Da Cali, Colombia - A COP16 Colombia, il negoziato ONU sulla biodiversità, sono attese almeno 21.000 persone, di cui un numero preponderante legate al settore privato. Questa di per sé – mentre arrivano le prime bozze aggiornate dei testi negoziali – è già una notizia. Sono centinaia gli incontri in programma nella Blue Zone (riservata agli accreditati) e nella Green Zone (aperta a tutti) che vedono protagoniste imprese dell’agroalimentare (Nestlè), dei beni di consumo (Unilever), dell’informatica (Microsoft) e della finanza (Rabobank). Per avere il numero e l’affiliazione esatti bisognerà attendere l’ultimo giorno di negoziato. Ma è chiaro che il settore privato comincia a sentire i potenziali impatti del Global Biodiversity Framework (GBF), noto anche come “l’Accordo di Parigi della biodiversità”.
Ingente la presenza del comparto agroalimentare, il quale, secondo le Nazioni Unite, è responsabile fino all'80% della perdita di biodiversità e della deforestazione nel mondo. Ma gli impegni in materia di biodiversità assunti dal relativo settore privato − in particolare negli Stati Uniti − sono rimasti in genere una parte risibile dei piani di sostenibilità aziendali. “La coalizione Business for Nature ha lanciato un appello all'azione a nome di oltre 230 aziende ai governi presenti alla COP16 delle Nazioni Unite sulla biodiversità, chiedendo loro di adottare, implementare o rafforzare le politiche, le legislazioni e i regolamenti necessari per spingere le imprese ad agire maggiormente per arrestare e invertire la perdita di natura entro il 2030”, spiega la CEO di Business for Nature Eva Zabey in un comunicato.
Senza settore privato gli obiettivi del GBF potrebbero essere irraggiungibili
Ovviamente il supporto al GBF non sarà un pranzo di gala. Il mondo della società civile e numerose delegazioni dei paesi in via di sviluppo chiedono alle multinazionali – che per anni hanno sfruttato il patrimonio genetico delle risorse naturali delle aree indigene per fare miliardi – di versare l’1% dei proventi per sostenere tutela e rigenerazione delle aree a elevata biodiversità (attraverso il meccanismo del DSI). Non solo: nei primi testi circolati ci sono varie ipotesi per il phase-out dei sussidi dannosi (qualcuno aggiunge: inefficienti) per la biodiversità. Una partita da 500 miliardi l’anno (entro il 2030) per cui il potente settore dell’agrobusiness vuole far sentire la propria voce e su cui non mancheranno pressioni, anche dagli Stati Uniti, nonostante al momento non siano entrati nel GBF.
E dalla società civile occidentale e latino-americana arrivano anche le critiche per molti dei meccanismi sul capitale naturale discussi a COP16: non si trasforma la natura in un mercato. No ai crediti per la biodiversità né al meccanismo di compensazione per lo sfruttamento del codice genetico. Sì, al più, ai fondi pubblici per sostenere le popolazioni meno sviluppate. Ma, dei 20 miliardi di dollari da movimentare per il Global Biodiversity Framework Fund entro il 2025, al momento ne sono stati allocati solo 231 milioni, di cui 128 effettivamente depositati. Noccioline, che dimostrano come senza il settore privato gli obiettivi del GBF potrebbero essere irraggiungibili. Vedremo quale compromesso si raggiungerà nel testo finale.
Reporting aziendale della biodiversità
Uno dei temi più seguiti in queste prime giornate di negoziati – se il numero di eventi è un indicatore significativo – è quello degli strumenti e delle metriche per analizzare impatti e rischi legati alla biodiversità sia a livello governativo che a livello di settore privato. Il Global Biodiversity Framework, approvato nel 2022, e, ora, la buona attenzione mediatica ed economica su COP16 – con eccezione dell’Italia – hanno dato una grande accelerata al reporting della biodiversità per il settore privato, chiave per avere un impatto reale sulla transizione delle aziende, sostiene CDP.
Secondo l’organizzazione globale no-profit per la rendicontazione ambientale, c’è stato un aumento del 43% dei report aziendali legati alla misurazione degli impatti sulla biodiversità dopo l'adozione del GBF. In un evento per la stampa del 23 ottobre, CDP ha mostrato i dati più recenti sulle Nature-related Disclosure, fondamentali per comprendere come sta avanzando il settore privato per raggiungere gli obiettivi del GBF. Un’azione sostenuta proprio dall'obiettivo 15 del GBF che “invita i governi a rendere obbligatoria la rendicontazione aziendale”, e reiterata nella bozza del documento finale girata martedì.
Serve accelerare su raccolta dati e rendicontazione
I dati sono promettenti ma ancora insufficienti. Se il fatto che il 43% delle grandi imprese riporta impatti e rischi legati alla biodiversità − con effetti rilevanti sulla raccolta dati sull’acqua e sulla dipendenza idrica (+23%) e sulla riforestazione (+ 10%) − si può definire un buon segnale, globalmente la strada da fare è ancora molta. Serve accelerare nei prossimi due anni. Meno del 10% delle aziende valuta ancora la propria dipendenza dalla biodiversità, nonostante si stimi che la perdita di natura costi all'economia globale tra i 4 e i 20.000 miliardi di dollari all'anno.
I dati di CDP evidenziano anche la lentezza con cui vengono compresi e affrontati i rischi finanziari legati alla natura. Sebbene molte aziende abbiano identificato i rischi aziendali legati all'acqua e alle foreste, solo circa la metà di questi include un dato relativo all'impatto finanziario. Soltanto una piccola minoranza di banche e investitori ha dichiarato di finanziare soluzioni basate sulla natura (17%) o attività di agricoltura sostenibile (23%). Una recente ricerca di CDP-WWF sulle banche di importanza sistemica mondiale ha rilevato che più della metà non riesce a coinvolgere i propri clienti sul tema della natura.
C’è poi il tema dei diritti umani che non possono essere disgiunti dall’analisi di impatto aziendale sulla biodiversità, specie in quei paesi dove lo stato di diritto è più debole. "I diritti umani e la biodiversità sono interdipendenti. L'unico modo per proteggere efficacemente la biodiversità è proteggere i diritti umani di coloro che sono in prima linea nella lotta per la difesa della biodiversità", ha dichiarato in conferenza stampa presso la Blue Zone John Knox, ex rapporteur ONU sui diritti umani e l'ambiente, ricordando come alla dimensione clima e biodiversità si debba aggiungere inevitabilmente quella sociale.
Un nuovo fondo e l’impegno delle banche multilaterali di sviluppo
Non sono però mancati annunci importanti dal settore privato già nei primi giorni di negoziato, e molti altri ancora ne arriveranno. 11 grandi investitori istituzionali francesi hanno lanciando un nuovo fondo da 100 milioni di euro in occasione della COP16 di Cali. Il fondo, primo nel suo genere, utilizzerà i dati CDP sulla biodiversità per investire in aziende che offrono soluzioni per ridurre la perdita di biodiversità, ma anche in quelle che operano in settori ad alto impatto e che mostrano segnali credibili di transizione.
Un gruppo nutrito di banche multilaterali di sviluppo ha inaugurato un padiglione congiunto per presentare azioni, opportunità e partenariati delle MDB a sostegno del GBF: dall'abbracciare la natura come motore per lo sviluppo sostenibile e implementare percorsi verso economie positive per la natura, all'utilizzo dei dati per migliorare il processo decisionale e aumentare l'innovazione finanziaria. All’evento privato di Trellis (ex-GreenBiz) decine di aziende hanno presentato le proprie iniziative a favore della riduzione degli impatti sulla biodiversità.
Sarà il testo finale del negoziato a ribadire gli impegni e gli oneri del settore privato nei confronti della natura. Non mancherà una dura opposizione, specie dai paesi industrializzati e da parte di molte multinazionali. Quale modello di economia vincerà? Uno pro-futuro o il solito business-as-usual?
Per saperne di più continuate a seguirci: dopo aver coperto nel 2022 i lavori per l’accordo di Kunming-Montreal, dal 25 ottobre al 2 novembre Materia Rinnovabile sarà a Cali per COP16, unica testata italiana accreditata. La copertura giornalistica è realizzata con il supporto di 3Bee, uniti nel promuovere il progresso delle strategie nazionali per la tutela della biodiversità. Venite a trovarci in sala stampa!
Immagine: UN Biodiversity