Negli Stati Uniti ritorna il servizio civile ambientale. A 90 anni dai Civilian Conservation Corps creati da Franklin D. Roosevelt per superare la Grande Depressione, l’amministrazione Biden ha lanciato gli American Climate Corps. Ma se negli anni Trenta i giovani americani che aderirono ai CCC contribuirono alla costruzione di centinaia di parchi naturali, questa volta il focus è il clima.

Nel suo primo anno, si legge sul sito ufficiale della Casa Bianca, l’iniziativa conta infatti di inserire “più di 20.000 giovani in percorsi di carriera nei settori in crescita dell’energia pulita, della conservazione degli ecosistemi e della resilienza climatica”.

Servizio civile per il clima

L’idea di un servizio civile a scopi ambientali risale a quasi un secolo fa, quando la Grande Depressione del 1929 aveva ridotto moltissime famiglie americane in povertà. Con l’obiettivo di combattere la disoccupazione giovanile, il presidente Franklin Delano Roosevelt creò nel 1933, nell’ambito del New Deal, un programma di assistenza statale che prevedeva l’impiego (pagato) di giovani lavoratori per la conservazione del patrimonio naturale degli Stati Uniti. I Civilian Conservation Corps, in poco meno di 10 anni, contribuirono alla creazione di centinaia di parchi fra cui quello delle Great Smoky Mountains, a combattere gli incendi boschivi e a piantumare milioni di alberi.

Il ritorno dell’iniziativa oggi, per volere dell’amministrazione Biden, si inserisce in un contesto di politiche per la resilienza climatica su cui il Paese sta fortemente investendo negli ultimi tempi.  L’Inflation Reduction Act, nei suoi oltre 300 miliardi di dollari di investimenti per l’ambiente, avrebbe infatti dovuto includere anche i fondi per ricostituire il CCC: soldi che però, alla fine, vennero tagliati.
Ora Joe Biden rilancia l’iniziativa, ma con un nuovo nome, decisamente più consono ai tempi: American Climate Corps. L’idea è di collegare l’iniziativa al programma di servizio civile nazionale AmeriCorps e costruire sinergie con programmi locali di resilienza climatica già attivi in alcuni Stati, ad esempio in California, Colorado, Maine, Michigan e Washington.

Una mobilitazione dei giovani per la transizione ecologica (e per l’America)

A differenza di quel che avvenne negli anni Trenta, lo scopo dei nuovi Corps non è di creare immediate opportunità di guadagno per giovani altrimenti destinati alla disoccupazione e alla povertà. Da quel che si evince dal comunicato ufficiale, l’American Climate Corps sarà soprattutto un gigantesco programma di formazione per una nuova generazione di professionisti nell’ambito delle energie rinnovabili, delle tecnologie sostenibili, della resilienza climatica e del ripristino degli ecosistemi. Insomma, una mobilitazione delle nuove generazioni perché siano preparate, anche dal punto di vista professionale, alla transizione ecologica ed energetica.

Ma se il problema delle competenze e del (re)skilling è uno dei nodi principali della transizione verde (che l’Europa sta probabilmente tardando ad affrontare), negli Stati Uniti la faccenda non riesce ad evitare di tingersi di un certo nazionalismo. The American Climate Corps Wants You, titolava sarcasticamente la scorsa settimana la rivista Scientific American, sottolineando come il cambio di nome dei Corps (non più Civilian ma American) sia un richiamo al patriottismo connaturato degli States. “Il presidente Biden e altri democratici stanno cercando di etichettare l’azione climatica non solo come un bene per l’ambiente, ma come un bene per l’America”, spiega sulle pagine della rivista il professore della Rutgers University Mark Paul.

Va infine ricordato che siamo alle porte delle elezioni presidenziali e Joe Biden ha bisogno di riguadagnare consenso presso l’elettorato giovanile, la fascia di popolazione più sensibile alla questione climatica. Come dimostrato dalla grande marcia di New York del 17 settembre, i giovani americani non pensano che il governo democratico stia facendo abbastanza per il clima, o almeno non quanto era stato promesso. E diverse decisioni controverse, come la recente approvazione del Willow Oil Project in Alaska (trivellazioni petrolifere in una vasta area di suolo pubblico), sembrano dar loro ragione.

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Immagine: Anna Shvets, Pexels