Mar-a-Lago Club, 11 aprile 2024. L’esclusivo resort di Palm Beach, in Florida, ospita una raccolta fondi molto importante per Donald Trump. Per il rush finale della campagna elettorale servono soldi e il settore Oil & Gas statunitense rappresenta un bocconcino prelibato. Secondo una ricostruzione del Washington Post, Trump avrebbe promesso ai dirigenti dell’industria fossile presenti di smantellare le politiche green dell’amministrazione Biden in cambio di donazioni da un miliardo di dollari per la sua campagna elettorale. Un do ut des da cui è scaturita un’investigazione lanciata lo scorso maggio dalla commissione bilancio e finanza del Senato che vuole fare luce sulla vicenda.

Un miliardo di dollari per demolire le politiche green di Biden

Nella lista degli invitati figurano Mike Sabel, fondatore della compagnia di gas liquefatto Venture Global, delegati di Chevron, Exxon Mobile, Occidental Petroleum e il miliardario Harold Hamm, presidente della  Continental Resources, che secondo la le fonti raccolte dal Washington Post sarebbe il punto di contatto tra gli interessi dell’industria fossile e le ambizioni del candidato repubblicano alle presidenziali di novembre. Secondo Trump un accordo da un miliardo di dollari rappresenta un buon affare per tutti, in primis per l’Oil & Gas che con lui alla Casa Bianca non dovrebbe più preoccuparsi di regolamenti e tasse ambientali.

Alla cena di Mar-a-lago Trump avrebbe promesso di annullare lo stop ai permessi sulle nuove esportazioni di gas naturale liquefatto (GNL), una priorità assoluta per i dirigenti; revocare le restrizioni sulle trivellazioni in Alaska e cancellare le ambiziose regole di riduzione delle emissioni dei tubi di scarico dei veicoli. Secondo l’EPA (l’Agenzia di protezione ambientale statunitense) il regolamento impedirà l’emissione di 7,2 miliardi di tonnellate di anidride carbonica fino al 2055. Un eventuale abrogazione della norma accontenterebbe da una parte i produttori di combustibili fossili, ma dall’altra irriterebbe probabilmente l’industria automobilistica che sta investendo miliardi di dollari sull’elettrificazione dei trasporti. Anche grazie agli incentivi dell’Inflation Reduction Act.

Harold Hamm fotografato da David Shankbone, via Flickr 

Il Make American Energy Dominant Again che accontenta l’industria fossile

Le differenze tra le agende climatiche di Trump e Biden non potrebbero essere più nette. L’attuale presidente degli Stati Uniti, che per la corsa presidenziale ha lasciato il testimone del partito democratico a Kamala Harris, ha immediatamente reinserito il paese tra i firmatari degli Accordi di Parigi, definendo il riscaldamento globale una “minaccia esistenziale”. Negli ultimi tre anni l’amministrazione Biden ha emanato oltre 100 nuove normative ambientali volte a ridurre l’inquinamento atmosferico, le emissioni di gas serra e le sostanze chimiche tossiche.

Dall’altra parte, invece, Trump ha spesso negato e sminuito gli effetti della crisi climatica, indebolendo o cancellando circa 125 norme ambientali durante il suo mandato (2016-2020). Per Trump il Green Deal non è altro che un regalo alla Cina. Make American Energy Dominant Again è la sua idea di sicurezza energetica, fatta di gas e petrolio Made in USA. Sicuramente non di energia eolica, che alla cena di Mar-a-Lago Club è stata ripetutamente definita come inaffidabile, poco attraente e dannosa per l’ambiente.

Nonostante le lamentele dell’industria petrolifera nei confronti delle politiche di Biden, oggi gli Stati Uniti stanno producendo più petrolio di qualsiasi altro paese al mondo, pompando in media quasi 13 milioni di barili al giorno. ExxonMobil e Chevron, le più grandi compagnie energetiche statunitensi, lo scorso anno hanno riportato i maggiori profitti degli ultimi dieci anni: rispettivamente 36 e 21,4 miliardi di dollari.

L’adunata fossile che finanzia Donald Trump

Un mese dopo l’evento a Palm Beach, il 23 maggio è stata organizzata a Houston una raccolta fondi da parte dei miliardari del petrolio Jeff Hildebrand, fondatore di Hilcorp Energy, George Bishop, fondatore di GeoSouthern Energy, e Kelcy Warren, capo della società di gasdotti Energy Transfer Partners. Secondo le testimonianze dei presenti, Trump avrebbe suscitato una standing ovation alla promessa, in caso di elezione, di far costruire più gasdotti e di ripristinare il fracking (fratturazione idraulica per l’estrazione di gas naturale e petrolio dalle rocce di scisto) nelle aree vietate da Biden. Un funzionario della campagna di Trump ha affermato che l’evento ha fruttato almeno 15 milioni di dollari, altre fonti dicono 40. Secondo i dati di OpenSecrets, finora l’industria fossile ha contribuito con oltre 20,3 milioni di dollari alla campagna Trump, ai super PAC pro Trump e al Comitato nazionale repubblicano. I super PAC sono organizzazioni che non possono donare direttamente alle campagne elettorali dei candidati, ma possono raccogliere e spendere qualsiasi cifra per sostenerle indirettamente.

“Più e più volte sia Trump che l’industria statunitense del petrolio e del gas hanno dimostrato di essere disposti a svendere gli americani per riempirsi le tasche, mentre Trump incanala i soldi della campagna elettorale per le sue attività e per pagare le sue spese legali, le Big Oil esercitano pressioni per proteggere ed espandere i loro profitti a spese dei contribuenti americani”, hanno scritto il presidente della Commissione finanze del Senato Ron Wyden (senatore dem dell’Oregon) e il presidente della Commissione bilancio del Senato Sheldon Whitehouse (senatore dem Rhode Island) nel comunicato di lancio dell’investigazione. Il motto trumpiano Drill, Baby, Drill intanto esalta i petrolieri statunitensi e il voto di novembre si fa sempre più polarizzato, anche sotto il profilo climatico.

 

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Immagine di copertina: Donald Trump fotografato da Gage Skidmore, Flickr