A livello globale i governi spendono ogni anno almeno 2,6 migliaia di miliardi di dollari in sussidi che alimentano il riscaldamento globale e distruggono la natura. Vengono chiamati “sussidi ambientalmente dannosi” e, secondo un report dell’organizzazione Earth Track, ammontano all’equivalente del 2,5% del prodotto interno lordo globale. Alla COP15 di Montreal del 2022 i paesi si erano impegnati a eliminarli gradualmente, ma i progressi per ora sono modesti. Se ne sta riparlando alla COP16 di Cali, Colombia, in corso fino al 1° novembre 2024.

Crescono i sussidi che impattano su biodiversità e clima

Agevolazioni fiscali, prestiti, garanzie, incentivi e assicurazioni: ci sono diversi modi attraverso cui i soldi pubblici possono finanziare business dannosi per il clima e la biodiversità. Secondo Earth Track questi sussidi ambientalmente dannosi sono aumentati di 800 miliardi di dollari rispetto a due anni fa. I motivi sono diversi: dai dati a disposizione qualitativamente migliori all’inflazione dovuta alla guerra in Ucraina, fino all’inclusione nelle stime dei sussidi forniti all’estrazione mineraria (40 milioni di dollari) e alla produzione di plastica (30 milioni).

Tuttavia gli autori del report, Doug Koplow e Ronald Steenblik, ritengono la cifra sottostimata, poiché molti governi non sarebbero consapevoli della reale portata dei sussidi ambientalmente dannosi. Nel complesso, i sussidi alla pesca, alla silvicoltura e all'acqua sono rimasti pressoché invariati, soprattutto a causa della mancanza di nuovi dati.

Un’altra criticità riscontrata da Koplow Steenblik è che ci possono essere disaccordi significativi tra i paesi su come riformare il sistema dei sussidi. Per esempio, le sovvenzioni ai digestori anaerobici per la gestione dei rifiuti dei grandi allevamenti generano benefici ambientali in una specifica catena del valore, ma allo stesso tempo migliorano le prospettive economiche di un’industria altamente impattante come quella della carne. Un altro esempio sono i sussidi alle tecnologie di cattura del carbonio (Carbon Capture & Storage) che potrebbero mantenere in funzione infrastrutture fossili più a lungo del previsto.

I (modesti) progressi sul target 18 del Global Biodiversity Framework

L’approvazione nel 2022 del Global Biodiversity Framework (Montreal-Kunming Agreement) alla COP15 Biodiversità include tra le altre cose un obiettivo globale (Target 18) che impegna tutti i governi firmatari a identificare e poi eliminare gradualmente o ridistribuire 500 miliardi di dollari di sussidi ambientalmente dannosi all'anno entro il 2030.

Per ora solo tre paesi firmatari hanno preso l’iniziativa. Nel febbraio 2024 i Paesi Bassi hanno pubblicato un rapporto che valuta gli impatti sulla biodiversità degli incentivi pubblici. La Corte dei conti federale brasiliana sta conducendo un audit sulla riforma statale dei sussidi ambientalmente dannosi, compreso un inventario delle migliori pratiche all'estero. L'Unione Europea ha invece costituito un gruppo di lavoro sulla salute ambientale che ha creato un portale informativo in cui per ogni paese membro viene elencata una serie di sussidi da eliminare. Quelli italiani, che secondo dati risalenti al 2020 ammontano a 21,6 miliardi di euro, interessano diversi settori: dall’esenzione delle accise per gli oli lubrificanti utilizzati in specifici processi industriali alle riduzioni delle accise sui carburanti.

Da lunedì 21 ottobre tutti i riflettori sono puntati sulla COP16 Biodiversità di Cali (Colombia), un appuntamento fondamentale dal quale si potrà valutare la serietà degli impegni presi dai firmatari del Global Biodiversity Framework. Eva Zabey, CEO della coalizione Business for Nature, ha dichiarato che una riforma dei sussidi ambientalmente dannosi è fondamentale per il successo dell'accordo: “Si tratta di una trasformazione dei sistemi sostenuta dalla valorizzazione della natura nel processo decisionale. Esiste un circolo vizioso: più le persone dipendono da questi sussidi, più i sussidi rimarranno e non ci sarà transizione”.

I sussidi positivi per la biodiversità

Una sezione del macro-target 18 del Global Biodiversity Framework elenca una serie di esempi di come reindirizzare i sussidi ambientalmente dannosi verso attività dedicate alla conservazione e all’uso sostenibile della biodiversità: dai pagamenti alle aziende agricole o ai gestori forestali per ripristinare terreni danneggiati, alle tasse ridotte per il rimboschimento, fino all’assegnazione equa dei diritti per acqua e pesca.

Gli autori del report però raccomandano cautela riguardo ai progetti di riforestazione che non producono i benefici ecosistemici desiderati e ai sussidi anti-deforestazione. Erogarli a grandi compagnie “potrebbe sembrare ingiusto”, si legge nel rapporto di Earth Track.

 

Per saperne di più continuate a seguirci: dopo aver coperto nel 2022 i lavori per l’accordo di Montreal Kunming, dal 25 al 2 novembre Materia Rinnovabile sarà a Cali per COP16, unica testata italiana accreditata. La copertura giornalistica è realizzata con il supporto di 3Bee, uniti nel promuovere il progresso delle strategie nazionali per la tutela della biodiversità. Venite a trovarci in sala stampa!

 

Immagine: Envato