Non bastavano i miliardi di mozziconi che ogni anno vengono buttati per strada e sulle spiagge di tutto il mondo. Dal 2021 anche le sigarette elettroniche usa e getta contribuiscono a complicare il rebus della gestione dei rifiuti monouso, con effetti sull’ambiente altrettanto negativi. Vengono comunemente chiamate “puff” e, al contrario di altre sigarette elettroniche ricaricabili, anche dopo solamente 500 tiri (puff, appunto) sono da buttare. Il più delle volte ciò avviene nell’indifferenziato, perdendo quindi ogni possibilità di riciclo.
Le puff esistono in una ventina di marchi e non riscaldano tabacco, ma grazie a batterie al litio vaporizzano i liquidi contenuti al loro interno. Una volta consumate, quindi, sarebbero da smaltire come rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee), ma non essendoci consapevolezza tra i consumatori e metodi di raccolta efficaci, le sigarette finiscono per essere incenerite oppure buttate in discarica.
Consumi in crescita, ma le sigarette elettroniche fanno male?
Secondo i dati più recenti dell’Osservatorio francese delle dipendenze (OFDT) i consumi sono in crescita: tra il 2017 e il 2022 infatti l’uso da parte degli adolescenti dei diversi tipi di sigarette elettroniche è triplicato. La preoccupazione però non si limita esclusivamente a una questione di carattere ambientale.
Lo scorso 30 aprile un gruppo di medici, specialisti del tabacco e ambientalisti hanno pubblicato un editoriale su Le Monde sostenendo che l'uso del Puff, che contiene sali di nicotina, aumenta il rischio di sviluppare infiammazioni delle vie respiratorie. Il suo livello di nicotina, che può arrivare fino a 20 milligrammi, è sufficientemente elevato da creare una forte dipendenza.
Chi ha deciso di vietare le sigarette elettroniche monouso
Come forma di prevenzione al tabagismo e alla produzione di rifiuti inutili, alcuni Paesi ‒ tra cui Germania, Belgio, Paesi Bassi e Irlanda ‒ hanno discusso o già approvato il divieto alle sigarette elettroniche monouso. Dello stesso avviso è la prima ministra francese Élisabeth Borne, che in un’intervista del 3 settembre all’emittente radiofonica francese RTL ha annunciato la loro interdizione nel prossimo piano nazionale contro il fumo.
Anche nel Regno Unito le discussioni sul divieto hanno raggiunto i tavoli del numero 10 di Downing Street. La North London Waste Authority, l’azienda che opera nel nord di Londra e gestisce il 3% dei rifiuti del Paese, sollecita il governo a intervenire poiché i vaporizzatori rischierebbero di incendiarsi a causa delle batterie al litio al loro interno.
Secondo un’indagine di Material Focus, in UK vengono buttati via ogni settimana 1,3 milioni di sigarette elettroniche monouso (2 puff al secondo) e il 90% dei piccoli produttori sembra non rispettare le normative ambientali. Non è meno grave la situazione in Scozia dove un rapporto di Zero Waste Scotland stima che ogni anno vengono gettate tra le 800 e le 1.000 tonnellate di imballaggi e materiali per sigarette elettroniche monouso.
La situazione in Italia
In Italia ancora non si sa quante sigarette elettroniche vengono immesse sul mercato e poi scartate, ma per farsi un’idea basta pensare che ne esistono circa 803 tipi che si differenziano per marchio, aroma e quantità di nicotina. “Si tratta di prodotti che rappresentano l’antitesi della sostenibilità”, dichiara a Materia Rinnovabile Giorgio Arienti, Direttore generale di Erion WEEE, consorzio EPR che rappresenta i produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche.
“Non sono prodotti durevoli, né facilmente smontabili e sono totalmente in contraddizione con i principi di economia circolare che l’Unione Europea sta cercando di attuare.” Non essendo progettate per essere riciclate, le aziende che trattano i Raee non possono agilmente recuperare neanche le materie prime di valore contenute nelle batterie come litio e cobalto.
Gli obblighi di responsabilità estesa del produttore
Secondo la norma europea vigente, coloro che immettono sul mercato sigarette elettroniche devono contribuire alle spese di gestione del loro fine vita. Che siano grandi produttori o semplici rivenditori, il cosiddetto eco-contributo va pagato per finanziare in primis le strutture di raccolta.
La Federazione Optime, Osservatorio per la tutela del mercato dell’elettronica in Italia, si occupa di tutelare una leale concorrenza tra imprese operanti nel settore, assicurandosi che nessuno eluda gli obblighi di responsabilità estesa del produttore. “Io li definirei pirati ambientali”, commenta a Materia Rinnovabile Davide Ross, presidente di Optime. “È assolutamente essenziale fare un giro di vite sugli evasori, e trovare formule sanzionatorie per i danni ambientali commessi.”
Optime ha già iniziato a inviare lettere di richiamo verso chi immetti nel mercato una certa quantità di Puff senza essere iscritto a un consorzio EPR, ma se non dovessero trovare risposta “saranno messe al corrente le forze dell’ordine”, ammonisce Rossi.
La linea del Governo italiano
Intanto il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica (MASE) ha confermato a Materia Rinnovabile che sta preparando un accordo di programma per far raccogliere le sigarette elettroniche direttamente dai tabaccai secondo il “ritiro 1 contro 0”. Questa modalità prevede che i cittadini possano conferire il proprio rifiuto da apparecchiatura elettrica ed elettronica di piccole dimensioni (massimo 25 cm), gratuitamente e senza obbligo di acquisto.
Vista la possibilità di ricaricare lo stesso tipo di sigarette elettroniche con dei liquidi venduti a parte, appare poco sensato creare una filiera di raccolta Raee solo per prodotti monouso che rischiano di diventare pure pericolosi, una volta raggiunto il fine vita. Altri Paesi li hanno vietati, quale sarà la mossa del governo italiano?
Immagine: Sarah J., Pixabay