La Commissione europea ha pubblicato il 1 febbraio 2023, il Green Deal Industrial Plan for the Net-Zero Age, il piano industriale per un Green Deal per l’era delle emissioni-nette zero. Si tratta della prima mossa dell'UE per rispondere all'Inflation Reduction Act (IRA) del presidente USA Joe Biden, che alloca 369 miliardi di dollari per l’ambiente.
La proposta fa seguito all'annuncio fatto a gennaio al World Economic Forum dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen sui piani dell'UE per sostenere le industrie nell'accelerazione sulla produzione di tecnologie pulite.
Una spinta alle tecnologie net-zero
“Abbiamo un'opportunità unica, di quelle che si presentano una volta per ogni generazione, di indicare la strada con ambizione e determinazione per garantire la leadership industriale dell'UE nel settore in rapida crescita delle tecnologie net-zero”, ha dichiarato von der Leyen. “L'Europa è determinata a guidare la rivoluzione della tecnologia pulita. Per le nostre aziende e la nostra gente significa trasformare le competenze in posti di lavoro di qualità e l'innovazione in produzione di massa, grazie a un framework più semplice e veloce. Un migliore accesso ai finanziamenti consentirà alle nostre principali industrie di tecnologia pulita di crescere rapidamente”.
Il Green Deal Industrial Plan for the Net-Zero Age è destinato a imprimere un’ulteriore svolta all’azione dell’Unione sui temi della decarbonizzazione. Il piano si regge su quattro pilastri: un ambiente normativo chiaro e semplificato, accesso più rapido ai finanziamenti per il clean tech, formazione delle competenze necessarie e nuove regole commerciali per catene di approvvigionamento resilienti (come il fondamentale Critical Raw Materials Act). La comunicazione della Commissione sarà discussa in occasione della riunione dei capi di Stato e di governo dell'UE il 9 e 10 febbraio. In seguito la Commissione si dice "pronta a tradurre il piano in proposte concrete basate su documentate valutazioni delle esigenze prima del Consiglio europeo di marzo".
Nuovi finanziamenti per le tecnologie pulite
Una visione che è stata salutata con favore dal mondo industriale, specie dalle imprese più avanzate sull’economia low-carbon. Un annuncio che arriva in un momento in cui numerosi Stati, in particolare Francia e Italia, chiedono aumenti dei finanziamenti dell'UE per le tecnologie pulite: con il Green Deal Industrial Plan dovrebbero arrivare inizialmente (attraverso modifiche ai programmi di finanziamento esistenti) fondi ponte a breve termine di circa 250 miliardi di euro, che lasceranno poi il passo a un nuovo Fondo sovrano europeo che la Commissione spera di stabilire prima dell'estate 2023. “Il Green Deal Industrial Plan potrebbe segnare un punto di svolta nella transizione verso un'economia neutrale dal punto di vista climatico, non solo in Europa ma a livello globale”, spiega Martin Porter, Executive Chair del Cambridge Institute for Sustainability Leadership Brussels. “È un segno che la vittoria nella corsa verso emissioni nette zero, con il Green Deal come bussola, è la strada da seguire per l'UE. C'è tutto da giocare e c'è una chiara urgenza per l'UE di alzare il tiro, per evitare l'autocompiacimento o il ritorno a nozioni obsolete di competitività nelle sue azioni. Il GDIP deve ora mantenere la sua promessa di maggiore velocità, scala e concentrazione sui finanziamenti e sugli investimenti per l'innovazione". A livello internazionale la proposta è destinata ad accelerare la decarbonizzazione nel settore finanziario e spingere ulteriormente altre aree del pianeta a stare al passo con l’innovazione tecnologica e gli investimenti.
In termini politici dunque si punta su un ambiente normativo che "non metta a rischio la transizione verde" e processi di autorizzazione più semplici. La legge sull'industria a zero emissioni "consentirebbe alla Commissione di richiedere standard europei" con l'intento di contribuire all'introduzione di tecnologie e di accelerare i progetti, compresa la diffusione delle energie rinnovabili. Il secondo pilastro dovrebbe invece consentire un'ulteriore flessibilità agli Stati membri sulla spesa pubblica in voci di economia circolare, trasporti sostenibili, energie rinnovabili, avviando un processo di semplificazione degli aiuti economici per le tecnologie verdi, che potrebbe avvenire anche tramite agevolazioni fiscali, in particolare "per eguagliare gli aiuti ricevuti per progetti simili da concorrenti situati al di fuori dell'UE".
Il fondo ponte da 250 miliardi di euro si baserà principalmente sul reimpiego dei fondi UE esistenti (InvestEU, RePowerEU, il Fondo per l'innovazione e lo strumento di ripresa e resilienza). I finanziamenti strutturali a lungo termine saranno sostenuti dal Fondo sovrano europeo, che sarà creato nell'ambito della revisione del quadro finanziario pluriennale prima dell'estate 2023. Il fondo sosterrà progetti europei comuni che contribuiranno a livellare le condizioni del mercato interno europeo.
Queste risorse serviranno a sostenere il pilastro “competenze”, che richiede maggiori sforzi necessari per formare i lavoratori, in particolare nelle fasce d'età più basse con livelli di disoccupazione più elevati, per i posti di lavoro in un'industria più verde, affrontando "le sfide legate alle competenze poste dalla duplice agenda verde e digitale".
Nell’ultimo pilastro sulle catene di approvvigionamento si guarda di fatto alle materie prime. Come già annunciato anche nel numero 43 di Materia Rinnovabile, la Commissione è pronta ad istituire nuove iniziative sull’approvvigionamento come un Club delle materie prime critiche. Inoltre si apre a strutturare una migliore simbiosi industriale con partenariati industriali Clean Tech/Net-zero, una strategia di crediti all'esportazione che limiti il settore fossile e favorisca le tecnologie a zero emissioni e infine uno sfruttamento aggressivo degli strumenti di difesa commerciale.
L’iniziativa andrà analizzata in dettaglio, cercando di capire se può aprire a forti deregulation su tecnologie apparentemente green&clean, oltre che aprire eccessivamente ai sussidi come accaduto in passato con le rinnovabili. La dimensione sociale, secondo la spinta della Just Transition, deve rimanere un faro guida per l’esecutivo europeo. Le spinte all’industria sono necessarie ma non devono essere eccessivamente dopanti. Con il rischio che poi non si facciano i giusti passi in avanti.
Immagine: Commissione europea