Nel 2022 è stato riciclato il 71,5% dei rifiuti da imballaggio. Su 14,5 milioni di tonnellate di packaging immesso al consumo, 10,4 milioni hanno trovato una seconda vita. Sono questi i dati che emergono dalla relazione del Consorzio Nazionale Imballaggi Conai, che ha presentato i risultati di un anno caratterizzato da una frenata dei consumi. Tutte le filiere di imballaggio hanno già raggiunto gli obiettivi europei previsti per il 2025, fatta eccezione delle plastiche e delle bioplastiche, che insieme toccano un tasso di riciclo (48,6%) non lontano dal 50% richiesto da Bruxelles entro il 2025.

La nuova metodologia di calcolo

Quest’anno Conai ha adottato la nuova metodologia di calcolo prevista dalla Decisione 2019/655 dell’Unione Europea: un metodo più restrittivo che sposta a valle il punto di misurazione dei quantitativi riciclati, eliminando dal conteggio alcuni scarti industriali legati al trattamento delle plastiche.

“Nonostante un nuovo procedimento di calcolo più severo, le quantità di materia riciclata e quelle di immesso al consumo si mantengono sostanzialmente stabili rispetto al 2021”, ha detto il presidente neoeletto di Conai Ignazio Capuano. “Lo scorso anno, infatti, abbiamo avuto un primo semestre caratterizzato da una forte accelerazione dell’immesso e delle attività di riciclo, e un secondo semestre in frenata, soprattutto a causa della contrazione della produzione industriale nelle principali economie.”

I dati Conai

Se il 71,5% del packaging immesso a consumo è stato riciclato, un altro 9% è stato recuperato tramite termovalorizzazione, mentre il restante 19,5% è finito in discarica o, peggio, disperso nell’ambiente. Rispetto al 2021 è aumentato del 10% il tasso di riciclo dell’acciaio (418mila tonnellate), sono cresciuti leggermente i volumi riciclati di alluminio e plastiche (+1,7% e +1%), mentre carta e legno hanno ceduto qualche punto percentuale (-3,4% e -1,1%).

Nel 2022 sono stati 7.655 i Comuni italiani che hanno stipulato convenzioni con il sistema consortile, affidandogli tutti o parte degli imballaggi provenienti dalle raccolte differenziate. Una copertura della popolazione italiana che raggiunge così il 99%. Per ammortizzare i costi che i Comuni sostengono nel ritirare i rifiuti di imballaggio in modo differenziato, nel 2022 Conai ha riconosciuto alle amministrazioni locali italiane 688 milioni di euro. Mentre 440 milioni sono stati destinati dal sistema alla copertura dei costi per attività di trattamento, riciclo e recupero.

Particolare attenzione è stata data a quelle aree del Mezzogiorno in cui la raccolta differenziata fatica a raggiungere standard qualitativi e quantitativi adeguati. Grazie agli strumenti dell’Accordo Quadro Anci-Conai, i progetti territoriali per lo sviluppo di una raccolta differenziata di qualità nel centro-sud hanno coinvolto 18 milioni e 700mila abitanti, di cui 4 milioni e 900mila in Campania e 4 milioni e 800mila in Sicilia.

Il regolamento europeo che non piace a Conai

Nel report Conai dedica un’ampia riflessione alla proposta di regolamento sui rifiuti di imballaggio presentata dalla Commissione europea a marzo 2023, rivendicando autonomia nel decidere come raggiungere gli obiettivi europei. “Il modello italiano è un’eccellenza dell’economia circolare europea”, scrive il consorzio, “e penalizzare il riciclo a favore di soluzioni di riutilizzo rischia di essere un approccio incoerente e discriminatorio verso alcuni materiali e vanificare gli sforzi della filiera”.

L’altro punto parecchio dibattuto riguarda l’articolo sull’introduzione di sistemi di deposito cauzionale (DRS, Deposit Return System) da gennaio 2029 per gli Stati membri che non raggiungono un tasso di raccolta del 90% per le bottiglie di plastica monouso e i contenitori per bevande usa e getta in metallo e alluminio. Il DRS non è un sistema di riutilizzo ma di raccolta, che aiuta ad intercettare gli imballaggi monouso post consumo. Mentre è già stato adottato in 12 Paesi europei con ottimi risultati, per Conai rappresenterebbe una duplicazione inutile di costi economici e ambientali e andrebbe ad affiancare, senza sostituirsi in tutto, alle raccolte differenziate tradizionali.

I problemi delle bottiglie in PET

Mentre l’associazione europea dei soft drinks UNESDA riporta una percentuale di raccolta italiana delle bottiglie in PET al 46% ‒ una delle più basse in Europa – i dati del consorzio mostrano un tasso di intercettazione pari a circa il 68% dell’immesso al consumo. Nonostante le discrepanze statistiche, la trasposizione della direttiva Single-use Plastic obbliga comunque l’Italia a raggiungere il 77% entro il 2025. Si tratta di un target quasi impossibile da centrare, se consideriamo che in soli due anni si dovrebbe aumentare il tasso di raccolta di ben 9 punti percentuali.

Il consorzio rimane tuttavia fiducioso e promette che senza il deposito cauzionale ‒ ma attraverso strumenti di raccolta selettiva come gli eco-compattatori (finanziati in gran parte dal MASE) ‒ anche l’obiettivo del 90% entro il 2029 non sembra così complesso. Intanto, la direttiva SUP impone che ci sia un minimo del 25% di contenuto riciclato in ogni bottiglia di plastica venduta a partire dal 2025. Visto che oggi siamo solo all’8%, Conai ammette che “qualche riflessione più ampia andrà sviluppata sul tema”.

 

Immagine: Giulia M. Cameron, Pexels