una è un impianto di mini-idroelettrico (Gunung Wugul), un’altra è un un progetto di generatore di vapore con recupero di calore sviluppato da Indonesia Power, e tre sono centrali alimentate a gas naturale, incluse perché, spiega il comunicato, sarebbero diventate più efficienti, risparmiando così emissioni.
Il fatto che i crediti siano legati anche a fonti fossili come il gas naturale non deve però scandalizzare: si tratta, come abbiamo già scritto su MR e come ci ha ben spiegato l’economista giapponese Sayuri Shirai, di un metodo che ricade sotto l’ombrello della cosiddetta transition finance, indispensabile in questa fase per consentire la decarbonizzazione di economie in via di sviluppo ancora molto legate al carbone, come appunto quelle del Sudest Asiatico.
Tuttavia, secondo analisti internazionali intervistati dal Financial Times, questi crediti legati a fonti fossili non sarebbero molto appetibili per i grandi buyers, più interessati a fare offset delle proprie emissioni attraverso progetti di solare o eolico. E questo è un problema.
Inoltre, il governo indonesiano ha dichiarato che nel prossimo futuro i crediti di carbonio potrebbero includere anche progetti di nature-based solutions basati sul grande patrimonio forestale della nazione e sul suo potenziale come carbon sink. Il problema, come hanno prontamente fatto notare varie Ong, è che l’Indonesia è nota per l’alto tasso di deforestazione e proprio per questo, fino ad oggi, le sue foreste sono state in realtà una fonte netta di emissioni, emettendo in media più di 300 milioni di tonnellate di CO2 all'anno tra il 2001 e il 2023, secondo i dati del Global Forest Watch.
Infine, avvertono ancora gli analisti, bisogna fare attenzione al rischio di doppio conteggio: il risparmio di emissioni potrebbe, cioè, essere contabilizzato due volte, una dai buyers e una dal governo indonesiano per il raggiungimento dei suoi target climatici. Sollecitato su questo punto, il ministro Nurofiq ha però dato rassicurazioni: “Il governo indonesiano – ha detto in sede di presentazione ufficiale – garantisce che ogni certificato emesso per il commercio internazionale di carbonio è stato verificato e autorizzato, allo scopo di tutelarsi da doppie contabilizzazioni, doppi pagamenti e doppie richieste”.
Indonesia verso il net zero?
L’Indonesia è oggi il maggior consumatore di carbone del Sudest Asiatico, con oltre la metà del suo fabbisogno energetico proveniente da questa fonte. La grande dipendenza dal carbone ne fa anche uno dei paesi maggiori emettitori al mondo.
Con l’ascesa al potere di Prabowo Subianto, la decarbonizzazione sembra tuttavia diventata un obiettivo di primo piano per l’economia indonesiana. Forse per rimanere sulla scia della travolgente transizione cinese, il neo-presidente ha fatto grandi promesse circa i target climatici della nazione.
Secondo il suo NDC (Nationally Determined Contribution) del 2022, l’Indonesia aveva fissato degli obiettivi di riduzione delle emissioni del 31,89% entro il 2030 tramite misure nazionali o del 43,2% con il supporto internazionale, con l’obiettivo a lungo termine di raggiungere il net-zero nel 2060.
Appena salito al potere, Prabowo ha però anticipato di una decade il raggiungimento delle emissioni nette pari a zero, promettendo di arrivarci entro il 2050, e con un completo phase-out dal carbone entro il 2040.
Inutile dire che analisti ed esperti di politiche climatiche hanno giudicato un po’ spericolate le dichiarazioni del presidente indonesiano. Secondo BloombergNEF, raggiungere questo obiettivo richiederebbe investimenti pari a 3.800 miliardi di dollari in infrastrutture per la transizione energetica e veicoli elettrici. Mentre secondo Ember, per eliminare il carbone dal mix energetico nazionale, considerato che la domanda di energia continuerà ad aumentare, le rinnovabili dovrebbe arrivare a quota 65% nel 2040 (e oggi sono a poco più del 20%, per la maggior parte idroelettrico).
Insomma, il mercato dei crediti di carbonio non sarà sufficiente a garantire gli ambiziosi obiettivi di decarbonizzazione di Prabowo. Ma il Sudest Asiatico è una regione in forte crescita, e riserverà certamente sorprese nel prossimo futuro.
In copertina: foto di Jeremy Bishop, Unsplash