Alle 11.49, una quarantina di minuti dall'inizio, è arrivato un brevissimo, l’unico, riferimento al clima della conferenza stampa di Giorgia Meloni, durata quasi tre ore. Christian Mavris, corrispondente dall’Italia per la radio televisione pubblica greca ERT, chiede alla presidente del Consiglio aggiornamenti sullo stato dei rapporti bilaterali con la Grecia e se è in programma la discussione di dossier “scottanti” come difesa comune e lotta all’immigrazione irregolare. E la presidente risponde che quelli “tra Italia e Grecia sono rapporti ottimi”, aggiungendo: “Tra l’altro io e Mitsotakis parliamo di molte materie sulle quali abbiamo un approccio comune: difesa, sicurezza, immigrazione, la messa in sicurezza del territorio di fronte ai continui eventi climatici estremi”. Ecco, tutto qui. Un fugace riferimento all'interno di un contesto molto più ampio e generico.
Certamente cronaca e politica offrono in questi giorni numerosi e vivi spunti di dialogo sui quali infatti si sono concentrate le domande che i giornalisti hanno posto alla premier nella conferenza stampa che avrebbe dovuto essere di fine anno ma, come nel 2024, è diventata di inizio anno. La prima domanda ha infatti comprensibilmente riguardato il ritorno di Cecilia Sala in Italia, avvenuto proprio ieri, mercoledì 8 gennaio. Mentre la maggior parte del dibattito si è svolta attorno a Elon Musk e il caso SpaceX-Starlink. Spazio anche a giustizia, difesa, immigrazione, Piano Mattei, Trump, Ucraina, carceri, papa Francesco, forze dell’ordine, formiche che se schiacciate fanno piovere, Arianna Meloni, sede di Acca Larenzia per cui la premier si dice “contenta che non sia diventata un fast food”. Ma nessuno spazio per clima, ambiente o crisi climatica, temi che pure hanno sempre più peso nelle vicende globali (un nome su tutti: Valencia) ma anche nazionali.
Nel 2024, che si avvia a essere ufficialmente riconosciuto come anno più caldo della storia, sono stati 351 gli eventi meteo estremi che hanno colpito l’Italia. “Un numero in costante crescita negli ultimi dieci anni: nel 2024 ha visto un aumento degli eventi meteo estremi di quasi 6 volte, +485% rispetto al 2015 (quando ne furono registrati 60). A fare la parte del leone in questo 2024 l’aumento dei danni da siccità prolungata (+54,5% rispetto al 2023), da esondazioni fluviali (+ 24%) e da allagamenti dovuti alle piogge intense (+12%), con un’Italia divisa in due tra poca e troppa acqua.”
I dati sono stati diffusi il 29 dicembre dall’Osservatorio Città Clima di Legambiente, che fa anche un elenco puntuale: “134 casi di allagamenti da piogge intense, 62 casi di danni da vento, 46 esondazioni fluviali che hanno causato danni, 34 eventi con danni da siccità prolungata, 30 danni da grandinate, 19 casi di frane causate da piogge intense, 9 danni alle infrastrutture, 8 da mareggiate, 2 al patrimonio storico e 1 caso di temperature record. Il Nord Italia risulta il più colpito con 198 eventi meteo estremi, seguito dal Sud (92) e dal Centro (61)”.
Secondo Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, “il governo Meloni, in oltre due anni di attività, non ha messo in campo nessuna strategia di prevenzione con interventi mirati, che permetterebbero di risparmiare il 75% delle risorse spese per riparare i danni post emergenza, e non ha stanziato i finanziamenti necessari per le azioni prioritarie del PNACC, fondi non previsti neanche nella legge di bilancio appena approvata. Auspichiamo che nel 2025 da parte dell’Esecutivo ci sia un’assunzione di responsabilità diversa nella lotta alla crisi climatica: servono più risorse economiche e interventi su prevenzione, mitigazione e adattamento. È urgente approvare anche una legge per fermare il consumo di suolo, problema affrontato in modo ideologico col DL Agricoltura vietando il fotovoltaico a terra, e il DPR per facilitare il riutilizzo delle acque reflue depurate sui terreni agricoli. Le vere minacce per l’agricoltura italiana sono, infatti, la crisi climatica e la cementificazione, non il Green Deal europeo”.
Giorgia Meloni non ha specificato in conferenza stampa se il suo governo abbia intenzioni o programmi specifici per affrontare la crisi climatica nel 2025. Ma d’altra parte neanche le giornaliste e i giornalisti presenti in sala gliel’hanno chiesto. Su 40 domande, più una finale non programmata, tutte assolutamente legittime, nessuna ha toccato l’argomento neanche alla lontana. Sintomo del fatto che l’informazione italiana ha ancora molta strada da fare verso la consapevolezza su clima e cambiamento climatico.
A dimostrarlo c’è il poco spazio che la crisi climatica occupa sui giornali italiani, l’uso frequente di una terminologia scorretta o inappropriata (come quando chi conduce le previsioni meteo in tv parla di “bel tempo” se a dicembre ci sono 18° a Milano, splende il sole e non piove da settimane), la trasmissione di messaggi sbagliati o fuorvianti al pubblico (come parlare di eventi “eccezionali” in riferimento a siccità o alluvioni che sono invece sempre più frequenti). E molti altri elementi ancora.
Con il 2025 la transizione entra nella sua fase matura, mentre l’umanità è entrata nella seconda metà di una decade cruciale, quella che ci porterà al traguardo del 2030, una data simbolo per i maggiori sforzi nel contrasto alla crisi climatica e nella salvaguardia della salute umana e del pianeta. Un’informazione seria, precisa, affidabile e informata è ora più necessaria che mai.
Immagine: Giorgia Meloni in conferenza stampa © Palazzo Chigi