Da Parigi - È stata ufficialmente lanciata, nella sede centrale dell’UNESCO, a Parigi, la prima Giornata mondiale dei ghiacciai, un nuovo appuntamento annuale voluto dalle Nazioni Unite per sensibilizzare l’opinione pubblica sul ruolo fondamentale che i ghiacciai rivestono nel sistema climatico e idrologico globale. L'iniziativa si inserisce all’interno del più ampio quadro del 2025, dichiarato Anno internazionale per la conservazione dei ghiacciai.
L’obiettivo è chiaro: aumentare la consapevolezza sui profondi impatti economici, sociali e ambientali legati ai cambiamenti rapidi e ormai evidenti nella criosfera terrestre, e ribadire l’urgenza di un’azione coordinata.
Le sale dell’UNESCO si sono animate di rappresentanti delle principali istituzioni internazionali, scienziati, glaciologi, decisori politici, riuniti per discutere strategie concrete in difesa dei ghiacciai. Un evento che ha voluto integrare le tre missioni storiche dell’UNESCO – culturale, scientifica, educativa – ponendole al servizio di una questione non più rinviabile: la conservazione delle risorse glaciali.
I ghiacciai come indicatori della crisi
I dati presentati nel corso dell'incontro parlano chiaro: le rapide variazioni nella quantità, frequenza e regolarità delle nevicate stanno già compromettendo in modo significativo l’approvvigionamento idrico, destabilizzando gli habitat naturali e minacciando i mezzi di sussistenza di milioni di persone. Una tendenza che rischia di aggravarsi ulteriormente in assenza di politiche efficaci e strumenti di governance adeguati.
Proprio in questo contesto, l'evento ha richiamato l’attenzione sulla crescente disattenzione verso gli accordi climatici internazionali, aggravata dall’uscita degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi e dal superamento della soglia critica di +1,5°C. Una situazione che, secondo i partecipanti, rende sempre più necessario rafforzare strumenti legali vincolanti, impegni multilaterali e meccanismi di cooperazione globale.
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Proprio nel corso del panel conclusivo, Antonio Abreu, direttore della Divisione di scienze ecologiche e della Terra dell’UNESCO, ha lanciato un messaggio chiaro: "Viviamo in un mondo profondamente diverso da ieri, un mondo accelerato e complesso che richiede un adattamento altrettanto rapido. Tuttavia, i modelli di governance attuali risultano inadeguati: continuiamo a gestire il territorio con strumenti normativi anacronistici, che frammentano gli interessi collettivi e non riescono a cogliere la reale complessità del nostro tempo. È necessario un cambio di visione, capace di integrare diverse prospettive e adottare soluzioni innovative e coordinate."
Soluzioni che, secondo quanto ribadito durante l'evento, devono fondarsi su politiche più lungimiranti e su meccanismi finanziari adeguati. A questo proposito, il vertice ha posto l'accento sulla necessità di ampliare l’accesso ai fondi internazionali per il sostegno delle regioni montane, troppo spesso escluse dalle grandi agende globali.
Le politiche in materia di acqua, agricoltura, energia e industria si presentano spesso frammentate, scollegate, incapaci di affrontare la realtà complessa e interconnessa che caratterizza la crisi climatica.
È in questo contesto che emerge con forza la necessità di nuovi strumenti di governance: trattati e accordi multilaterali che rafforzino la cooperazione, favorendo la condivisione di dati e conoscenze, colmando lacune nelle capacità tecniche e istituzionali, e promuovendo soluzioni diplomatiche.
Le esperienze di cooperazione già avviate, come la Convenzione delle Alpi, quella dei Carpazi o le iniziative transfrontaliere nell’Hindu Kush Himalaya, dimostrano che modelli efficaci esistono e possono essere replicati.
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Al centro delle discussioni si è posta anche l’importanza che le politiche ambientali si costruiscano in stretta collaborazione con le comunità locali e con la comunità scientifica, adottando un approccio partecipativo dal basso che valorizzi i saperi tradizionali e i sistemi di conoscenza locale, in particolare quelli delle popolazioni indigene delle aree montane.
Un coinvolgimento reale e significativo nei processi decisionali e nella definizione delle strategie può garantire maggiore diversità, inclusione e rappresentanza, rendendo le soluzioni più eque e sostenibili.
Il monitoraggio come chiave per il futuro
Un ulteriore tema centrale è stato il rafforzamento delle attività di monitoraggio dei ghiacciai. Nonostante alcuni dati vengano raccolti da oltre un secolo, ampie aree montane rimangono prive di osservazioni sistematiche.
Gli inventari globali e i database sui cambiamenti glaciali rappresentano risorse essenziali non solo per la comunità scientifica, ma anche per i decisori politici, fornendo basi concrete per sviluppare politiche climatiche basate su evidenze.
In un contesto globale segnato da crisi ambientali interconnesse, il futuro della criosfera diventa un banco di prova per la capacità della comunità internazionale di adottare modelli di governance all’altezza della complessità del mondo contemporaneo.
In copertina: il ghiacciaio Perito Moreno in Patagonia, Argentina, immagine Envato