*da Bruxelles
Prende velocità la proposta europea per un EU Blue Deal. Il 26 ottobre 2023, il CESE, Comitato economico e sociale europeo, in una sala gremitissima presso il Charlemagne Building a Bruxelles, ha lanciato ufficialmente la proposta di una nuova strategia per la Commissione Europea per ripensare l’economia, la legislazione, la cooperazione e la gestione delle acque europee e internazionali.
Il Presidente del CESE, Oliver Röpke ha presentato una dichiarazione politica contenente 15 principi guida e 21 azioni concrete per trasformare il Blue Deal in realtà. "L'acqua è la priorità ‒ ha affermato Röpke in plenaria ‒ dobbiamo imparare dagli errori commessi con il clima, l'energia e le materie prime critiche e adottare una strategia idrica autonoma che sia su un piano di parità con il Green Deal dell'UE."
Secondo l'Agenzia europea dell'ambiente (AEA), circa il 20% dell'Europa e il 30% degli europei sono colpiti da stress idrico mediamente nell'arco di un anno, a causa del cambiamento climatico ma anche di una pessima gestione idrica. “Il quadro strategico attuale dell'UE non è adatto allo scopo e deve essere aggiornato con la stessa determinazione con cui l'UE ha affrontato la crisi climatica attraverso il Green Deal”, ha aggiunto Röpke.
Si preparano insomma le priorità per la prossima Commissione e il prossimo Parlamento, dopo le elezioni di giugno 2024, anche se alcune iniziative potrebbero essere già presentate in primavera. “Dobbiamo mettere l’acqua in una posizione preminente nel prossimo mandato legislativo”, ribadisce Permille Weiss, Chair of MEP Water Group.
“Il Parlamento europeo sostiene pienamente la creazione di un Blue Deal. È esattamente ciò di cui abbiamo bisogno: un approccio olistico, strutturato e basato sull’evidenza nei confronti delle nostre preziose risorse idriche. Non esiste un Green Deal senza Blue Deal.”
Il risultato è un documento che si basa su importanti principi: azione simbiotica, ripristino degli ecosistemi fluviali e delle aree umide, diritto all’accesso all’acqua (in EU ci sono 400.000 persone senza accesso all’acqua potabile e quasi 6 milioni senza accesso a servizi sanitari), l’acqua come bene comune, una società water smart, un adeguato piano finanziario, una governance appropriata. Ma ancora più ambiziosa è la parte delle 21 azioni per sconfiggere la water-poverty, l’inefficienza infrastrutturale e i rischi legati al cambiamento climatico.
Una piattaforma per gli stakeholder e un incarico politico ad hoc
Per il CESE una delle azioni chiave è costituire una piattaforma consultiva degli stakeholder europei, sulla linea della Circular Economy Stakholder Platform, per condividere le migliori pratiche, elaborare norme specifiche sulla qualità e l'utilizzo dell'acqua nell'agricoltura e nell'industria e promuovere i partenariati e le iniziative di economia circolare dell’acqua (su tutte il riuso).
La piattaforma dovrebbe essere gestita congiuntamente da CESE, Commissione europea, Parlamento europeo e Comitato europeo delle regioni. In aggiunta si richiede di istituire un Centro europeo per le risorse idriche dotato di una dimensione internazionale che possa aiutare sia gli Stati membri che altri paesi.
Per ribadire il peso politico del EU Blue Deal, esso dovrebbe essere incluso in un mandato specifico a un vicepresidente della Commissione o un Commissario responsabile delle risorse idriche. A livello internazionale la politica estera europea dovrebbe rafforzare la propria water diplomacy, anche attraverso la cooperazione allo sviluppo.
Finanza, il nodo chiave
Il Blue Deal dovrà avere una propria strategia economica. Oltre ai fondi nazionali, c’è la necessità di istituire a livello comunitario il Blue Transition Fund, un fondo unico per la transizione blu tutto da definire. Il fondo sosterrà infrastrutture per l’adattamento e la gestione sostenibile, la ricerca e l’adozione di tecnologie innovative, la formazione di nuove professionalità (blue jobs) e misure di riduzione delle disuguaglianze nell’accesso a servizi idrici e igienico-sanitari.
Si dovranno rivedere i proventi delle concessioni e le tariffe, rispettando il principio dell’acqua bene comune, come più volte richiamato da Pedro Arrojo-Agudo, lo special rapporteur per l’Acqua delle Nazioni Unite, presente all’evento.
Il CESE propone che i diritti di estrazione, i permessi, le licenze, i diritti contrattuali e la proprietà integrale siano attentamente monitorati e meglio regolamentati per evitare che siano sfruttati a fini commerciali, e invoca norme restrittive volte a impedire che le risorse idriche dell'UE siano utilizzate per scopi perseguiti da attori economici di Paesi terzi.
Tali licenze e permessi concessi a fini commerciali dovrebbero beneficiare di un quadro normativo specifico che sia trasparente e sostenibile e consideri l'acqua come un bene comune. Nell'interesse della salute pubblica e del benessere dei cittadini dell'UE in situazioni specifiche quali crisi o siccità, le istituzioni pubbliche dovrebbero avere la facoltà di recuperare i diritti di utilizzo dell'acqua dal settore privato in cambio di un equo compenso.
In ottica di rendicontazione ESG dovrebbe essere inoltre prevista un’etichetta sul consumo di acqua necessaria alla produzione (e sull’impronta idrica d’azienda), in aggiunta all’attuale etichetta energetica dell’UE, per sensibilizzare i consumatori.
Dati e collaborazione
“È essenziale disporre di dati trasparenti, di facile accesso, interoperabili, accessibili al pubblico e affidabili per sviluppare il Blue Deal ‒ ha dichiarato l’europarlamentare Permille Weiss ‒ in modo da ispirarci gli uni con gli altri e meglio indirizzare le finanze allocate.” Per ampliare il Blue Deal è infatti indispensabile conoscere lo stato delle infrastrutture idriche e la disponibilità di servizi idrici e igienico-sanitari in ciascuno Stato membro.
Nella proposta si legge che “Eurostat e OCSE, con l'assistenza degli istituti nazionali di statistica, dovrebbero raccogliere, su base annua, dati aggregati sull'acqua potabile e sulle acque reflue dalle aziende di servizi pubblici” basati su “una metodologia comune” che interessi tutti i fornitori di acqua che forniscono almeno 10.000 m³ al giorno o che servono almeno 5.000 persone. “Servirà inoltre creare una Knowledge Innovation Community (KIC) specifica per l’acqua all’interno dell’European Institute of Technology”, spiega Weiss, con lo scopo di sviluppare l’innovazione basata proprio sulla conoscenza offerta dai dati raccolti.
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Immagine di copertina: Pixabay