Dopo mesi di confronti e scontri totalmente focalizzati sul tema dei carburanti – diesel, benzina ed e-fuel – qualcosa di nuovo si muove sul fronte dell’auto.
Progettare meglio: è questa l’indicazione fondamentale che la Commissione europea ha inviato al settore dell’automotive con le proposte di regolamento in materia di circolarità dei veicoli approvate il 13 luglio 2023.
Un design pensato per la circolarità è quindi la premessa necessaria perché anche per prodotti complessi come i veicoli si comincino a porre le basi per la creazione di sistemi di responsabilità estesa del produttore.
Quanti materiali consuma l’industria dell’auto
Limitando lo sguardo al continente europeo è facile rilevare come a oggi, in generale, il settore sia ancora lontano da uno scenario di EPR paragonabile a quelli che caratterizzano altri comparti industriali, mentre per alcuni dei componenti o dei prodotti che fanno parte del “sistema veicolo” – come gli pneumatici, gli oli minerali e le batterie – si sono già da tempo messi a punto meccanismi efficaci di gestione dell’end-of-life.
E tutto il resto? È stridente il contrasto, ad esempio, fra l’evoluzione nei modelli di uso e di possesso dei veicoli e la realtà di un settore che a volte appare ancora legato a una visione non così diversa da quella tipica della cosiddetta età dell’oro dell’automobile. Una constatazione tutto sommato sorprendente per un settore in cui la progettazione del prodotto, nel bene e nel male, non è mai stato un fattore secondario.
Nel definire il contesto del nuovo regolamento, gli estensori del documento forniscono una serie di dati utili per capire il peso che ha l’industria dell’auto in termini di consumo di materiali in Europa. La produzione di veicoli è titolare del 19% della domanda per l’industria europea dell’acciaio, del 10% del consumo di plastiche, del 42% della domanda di alluminio (considerando tutti i veicoli da trasporto) e poi rame (6% per componenti per l’automotive), gomma (65% della produzione di beni realizzati con questo materiale) e vetro (1,5 milioni di tonnellate di vetro piano prodotto nell’UE).
Considerando anche altri apporti minori, si può pensare che si tratti di una cifra che supera i 15 milioni di tonnellate di materiale all’anno? Più o meno. È inoltre facile prevedere un progressivo aumento della domanda di rame e materie prime critiche via via che cresce il contenuto di elettronica nei veicoli.
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Dalla Direttiva alla progettazione circolare
Attualmente per la gestione del fine vita di questa massa di materiale il settore è organizzato sulla base della Direttiva 2000/53/Ce sui veicoli fuori uso, meglio nota come ELV Directive. Dal punto di vista degli attori coinvolti, in estrema sintesi, da un lato vi sono i produttori e dall’altro i riciclatori e autodemolitori. Se le nuove regole spingono affinché questi ultimi abbiano indicazioni complete e trasparenti in merito a ciò che gli arriva, il compito di fornire tali informazioni, relative anche alla sicurezza nelle operazioni di rimozione di parti e componenti, è dei produttori. L’ipotesi che una nuova generazione di regole potesse trasformare gli equilibri nel sistema aveva suscitato qualche preoccupazione, soprattutto dal lato di chi attualmente è collocato alla fine del processo, appunto demolitori e riciclatori. Il timore era che un nuovo schema di EPR che veda come protagonisti i produttori potesse sostanzialmente sottrarre loro “materia” (e lavoro).
Ma il disegno della Commissione ha una logica trasparente: se la casa produttrice dell’auto ha l’obbligo di informare in modo completo su “cosa c’è dentro” il bene che ha immesso sul mercato, una progettazione orientata alla circolarità facilita il compito. Per un “funzionamento liscio del mercato” (così si esprime la proposta), per la sua efficienza, il prerequisito è un design dell’auto ad alto tasso di riusabilità, riciclabilità e recuperabilità dei materiali.
Come in altri settori caratterizzati da una elevata complessità del prodotto (l’edilizia ad esempio), anche per l’automotive si prevede quindi l’implementazione di una serie di misure atte a “smussare” gli ostacoli che ancora impediscono il buon funzionamento della gestione del fine vita. Tra questi vale la pena citare l’idea di un Circularity Vehicle Passport digitale che richiama il concetto di Material Passport formulato e sperimentato da Thomas Rau proprio nell’ambito delle costruzioni.
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Verso un’EPR per l’automotive
I nodi problematici evidenziati nel documento UE sono una distanza che permane tra progetto e produzione del veicolo, che ha come conseguenza una ancora eccessiva dipendenza dall’impiego di materie prime vergini. C’è poi una non ottimale qualità del trattamento dei veicoli a fine vita rispetto al loro potenziale in termini di valore economico e ambientale. Infine il tema dei missing vehicles, auto a fine vita che escono dai percorsi “ufficialmente” gestiti e che spesso finiscono per alimentare un mercato di auto inquinanti se non addirittura inadatte alla circolazione verso Paesi terzi. Questo anche a causa di una non chiara distinzione tra veicoli a fine vita e veicoli usati.
Di conseguenza, le strategie con cui si prevede di intervenire su questi nodi sono quasi scontate: rendere circolare il design e la produzione dell’auto anche incrementando la quota di materie prime riciclate (ad esempio viene proposto un target del 25% di riciclato per le plastiche utilizzate nella realizzazione del veicolo), migliorare la qualità dei processi di trattamento finale del bene (anche qui, target del 30% di plastiche che dal veicolo a fine vita devono essere avviate a riciclo), aumentare la capacità dei sistemi di raccolta dei veicoli a fine vita (vedi alla voce missing vehicles) e soprattutto includere nelle nuove norme un più ampio numero di tipologie di veicolo (camion, bus, rimorchi, moto).
Infine, sarà necessario fornire i giusti incentivi per rendere più performante l’intero sistema e migliorare la gestione dei rifiuti attraverso l’adozione di schemi di EPR. E qui si arriva al punto: come può essere fatto uno schema EPR per l’auto? Un esempio che risponde già a molti dei requisiti previsti dal nuovo regolamento europeo arriva dalla Svezia, dove chi produce, importa o in qualche altro modo immette sul mercato nazionale automobili, light trucks, camper e bus per un peso non superiore a 3.500 kg rientra in uno schema di responsabilità estesa del produttore e aveva dunque l’obbligo di registrarsi entro il 30 aprile 2023 presso l’Agenzia nazionale di Protezione dell’Ambiente.
Ecodesign per l'automotive
Uno schema EPR dalle regole molto chiare e che mette in primo piano il ruolo del costruttore del veicolo, che innanzitutto ha l’obbligo di assumersi la responsabilità dello smaltimento delle auto fuori uso. Per farlo il produttore deve assicurare, personalmente o appoggiandosi ad altri operatori, che esista un adeguato sistema di raccolta che viene descritto nel dettaglio, anche nel modo di circolazione delle informazioni tra produttore, demolitore e Agenzia per l’Ambiente. L’industria dell’auto è anche il soggetto responsabile del fatto che il veicolo prodotto risponda ai target di riciclo e riuso fissati per il settore e così si torna al ruolo chiave del design.
Sono molte le esperienze che documentano la crescita dell’impiego, da parte delle case automobilistiche, di materiale riciclato o biobased nella componentistica, e di sistemi o addirittura di “catene di disassemblaggio” si parla da diversi anni. Se questa sembra ancora una prospettiva in progress pensando all’intero prodotto veicolo, di fatto molti costruttori hanno sviluppato sistemi di recupero e remanufacturing soprattutto per un mercato di ricambi rigenerati e ricondizionati.
Si tratta però di processi che agiscono a valle, sul prodotto esistente. Quindi riduzione del numero dei componenti, disassemblabilità, modularità, riduzione anche della quantità e diversità di materiali impiegati valutando la Carbon Footprint di ognuno di essi sono linee guida essenziali per un design circolare dell’oggetto auto.
Risultati attesi? Una riduzione sensibile delle emissioni attribuibili al settore, migliore valorizzazione di oltre 5 milioni di tonnellate all’anno di materiali, creazione di nuova occupazione (oltre 22.000 posti di lavoro, come dichiarato da Thierry Breton, Commissario UE per il Mercato Interno) e nuove entrate nette per 1,8 miliardi di euro entro il 2035.
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Immagine: Envato