L’occasione l’ha offerta l’inaugurazione di una grande mostra per i 700 anni dalla morte di Marco Polo. Ma la visita della premier Giorgia Meloni in Cina, dal 28 al 31 luglio, aveva altre, più pragmatiche priorità.
Gli incontri di questi giorni a Pechino, con il presidente Xi Jinping e il primo ministro Li Qiang, sono infatti serviti per rilanciare i rapporti economici e commerciali fra Italia e Cina, firmando un Piano d’azione triennale (2024-2027) per il rafforzamento del partenariato strategico fra i due Paesi. Un accordo che arriva a 20 anni giusti dal primo partenariato strategico lanciato da Silvio Berlusconi nel 2004, e che in qualche modo vuole rimediare all’uscita frettolosa dell’Italia dalla nuova Via della Seta (la Belt and Road Initiative), annunciata lo scorso dicembre.

Insomma, come hanno scritto vari osservatori sia italiani che cinesi, si chiamava Belt and Road, ora si chiama Piano d’azione Italia-Cina, ma l’obiettivo è lo stesso: aumentare la presenza italiana sul mercato cinese e attirare investimenti di qualità. 

Dalla Belt and Road al Piano d’azione Italia-Cina

Per inquadrare meglio il significato della visita della premier Meloni in Cina occorre fare un passo indietro. Innanzitutto, si tratta della prima visita ufficiale di un Presidente del Consiglio italiano dalla primavera del 2019, quando fu Giuseppe Conte a partecipare a un forum sulla Via della Seta a Pechino. 
Il governo Conte aveva infatti deciso, nel marzo 2019, di aderire alla Belt and Road Initiative. L’Italia era l’unico Paese del G7 a entrare nella Belt and Road, e in quel momento anche l’unico dell’Europa occidentale insieme al Portogallo. L’idea era appunto quella di rafforzare i rapporti commerciali con il Dragone e avere un maggiore accesso all’enorme mercato cinese per i prodotti Made in Italy.
I piani però non sono andati esattamente nella direzione sperata, visto che, come ha varie volte ricordato Meloni in questi giorni, il rapporto import/export continua a essere fortemente sbilanciato a favore della Cina, che esporta in Italia molto di più di quello che importa dal nostro Paese.

È soprattutto per questo motivo che, nel dicembre 2023, un po’ in sordina, l’Italia è uscita dalla Via della Seta. Non è stata esattamente una “rottura”, quanto piuttosto un mancato rinnovo dell’accordo quadriennale, che sarebbe dovuto ripartire nel marzo 2024, e la notizia è stata comunque poco sbandierata, proprio per il timore di rovinare i legami commerciali con la Cina.
Proprio a questo scopo, prima di annunciare l’uscita dalla Belt and Road, Meloni aveva voluto rilanciare il Partenariato Strategico Globale inaugurato da Berlusconi nel 2004. Quel partenariato che, per l’appunto, ora è andata a ufficializzare con la visita a Pechino e la firma del Piano d’Azione per il rafforzamento del Partenariato Strategico Globale (2024-2027).

In cerca di equilibrio commerciale

“Con questo viaggio lanciamo un Piano d’azione di tre anni per la nostra cooperazione bilaterale, con l’obiettivo di valorizzare il lavoro già fatto ed esplorare nuove forme di collaborazione, lavorando per un bilanciamento dei rapporti commerciali”. Così Giorgia Meloni, nel suo intervento di apertura alla visita ufficiale, ha messo subito in chiaro – ribadendolo poi a ogni occasione in cui ha preso parola in questi giorni – ciò che si aspetta dal nuovo accordo di partenariato con Pechino: equilibrio.

“Le relazioni fra Italia e Cina, nonostante gli shock degli ultimi anni (pandemia e guerra in Ucraina, ndr), si sono dimostrate solide e resistenti”, ha dichiarato ancora la premier, inaugurando il 29 luglio il Business Forum Italia- Cina, di fronte a una platea di manager e industriali italiani e cinesi. “L'interscambio commerciale è cresciuto e si è assestato nel 2023 a 67 miliardi di euro (66,8 miliardi, ndr) con un ampio potenziale ancora inespresso. Non possiamo però nascondere il problema di un forte squilibrio, con grande deficit per l’Italia – ha ripetuto – E vogliamo ora lavorare insieme alle autorità cinesi per andare verso un bilanciamento”.

Fonte: Ministero degli Esteri


La Cina è un partner commerciale strategico per l’Italia: come ricordano i dati del Ministero degli Esteri, la Repubblica Popolare è l’11° mercato di destinazione per l’export italiano (soprattutto prodotti farmaceutici e moda), ma anche il terzo fornitore del nostro Paese (che importa tanti prodotti elettronici, tessile e metalli).
Lo squilibrio è chiaro, ma va anche detto che si sta riducendo. “Il 2023 – si legge sul sito del Ministero – si chiude con un risultato positivo delle esportazioni italiane in Cina, che registrano una crescita tendenziale del 16,8%, attestandosi sulla cifra di 19,2 miliardi di euro. A livello settoriale (...) risultano in crescita rispetto allo stesso periodo del 2022 il settore farmaceutico (+192,1%), il comparto del tessile e l’abbigliamento (+14%) e quello dei macchinari (+0,9%)”. Mentre “nello stesso periodo, il valore aggregato delle importazioni italiane dalla Cina è stato pari a 47,6 miliardi di euro, in calo del 17,8% rispetto al 2022”, con una diminuzione in tutti i principali settori: computer, apparecchi elettronici e ottici (-16,5%), apparecchi elettrici (-6,9%), prodotti tessili (-23%), sostanze e prodotti chimici (-11,1%), macchinari e apparecchiature (-20,1%).

Cosa chiede Meloni, cosa si aspetta Xi Jinping

Chiarita la situazione di partenza, cosa dice dunque il nuovo accordo di partenariato fra Italia e Cina?

L’esordio, un po’ retorico, richiama le antiche relazioni culturali e commerciali fra i due Paesi e riecheggia l’anniversario di Marco Polo: “Italia e Cina – si legge nella prima pagina del documento – intendono mantenere lo slancio delle loro relazioni bilaterali, anche nello spirito della antica Via della Seta che da millenni, a partire dalle antiche rotte commerciali, incarna l’apertura al dialogo e la reciproca conoscenza fra civiltà orientale e occidentale, e promuoverne lo sviluppo ad un livello più elevato, perseverando nella pace e nella cooperazione”.
Poi però si va al sodo: “Le parti riconoscono l’importanza che Cina e UE si impegnino per rendere le relazioni commerciali bilaterali più certe, prevedibili, equilibrate e reciprocamente vantaggiose e a tal fine intendono continuare a lavorare per assicurare parità di condizioni per le rispettive aziende”.

La parità, viene poi specificato, va perseguita attraverso l’impegno a migliorare le condizioni di accesso al mercato cinese e a proteggere la proprietà intellettuale.
Si parla poi di cooperazione su vari settori strategici, in primis l’automotive (in particolare i veicoli elettrici), le rinnovabili, le nuove tecnologie, ma anche “la cantieristica navale, l’aerospaziale, l’intelligenza artificiale”, come ha specificato il premier cinese Li Qiang nel colloquio con Meloni. Insomma, quelle “nuove forze produttive di qualità” su cui il piano di riforme di Xi Jinping sta puntando fortemente per risollevare l’economia del Dragone, come ribadito una decina di giorni fa durante il Terzo Plenum del Partito Comunista Cinese.

Infine, la finanza. Anche qui Meloni vorrebbe ridurre il disequilibrio, visto che, come ha precisato nel suo discorso al Business Forum, “gli investimenti cinesi in Italia sono oggi circa un terzo di quelli italiani in Cina”. “È un divario che ci piacerebbe colmare nel modo giusto – ha detto la premier – Stiamo lavorando perché l’Italia sia sempre più una destinazione equa, competitiva e attraente per le imprese globali, e il memorandum di collaborazione sottoscritto è un passo significativo in questa direzione”. 

Se la posizione tenuta dalla Presidente del Consiglio Meloni durante tutta la visita si può riassumere nella richiesta alla Cina di non essere troppo ingombrante e stare nelle regole di un mercato più equilibrato, anche il Presidente Xi Jinping aveva però qualcosa da chiedere.
“Si spera che l’Italia comprenda e sostenga la filosofia di sviluppo della Cina, e svolga un ruolo costruttivo nel promuovere un dialogo e una cooperazione rafforzata tra Cina e Unione Europea”, ha detto Xi alla premier italiana, come riportato dal South China Morning Post. All’Italia si chiede in pratica di fare da ponte fra Cina ed Europa, cercando di smorzare le posizioni protezionistiche di quest’ultima (vedi il recente aumento dei dazi sulle auto elettriche), che molto preoccupano Pechino.
Un compito che il presidente cinese ammanta di un significato storico-culturale, esortando – complice l’eredità di Marco Polo che aleggiava sulla visita ufficiale della delegazione italiana – a “sostenere e portare avanti lo spirito della Via della Seta”.


Immagine di copertina: Pechino, 29/07/2024 - La presidente Meloni incontra il presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping (governo.it)