I ghiacciai sono grandi comunicatori, ci dicono molto di quello che sta accadendo sul nostro pianeta. Ci dicono che le cose non stanno andando troppo bene perché, di fatto, loro stanno via via scomparendo. Cambiano colore, cambiano dimensione, cambiano i paesaggi, cambiano le risorse di acqua disponibili. Per portare alla luce queste evidenze e le loro cause, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 2025 Anno internazionale per la conservazione dei ghiacciai, per ricordare che i ghiacciai sono una componente fondamentale del ciclo idrologico e del sistema climatico e che il loro attuale ritiro avrà ripercussioni economiche, sociali e ambientali molto gravi. Oggi “conservarli” vuol dire agire su scala globale, non limitandosi ad azioni locali: è necessario il coinvolgimento di comunità insieme a un impegno globale intergovernativo per ridurre le emissioni di gas a effetto serra, la principale minaccia per la loro sopravvivenza.
Ne abbiamo parlato con Isabelle Gärtner-Roer, Science Officer del World Glacier Monitoring Service (WGMS) e ricercatrice senior del gruppo di glaciologia e geomorfodinamica dell’Università di Zurigo. Gärtner-Roer è nota a livello internazionale per il suo lavoro sulla cinematica dei rockglacier e sulla sensibilità degli ambienti di alta montagna, con particolare attenzione ai ghiacciai e al permafrost, e dal 2024 è copresidente dell'Associazione internazionale per il permafrost (IPA).
Qual è lo stato di salute dei ghiacciai a livello globale?
È evidente che non sono affatto in buone condizioni, non sono sani. Fino a circa 15 anni fa esistevano aree o regioni con bilanci di massa ancora positivi, ovvero la massa di ghiaccio accumulato durante l’inverno, derivante dalle precipitazioni nevose, era maggiore della massa persa per fusione. Si trattava di situazioni particolari, ad esempio nella Norvegia occidentale o in Nuova Zelanda, dove l'alta quantità di precipitazioni nevose durante l'inverno permetteva di mantenere un bilancio idrico positivo. Oggi, grazie a strumenti come mappe di calore che rappresentano l’andamento del bilancio di massa anno per anno, possiamo vedere chiaramente che la tendenza a scala globale è negativa. Negli ultimi 5-10 anni non ci sono più regioni che presentano bilanci di massa positivi. Le estati sono state così calde e la perdita di neve così significativa da portare a bilanci estremamente negativi. Questa situazione sta peggiorando progressivamente e in modo sempre più marcato.
Oggi capita sempre più spesso di sentire di depositi di detriti sui ghiacciai e tempeste di sabbia che arrivano fino alle catene montuose: che effetti hanno questi materiali sul processo di fusione?
Quando ci si trova sul ghiacciaio in estate, si possono osservare strati di residui sabbiosi o di detriti che spesso rivelano origini diverse. Ad esempio, notiamo frequentemente eventi di tempeste di sabbia, i cui depositi formano strati di colore giallastro o, talvolta, persino rossastro sui ghiacci. Per esempio è possibile trovare sabbie provenienti dalla penisola arabica sulla catena dell’Himalaya o sabbia del deserto del Sahara sulle Alpi. A queste sabbie si aggiungono le polveri derivanti dal traffico e dalle emissioni umane che si depositano sul ghiacciaio, formando ulteriori strati di copertura. Essendo questo materiale molto fine, aumenta la quantità di radiazione solare che viene assorbita dalla superficie del ghiacciaio velocizzando così i fenomeni di fusione. Ma la copertura di sedimenti sul ghiacciaio ha effetti diversi a seconda della natura e della grandezza del materiale. Strati più spessi o compatti, come detriti o rocce cadute dai versanti montuosi, possono invece agire come una protezione dalla radiazione solare, rallentando il processo di fusione. Quindi, l’effetto varia a seconda dello spessore e della composizione del materiale. In gergo tecnico, quindi, la presenza di materiali e sabbie fa variare l’albedo, ovvero la capacità della superficie di riflettere la radiazione solare.
Quanto velocemente si stanno fondendo i ghiacciai?
Direi troppo velocemente. Portando l’esempio dell’Europa, alcuni modelli prevedono che, entro la fine del secolo, perderemo l'80% di tutti i ghiacciai alpini. Tuttavia, queste previsioni dipendono sia dalle condizioni meteorologiche annuali sia dai cambiamenti climatici a lungo termine, che sono influenzati da numerosi fattori. I ghiacciai reagiscono rapidamente alle variazioni climatiche, ed è per questo che misuriamo il bilancio annualmente, per rilevarne le condizioni di salute e il loro andamento. D'altro canto, i ghiacciai hanno anche una sorta di "memoria": reagiscono al comportamento complessivo del loro corpo con un certo ritardo. I ghiacciai molto grandi, in particolare, ricevono contributi idrici e nevosi da diversi rami glaciali, il che complica ulteriormente la loro risposta. Anche se interrompessimo oggi tutte le emissioni nocive, i ghiacciai continuerebbero comunque a ritirarsi per diversi chilometri nell’arco dei prossimi anni. Questo ritardo è dovuto all’inerzia del sistema glaciale rispetto ai cambiamenti climatici in corso.
Il 2025 è stato dichiarato dalle Nazioni Unite Year of Glaciers' Preservation. Ma cosa significa oggi "preservare" i ghiacciai e come possiamo farlo concretamente?
A dire il vero, il termine "preservazione" non è stato forse il più fortunato quando è stato inizialmente proposto, ma l’intenzione è quella che infonda speranza: suggerisce che possiamo ancora agire. Il problema è che "preservazione" richiama spesso soluzioni tecniche che, sebbene utili, hanno limiti evidenti. Esistono idee come coprire i ghiacciai con teli protettivi che possono avere senso a scala locale, ad esempio per preservare parti di ghiacciai in prossimità di impianti sciistici dove la perdita di neve potrebbe creare problemi economici per le comunità. Tuttavia, si tratta di interventi costosi e limitati nel loro impatto. Queste soluzioni locali possono essere utili, ma dobbiamo guardare al problema da una prospettiva globale. La vera "preservazione" dei ghiacciai passa necessariamente attraverso la riduzione delle emissioni di gas serra, che rappresenta la sfida principale da affrontare oggi a livello globale. Ogni azione e reazione intrapresa per contrastare questo problema può fare la differenza. Anche se entro la fine del secolo alcune regioni come le Alpi europee perderanno completamente i loro ghiacciai, altri ghiacciai sopravvivranno. Per questo è fondamentale continuare a monitorare e documentare i cambiamenti in atto, proseguendo la ricerca a lungo termine per comprendere i meccanismi alla base di queste trasformazioni.
Quale lavoro svolge il World Glacier Monitoring Service?
Il World Glacier Monitoring Service raccoglie dati provenienti da una rete globale di corrispondenti nazionali. In ogni paese, scienziati e tecnici effettuano le misurazioni sui ghiacciai e condividono i dati con noi. Dopo un attento controllo di qualità, questi dati vengono integrati in un database globale e resi disponibili al pubblico grazie a una politica di open data, il che significa che tutte le informazioni raccolte sono disponibili al pubblico. Sul nostro sito web è possibile consultare mappe, selezionare ghiacciai specifici e scaricare dati, ad esempio, sulle variazioni del bilancio di massa. A queste ricerche e analisi sul campo si aggiungono i dati acquisiti attraverso il telerilevamento, che negli ultimi anni ha assunto un ruolo sempre più centrale. Le misurazioni dirette sui ghiacciai, come i rilevamenti sul campo, richiedono molto lavoro e tempo e possono essere effettuate solo su un numero limitato di ghiacciai: attualmente, abbiamo dati diretti per circa 200 ghiacciai, con una maggiore concentrazione nelle Alpi, mentre nelle Ande i dati sono molto più scarsi. Tuttavia, grazie al telerilevamento, siamo riusciti a creare un inventario globale che comprende circa 275.000 ghiacciai, consentendoci di monitorare come questi stiano cambiando quasi ovunque nel mondo. Nonostante questa ampia copertura, abbiamo ancora bisogno di combinare le informazioni derivanti dalle misurazioni sul campo con quelle ottenute tramite il telerilevamento per ottenere un quadro completo. Per questo gestiamo un'enorme quantità di dati che vengono continuamente raccolti, analizzati e resi disponibili. Il nostro lavoro include anche la sintesi dei dati a livello globale e la produzione di rapporti periodici, utili per valutare lo stato dei ghiacciai anno dopo anno. Attualmente, stiamo lavorando sui dati raccolti fino al 2024 e continuiamo a integrare nuove informazioni per fornire aggiornamenti regolari, tanto che presto pubblicheremo un nuovo inventario con i dati più recenti.
In copertina: ghiacciaio in Svizzera, Envato