Tra il cordoglio umano per la morte di Papa Bergoglio e il lutto religioso per la perdita di una guida spirituale, non bisogna dimenticare che il Pontefice è anche un capo di stato, e il suo funerale è quindi, inevitabilmente, un teatro della politica internazionale.
Per questo c’è grande attenzione per chi parteciperà alle esequie, che si terranno in una Roma blindatissima, sabato 26 aprile alle ore 10, sul sagrato della basilica di San Pietro, con una liturgia presieduta dal cardinale decano Giovanni Battista Re. Oltre duecentomila persone attese, 170 delegazioni ufficiali e una Piazza San Pietro che si prepara a diventare il cuore simbolico e diplomatico del pianeta per un giorno. In cui le presenze e le assenze faranno da specchio a un mondo diviso.
L’Europa unita
Un segnale di compattezza arriva da un’Europa troppo spesso frammentata, con i leader europei tra i primi a confermare la propria partecipazione: Ursula von der Leyen, presidente della Commissione, Roberta Metsola, presidente del Parlamento, e Antonio Costa, presidente del Consiglio europeo. Una delegazione corale a sottolineare il ruolo del Papa nella costruzione di un’Europa più inclusiva e solidale.
Saranno presenti anche i capi di stato e di governo delle maggiori potenze del continente. Emmanuel Macron per la Francia, tra i primi a confermare, il cancelliere tedesco uscente Olaf Scholz (e non il futuro Merz) con il presidente della Germania Frank-Walter Steinmeier, e il primo ministro britannico Keir Starmer, accompagnato dal Principe William in rappresentanza di Re Carlo III, che proprio di recente aveva incontrato Papa Francesco durante la sua visita in Italia.
Italia che sarà presente con le più alte cariche istituzionali, in primis il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Completano il quadro i leader di Irlanda, Portogallo, Slovenia, Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia, Romania, Svizzera, Austria e Belgio. Assente invece Pedro Sanchez, primo ministro della Spagna, che ha comunque proclamato 3 giorni di lutto nazionale e inviato la vicepremier Maria Jesus Montero, presente con la coppia reale spagnola, Felipe VI e Letizia. Dall’Ungheria arriverà il presidente Tamas Sulyok, mentre il premier Viktor Orban non ha ancora confermato se parteciperà.
Dal Sud America per Francesco
Papa Francesco ha sempre avuto un legame particolare con l’America Latina, sia perché lui stesso era argentino, sia perché nel suo pontificato ha avuto un ruolo determinante la difesa del Sud Globale.
Ai funerali saranno presenti, tra gli altri, con la moglie Janja il presidente del Brasile, Luiz Inácio Lula da Silva, che aveva incontrato il Papa due volte e con lui condivideva l’impegno ambientalista, e il presidente dell’Argentina Javier Milei, le cui politiche aggressive non rispecchiano decisamente i messaggi di pace promulgati da Papa Francesco. Lo stesso Milei, che ha dichiarato sette giorni di lutto nazionale, ha infatti riconosciuto che "nonostante le divergenze che oggi appaiono minori, averlo potuto conoscere nella sua bontà e saggezza è stato per me un vero onore".
La presenza di questi due leader del blocco Mercosur è attenzionata anche in vista di possibili incontri con i vertici UE, che nella guerra dei dazi innescata da Trump stanno cercando di diversificare gli accordi commerciali extra USA.
Stati Uniti, Russia e Ucraina: l’asse della tensione
Tra i primi a confermare la propria partecipazione anche Donald e Melania Trump. La presenza del presidente USA è oggetto di particolari attenzioni perché con la sua politica dei dazi sta scombussolando l’economia mondiale, e ogni gesto, incontro, sorriso, stretta di mano (o il fatto che queste cose non avvengano) potrebbe avere un significato e svelare la sua strategia.
Anche perché al funerale di Papa Francesco sarà presente il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che aveva esplicitamente espresso il desiderio di un faccia a faccia con Trump in Vaticano, prima di essere però gelato da Trump. Zelensky, nella giornata di ieri, 23 aprile, ha infatti dichiarato inaccettabili il divieto permanente di entrare nella Nato e il riconoscimento dell’annessione della Crimea alla Russia voluti da Mosca e accettabili per Washington. Trump, in risposta, ha scritto sui social che quelle di Zelensky “sono dichiarazioni incendiarie” e che l’Ucraina “può ottenere la pace ora oppure combattere per altri tre anni prima di perdere tutto”.
C’è quindi molta attesa per un eventuale incontro tra Trump e Zelensky in Vaticano, dove invece mancherà Vladimir Putin. A confermarlo ieri, dopo una giornata di incertezza, è stato il portavoce Dmitry Peskov, senza specificarne le motivazioni. In serata, l’agenzia Ria Novosti ha invece comunicato che il Cremlino manderà in propria rappresentanza la ministra della cultura Olga Lyubimova.
D’altronde, nessuno si aspettava la presenza di Putin, considerata la distanza – nonostante alcune dichiarazioni controverse di Bergoglio sulla guerra in Ucraina − tra Mosca e la Santa Sede. Oltre al fatto che sul presidente russo pende un mandato di arresto internazionale che l’Italia dovrebbe far rispettare. In realtà, infatti, come spiegano oggi 24 aprile Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera e Rosalba Castelletti e Giuliano Foschini su La Repubblica, il ministro della giustizia italiano Carlo Nordio non ha mai trasmesso l'ordine della Corte dell'Aia alla Procura generale di Roma affinché lo inoltrasse alla Corte d’appello per renderlo esecutivo, rendendolo così ineffettivo per l'Italia. E lo stesso vale per il premier israeliano Benjamin Nethanyau.
Il nodo cinese
Dall’Asia, la notizia più significativa è l’assenza di una delegazione cinese. Il portavoce del ministero degli esteri Guo Jiakun nella sua quotidiana conferenza stampa ha dichiarato: “La Cina esprime il suo cordoglio per la morte di Papa Francesco. Negli ultimi anni, Cina e Santa Sede hanno mantenuto contatti costruttivi e avviato scambi proficui. La Cina è disposta a collaborare con la Santa Sede per promuovere il continuo miglioramento delle relazioni sino-vaticane”. Un messaggio stringato e arrivato con un giorno di ritardo rispetto alla morte del Pontefice. Va tuttavia ricordato che quando morì Benedetto XVI Pechino aspettò sei giorni per commentare.
La mancata partecipazione di una delegazione ufficiale ai funerali di Bergoglio rimarca comunque le persistenti difficoltà tra Pechino e il Vaticano, anche a causa del riconoscimento vaticano di Taiwan, che invece ha annunciato l’invio di una delegazione ufficiale. La sua presenza è per la Santa Sede una scelta coerente, ma per la Cina è un’ulteriore conferma di un rapporto ancora incompiuto. Papa Francesco infatti, nonostante lo avesse fortemente voluto, non è mai riuscito a compiere un viaggio da pontefice in Cina, dove risiedono circa 10 milioni di cattolici (su una popolazione di un miliardo e mezzo circa di persone).
Tuttavia, nonostante la copertura mediatica della morte di Bergoglio nella Repubblica popolare sia è stata limitata (pochi articoli nella versione in inglese dell’agenzia di stampa Xinhua e del giornale del Partito comunista cinese, il Global Times, più un articolo sul portale in cinese The Paper) è comunque indicativo il fatto che la notizia è stata la più cercata sui social per oltre 17 ore.
La ritorsione di Israele contro il Papa che pregava per Gaza
Grandi polemiche e imbarazzo hanno suscitato le reazioni di Israele alla morte di Bergoglio. Oltre al fatto che né il primo ministro Benjamin Netanyahu (su cui comunque pende un mandato di arresto che l’Italia dovrebbe far rispettare) né il ministro degli esteri Gideon Sa’ar saranno ai funerali, lo stesso ministro ha fatto rimuovere ogni post di cordoglio che le ambasciate israeliane avevano pubblicato sui propri social per la morte del Papa. Alle stesse è stato vietato anche di firmare i libri di condoglianze presso le ambasciate vaticane in tutto il mondo.
I messaggi postati, comunque, erano già di per sé molto essenziali e riportavano tendenzialmente varianti della formula: "Riposa in pace, Papa Francesco. Che la sua memoria sia una benedizione". L’ordine di eliminare i post è arrivato senza motivazioni e, secondo la stampa israeliana, ha fatto irritare diversi ambasciatori, soprattutto nei paesi cattolici. L'unico messaggio ufficiale rimasto, alla fine, è stato quello del presidente israeliano Isaac Herzog, che auspica che la memoria di Francesco “ispiri atti di gentilezza e unità, dialogo tra popoli e speranza per l’umanità”.
La decisione di Sa’ar è comunque considerata una ritorsione per le posizioni di Papa Francesco sul conflitto israelo-palestinese. Da una parte, infatti, Bergoglio dimostrava particolare vicinanza al popolo palestinese telefonando quasi ogni sera alla parrocchia di Gaza, come lui stesso aveva raccontato in un’intervista del maggio 2024 a 60 Minutes. Dall’altra parte, in un volume dedicato al Giubileo dal titolo La speranza non delude mai. Pellegrini verso un mondo migliore, aveva usato il termine “genocidio” parlando della situazione nella Striscia.
“Penso soprattutto a chi lascia Gaza nel pieno della carestia che ha colpito i fratelli palestinesi a fronte della difficoltà di far arrivare cibo e aiuti nel loro territorio”, scriveva il Papa. “A detta di alcuni esperti, ciò che sta accadendo a Gaza ha le caratteristiche di un genocidio. Bisognerebbe indagare con attenzione per determinare se s'inquadra nella definizione tecnica formulata da giuristi e organismi internazionali.”
In copertina: Papa Francesco parla all’Assemblea generale delle Nazioni Unite durante la sua visita del 2015 © Nazioni Unite, via Flickr