Alla vigilia dell'insediamento di Donald Trump, la California è in fiamme e l’America sta avendo il più crudele assaggio delle conseguenze dei cambiamenti climatici. Tuttavia, la classe politica che si appresta a salire al governo continua a negare l’origine antropica del climate change e a promettere un’inversione di tendenza sulle regolamentazioni ambientali. Se l’amministrazione Biden, con l’Inflation Reduction Act, si è guadagnata la reputazione della più ambientalista di sempre, Trump, che ha ripetutamente liquidato il cambiamento climatico come una bufala, ha in programma di fare marcia indietro su molti dei provvedimenti chiave dell'agenda climatica del precedente governo.
Il presidente eletto ha già annunciato di voler (di nuovo) ritirare gli Stati Uniti dall'accordo di Parigi, allentare le restrizioni all’estrazione e produzione di combustibili fossili aprendo alle trivellazioni in aree protette e riserve naturali, disincentivare le energie rinnovabili annullando i crediti d’imposta stabiliti da Biden e abrogando varie normative ambientali volte a ridurre le emissioni di gas serra. Potrebbe anche tentare di ritirare completamente gli Stati Uniti dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.
Le scelte del neoeletto presidente per ruoli chiave dell’amministrazione sembrano confermare l’impegno verso un'agenda pro combustibili fossili e improntata alla deregolamentazione. Alla guida dell'Environmental Protection Agency (EPA) è previsto Lee Zeldin, il quale ha espresso scetticismo sulle normative sui cambiamenti climatici e ha più volte suggerito che abbiano ostacolato la crescita economica. In un'intervista dello scorso novembre a Fox News ha infatti affermato: "Alcune norme sostenute dalla sinistra finiscono per portare le aziende nella direzione sbagliata". Ci si aspetta che il suo obiettivo sarà smantellare le leggi sul clima focali nell'agenda politica di Biden, comprese quelle sulle emissioni di centrali elettriche e veicoli.
Chris Wright, dirigente dell’industria del fracking scelto per guidare il Dipartimento dell'energia, ha minimizzato il collegamento tra cambiamenti climatici ed eventi meteorologici estremi. Nel 2023 Wright affermava: "Non abbiamo visto alcun aumento nella frequenza o nell'intensità di uragani, tornado, siccità o inondazioni nonostante l'infinito allarmismo dei media, dei politici e degli attivisti". Si prevede che la sua leadership porti verso un'espansione della produzione di energia da combustibili fossili e verso una riduzione degli sforzi per spostare il settore energetico statunitense verso le rinnovabili.
Sean Duffy, a cui è stato affidato il dipartimento dei trasporti, non sembra riconoscere l’origine antropica del riscaldamento globale, tanto che, durante una trasmissione televisiva che conduce su Fox News, lo scorso novembre ha detto: “Se il clima sta cambiando, la causa è la CO₂ o il sole?”, sostenendo poi che la sinistra, mettendo a tacere le voci che mettono in dubbio il climate change, sta dando alle persone la sensazione che, dietro la scusa del clima, ci possa in realtà essere un progetto di controllo della società.
Lo stesso Elon Musk, imprenditore che deve parte della sua fortuna alle auto elettriche e che è ormai presenza fissa al fianco del presidente eletto, negli ultimi tempi sembra essere diventato più cauto sulla transizione energetica e ha dichiarato che il cambiamento climatico non segnerà la fine del mondo così come lo conosciamo e che “non dovremmo avere fretta di andare verso le rinnovabili”. Eppure Musk dovrebbe sapere che la transizione energetica non ha a che fare solo con la volontà politica dei governi ma è anche un’opportunità economica.
Trump e le aspettative di mercati e finanza
Non è chiaro come reagirà il mercato all’approccio di Trump. Se le azioni delle aziende legate ai combustibili fossili potrebbero trarre vantaggio dalle sue politiche, il settore dell’energia pulita potrebbe subire battute d'arresto, in particolare se Trump dovesse annullare con successo le disposizioni chiave dell'Inflation Reduction Act implementato da Biden. Tuttavia, l’amministrazione uscente ha stimolato investimenti significativi nell'energia pulita, con miliardi di dollari destinati all'energia rinnovabile e ai veicoli elettrici, una tendenza che potrebbe non essere poi così facile invertire.
Preoccupazione è stata espressa anche dal settore delle assicurazioni. Il gigante delle assicurazioni Munich Re ha messo in guardia rispetto ai rischi di continuare ad alimentare la crisi climatica e, in un recente rapporto, ha stimato che il costo finanziario del settore assicurativo e riassicurativo derivante da eventi catastrofici naturali nel 2024 ammonterà a 140 miliardi di dollari, con perdite economiche intorno a 320 miliardi di dollari.
Anche dal punto di vista della finanza internazionale per il clima l’amministrazione Trump preoccupa: il presidente potrebbe voler ridurre i contributi degli Stati Uniti agli sforzi globali di mitigazione del clima, come il Green Climate Fund, che fornisce aiuti finanziari ai paesi in via di sviluppo che affrontano gli impatti del cambiamento climatico. E, tuttavia, Trump potrebbe avere difficoltà a tagliare completamente i finanziamenti, soprattutto se il Congresso confermerà il supporto per i progetti climatici all'estero.
Le politiche climatiche tra stati e governo federale
Una speranza arriva dagli stati. Infatti, la politica trumpiana del "drill, baby, drill" potrebbe incontrare opposizione da parte degli stati guidati da governatori che da anni puntano alla riduzione degli effetti del cambiamento climatico e che potrebbero proseguire sulla propria strada, indipendentemente dalle politiche federali. Il futuro della politica climatica statunitense potrebbe dipendere in gran parte dalla resilienza dei governi statali, delle industrie private e degli sforzi internazionali per ridurre le emissioni. Stati come la California, attraverso iniziative come la U.S. Climate Alliance, continueranno probabilmente a spingere verso politiche ambientali in linea con gli obiettivi della comunità internazionale.
Nel suo discorso di commiato alla nazione, Biden ha detto: “Abbiamo dimostrato che non dobbiamo scegliere tra proteggere l’ambiente e far crescere l’economia: possiamo fare entrambe le cose. Ma forze potenti vogliono esercitare la loro influenza incontrollata per eliminare i passi che abbiamo fatto nell’affrontare la crisi climatica e per servire i propri interessi di potere e profitto. Non dobbiamo farci intimidire a sacrificare il futuro, [...] dobbiamo continuare ad andare avanti e sempre più velocemente. Non c'è tempo da perdere”.
Un lavoro culturale sul clima
Nonostante le preoccupanti promesse di riportare gli USA verso i combustibili fossili e fuori dalle politiche internazionali contro il cambiamento climatico, la cultura ambientale del paese potrebbe ormai avere gli anticorpi per resistere agli attacchi. La pensa così Miranda Massie, fondatrice del Climate Museum, un’organizzazione che diffonde la consapevolezza ambientale attraverso la cultura. “Sappiamo dalle ricerche sull'opinione pubblica che la maggioranza dell'elettorato statunitense è a favore delle energie rinnovabili rispetto ai combustibili fossili e due terzi di chi ha votato nel 2024 sono preoccupati per l'impatto climatico nelle proprie comunità”, spiega a Materia Rinnovabile. “Anche coloro che hanno votato per Trump sostengono ampiamente le politiche di giustizia ambientale. Le ricerche sull'opinione pubblica dimostrano che è stato eletto nonostante e non a causa delle sue posizioni sul clima e sull'ambiente, e io credo che la consapevolezza continuerà a crescere nonostante un probabile afflusso di ancora più disinformazione di quanta ne abbiamo vista finora.”
Certo, il momento è delicato perché, davanti all’implementazione di politiche che danneggiano l’ambiente, l’opinione pubblica potrebbe scoraggiarsi e perdere la speranza di poter fare la differenza. “La vera domanda è se la gente, sentendosi impotente, si allontanerà dall’impegno ambientale o se sarà in grado di riconoscere il proprio potere di cambiamento”, conclude Massie. “È qui che entra in gioco il lavoro culturale sul clima, insieme all’attivismo. Mi aspetto che l'enorme battuta d'arresto a livello federale risulterà in un’intensificazione del lavoro degli ambientalisti a livello statale, comunale, di contea e di comunità, e un cambiamento nella nostra cultura pubblica è più importante che mai e a portata di mano. L’amministrazione incontrerà forte opposizione e tanta energia positiva.”
In copertina: Donald Trump fotografato da Gage Skidmore, Flickr