Tra i contenuti della Direttiva CSRD e degli standard ESRS pubblicati dall’EFRAG per la rendicontazione dei temi di sostenibilità, l’area ambientale è certamente quella più “pesante” da un punto di vista di richieste (sia in termini quantitativi che qualitativi). All’interno delle tematiche ambientali, la questione climatica è senza dubbio quella su cui la Direttiva CSRD chiederà maggiori specifiche. Ma anche lo standard relativo all’economia circolare (ESRS-E5) rappresenta, per i bilanci di sostenibilità, una sfida impegnativa, per diverse ragioni.
In primis perché, a differenza del clima, non esiste un framework consolidato per la rendicontazione dei temi di economia circolare. Per quanto concerne le emissioni di CO2, Il GHG Protocol rappresenta un riferimento estremamente strutturato, non a caso esplicitamente menzionato dallo standard ESRS-E1 sul clima. Benché la materia sia complessa e articolata, la presenza di una metodologia globalmente accettata consente un buon livello di uniformità nell’attività di rendicontazione in termini di emissioni di gas serra. Invece, l’assenza di un corrispettivo per l’economia circolare, associata a un quadro regolatorio ancora magmatico, è portatrice di difficoltà.
Rispetto agli standard di rendicontazione precedentemente usati per i bilanci di sostenibilità (i GRI), l’ESRS-E5 introduce importanti novità, evidenti già dalla sua struttura: alle aziende verranno richieste non solo informazioni rispetto ai materiali in ingresso, ma anche a quelli in uscita (in forma sia di prodotti che di rifiuti).
La disclosure dei flussi di materiale in ingresso (in termini di peso) non è una novità rispetto ai GRI. Con la CSRD, però, si aggiungono ulteriori richieste: saranno infatti da riportare anche le quantità di materie prime biobased che arrivano da una filiera certificata, quelle derivanti da riciclo e quelle che provengono da attività di recupero (come l’utilizzo di sottoprodotti di altre produzioni). L’obiettivo di questa parte di informativa è evidente: esplicitare il livello della sostenibilità delle fonti di approvvigionamento di materie prime e offrire, grazie alla cadenza annuale di pubblicazione del bilancio, dettagli rispetto al miglioramento della performance di circolarità.
Un grosso cambiamento è, invece, rappresentato dall’introduzione della richiesta di informazioni sui beni frutto di attività di produzione. In quest’ambito, non vengono domandate le quantità di flussi in uscita, ma alcune loro caratteristiche qualitative. In particolare: durabilità, riparabilità e tasso di contenuto riciclabile (nei prodotti e nel loro imballaggio). E qui emergono i contatti della CSRD con altri elementi del Green Deal, in particolare con alcuni degli strumenti del Piano d’azione per l’economai circolare (Circular Economy Action Plan).
Il Regolamento ecodesign, in particolare, è un riferimento per tutti gli attributi qualitativi richiesti. Soprattutto, saranno i suoi atti delegati a offrire i parametri per determinare i rating di durabilità e riparabilità al quale lo standard si riferisce, senza però offrire, a oggi, dettagli rispetto alle fonti da consultare. Al Regolamento ecodesign si devono aggiungere, tra i punti di riferimento utili per rispondere allo standard ESRS-E5, anche la Direttiva sul diritto alla riparazione (approvata lo scorso luglio) e il Regolamento packaging (ancora in fase di approvazione) oltre che, per i settori interessati, il Regolamento sulle materie prime critiche e strategiche e il Regolamento batterie.
Tutti strumenti che sono parte del Green Deal, il che dimostra, nuovamente, quanto la disclosure di sostenibilità richiesta dalla CSRD sia saldamente collegata agli obiettivi di sostenibilità UE e quanto gli strumenti per la rendicontazione del livello di circolarità del business sono ancora, di fatto, in fase di strutturazione.
L’ultima richiesta dello standard sull’economia circolare è relativa alle quantità di rifiuti generati, con dettaglio della loro classe di pericolosità e della modalità di gestione (recupero o smaltimento). Di nuovo, l’obbligo di pubblicare annualmente il bilancio consentirà di divulgare l’auspicabile miglioramento della performance, nei termini sia della riduzione dei rifiuti generati e che dell’aumento della quota inviata a recupero.
In conclusione, come tutti gli standard ESRS anche quello sull’economia circolare consente di dotarsi di strumenti di monitoraggio e miglioramento della performance di sostenibilità e di verificare il livello di allineamento con gli strumenti normativi del Green Deal, per quanto sia caratterizzato dalla grossa difficoltà di non poter fare riferimento a una metodologia strutturata e solida. Del resto, la fase che stiamo attraversando si chiama “transizione ecologica” non a caso: un certo livello di indefinitezza è inevitabile e verrà risolto col continuo lavoro di avvicinamento a un reale paradigma di sviluppo sostenibile.
Immagine: Envato