Il 23 marzo, durante la UN Water Conference 2023 di New York, la prima conferenza di alto livello sull’acqua degli ultimi 50 anni, una coalizione di governi ha lanciato la Freshwater Challenge, la più grande iniziativa mai realizzata per il ripristino di fiumi, laghi e zone umide degradate, ecosistemi fondamentali per affrontare l'aggravarsi delle crisi idriche e climatiche.
I Paesi promotori - Colombia, Repubblica Democratica del Congo, Ecuador, Gabon, Messico e Zambia – puntano a salvaguardare, entro il 2030, 300.000 chilometri di fiumi, equivalenti a più di sette volte il giro della terra, e 350 milioni di ettari di zone umide, un’area più grande dell’India.
Freshwater Challenge, una sfida per proteggere gli ecosistemi d’acqua dolce
Come ricorda il rapporto UNESCO World Water Development 2023 , lanciato durante la Giornata mondiale dell’acqua del 22 marzo, nel mondo abbiamo già perso oltre l’85% dell’area delle zone umide naturali, mentre il 75% della superficie terrestre è stato compromesso in modo significativo. Oltre all'approvvigionamento idrico, la salute degli ecosistemi d'acqua dolce offre numerosi benefici alle persone e alla natura ed è fondamentale per mitigare e adattarsi ai cambiamenti climatici e raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs).
Così, all’interno del Decennio delle Nazioni Unite per il ripristino degli ecosistemi e basandosi sul Global Biodiversity Framework concordato a Montreal nel dicembre 2022 durante la COP15 - che ha previsto il ripristino del 30% delle "acque interne" degradate del mondo - Colombia, Repubblica Democratica del Congo, Ecuador, Gabon, Messico e Zambia hanno deciso di lanciare la Freshwater Challenge.
La Challenge chiede a tutti i governi di impegnarsi a raggiungere obiettivi chiari nelle strategie e nei piani d'azione nazionali al fine di salvaguardare urgentemente la salute degli ecosistemi d'acqua dolce. I governi si sono impegnati a co-creare soluzioni per l'acqua dolce con le popolazioni indigene, le comunità locali e altre parti interessate. E tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite sono stati invitati a partecipare a contribuire al raggiungimento dei suoi obiettivi.
Del resto, non è rimasto molto tempo per agire, come ha ricordato James Dalton, responsabile del team per la gestione dell'acqua e del territorio dell'IUCN, Unione Internazionale per la Conservazione della Natura. "Gli eventi meteorologici estremi sono aumentati di cinque volte negli ultimi 50 anni - ha spiegato - A causa dei cambiamenti climatici, le calamità che hanno causato le maggiori perdite umane sono legate all'acqua: siccità, tempeste e inondazioni. Il nostro pianeta deve essere resiliente per far fronte a questi disastri e per questo la salute degli ecosistemi d'acqua dolce è fondamentale".
Perché è necessario ripristinare fiumi e zone umide
“La perdita delle zone umide ha implicazioni non solo sulle dinamiche sociali ed ecologiche, che sono molto critiche per il nostro sostentamento, ma anche sulle dinamiche economiche”, ha dichiarato a Materia Rinnovabile, a margine dell’evento, Musonda Mumba, Segretario Generale della Convenzione RAMSAR, trattato internazionale finalizzato alla conservazione e all'uso sostenibile delle zone umide.
“Ci sono voluti 46 anni per organizzare la UN Water Conference, non dobbiamo aspettare altri 46 anni per agire. Sarebbe uno spreco del nostro tempo, come umanità. Dobbiamo agire ora per la sopravvivenza stessa del nostro pianeta, perché la crisi dell'acqua è ovunque ed ha impatti trasversali sulla sicurezza alimentare, energetica e sulla biodiversità”.
Per agire, come ha ricordato in chiusura dell’evento Henk Ovink, Ambasciatore dell'acqua dei Paesi Bassi - governo che insieme al Tajikistan ha co-organizzato la UN Water Conference – serviranno però tre elementi. Prima di tutto inclusione di tutti gli attori coinvolti nella buona gestione degli ecosistemi, dalle comunità locali e indigene al settore pubblico e privato. In secondo luogo, risorse finanziarie, magari da sbloccare attraverso una creazione di una partnership globale sull’acqua. E, infine, incentivare fortemente meccanismi di cooperazione, perché “solo la cooperazione può portare a soluzioni scalabili”.
Immagine: Leo Rivas (Unsplash)