Non ci sarà una nuova miniera di rame su larga scala e a cielo aperto nel Lower Zambezi National Park. Il 28 agosto l’Agenzia per l’ambiente dello Zambia (ZEMA) ha revocato la licenza mineraria concessa nel 2021 per il sito di Kangaluwi alla Mwembeshi Resources Limited. Il blocco definitivo al progetto, del valore di 494 milioni di dollari, arriva a due mesi dall’ordine della ZEMA alla compagnia di sospendere immediatamente le proprie attività nel distretto di Luangwa per ragioni ambientali.
L’economia dello Zambezi
Il Lower Zambezi National Park è parte integrante del bacino del fiume Zambezi, che a valle scorre anche in Zimbabwe e Mozambico. Lo Zambezi è la più importante risorsa condivisa della regione e contribuisce allo sviluppo economico, ambientale e sociale di oltre 250 milioni di persone dell'Africa meridionale. Proprio per queste ragioni il governo dello Zambia durante la UN Water Conference 2023 aveva deciso di aderire alla Freshwater Challenge ‒ iniziativa promossa anche da Colombia, Repubblica Democratica del Congo, Ecuador, Gabon, Messico ‒ per ripristinare nel mondo 300.000 chilometri di fiumi e 350 milioni di ettari di zone umide.
Secondo gli attivisti di Save Zambezi, Safe Zambezi, l'inquinamento fluviale causato dalla miniera avrebbe messo a rischio non solo l’ecosistema, ma anche la pesca di sussistenza lungo le rive dello Zambezi, che fornisce cibo e proteine a 20.000 persone.
Le violazioni della miniera
“La lettera della ZEMA che illustra le condizioni violate dalla miniera dimostra che questa non stava operando in buona fede e in conformità con gli standard stabiliti”, ha detto Maurice K. Nyambe, Executive Director di Transparency International Zambia, commentando la revoca della licenza mineraria. “Dimostra inoltre che la compagnia mineraria non ha avuto alcun riguardo per l'ambiente sensibile in cui operava, essendo un'area designata come parco nazionale. Ciò dimostra anche che il progetto minerario non aveva alcuna intenzione di onorare gli impegni assunti nella Dichiarazione di impatto ambientale e nella lettera di decisione emessa dalla ZEMA.”
Le condizioni violate – si legge in un comunicato del WWF ‒ prevedevano che la Mwembeshi Resources si astenesse dal realizzare strutture permanenti nel Parco senza un'autorizzazione preventiva, che presentasse valutazioni di impatto ambientale per il trattamento dell'acqua, lo stoccaggio del combustibile e il trattamento delle acque reflue e che presentasse un programma di monitoraggio completo alla ZEMA.
Il ruolo della società civile dello Zambia
Fondamentale nella vicenda il lavoro di pressione della società civile, come nel recente caso del referendum che in Amazzonia ha portato al blocco di nuovi pozzi petroliferi nel Parco Yasunì, in Ecuador. WWF, Conservation Advocates Zambia e Conservation Lower Zambezi fin dal primo parere ambientale positivo della ZEMA arrivato nel 2021 hanno infatti lavorato duramente per evidenziare gli impatti negativi che la miniera di rame avrebbe avuto sul parco e sul fiume, oltre che sulle persone e sulla natura che dipendono da esso.
"La ZEMA e il governo hanno preso la decisione giusta", ha dichiarato la direttrice nazionale di WWF Zambia Nachilala Nkombo. "È una vittoria per le comunità locali che dipendono dall'agricoltura, dalla pesca e dal turismo per il loro sostentamento in Zambia e nei Paesi vicini come Zimbabwe e Mozambico, per non parlare dell'ambiente e della fauna selvatica in queste aree", ha aggiunto Nkombo.
L'ecoturismo nell'area del Lower Zambesi National Park dipende infatti in gran parte dalle risorse rinnovabili garantite dall’habitat e contribuisce in modo significativo all’economia locale e nazionale. Gli stabilimenti turistici del parco e delle aree circostanti danno lavoro a più di 1.000 persone locali, generando un indotto di 4 milioni di dollari all'anno.
Estrazione di rame in Zambia e transizione energetica
Il rame è il metallo dell’elettrificazione ed è essenziale per tutti i piani di transizione energetica. Nel giugno 2022 il report The Future of Copper sottolineava come il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione implicano un potenziale raddoppio della domanda di rame entro il 2050. Tradotto: nuove alleanze commerciali e nuove estrazioni, che però non sempre rispettano criteri ambientali.
La revoca in Zambia della licenza mineraria alla Mwembeshi Resources Limited non è infatti il primo caso significativo del 2023. A gennaio il governo cileno bloccava il progetto di estrazione di rame e ferro di Dominga, dal valore stimato in 2,5 miliardi di dollari. Tra le motivazioni gli impatti sulle risorse idriche, sulla fauna selvatica, sulla qualità dell’aria e sulle aree marine protette del Cile, il maggiore produttore di rame al mondo.
La decisione è arrivata sei mesi prima del memorandum d'intesa firmato tra l'UE e il Cile per un partenariato su catene del valore sostenibili per le materie prime. Accordo raggiunto sotto l’egida del Global Gateway, tassello dell’autonomia strategica europea che in materia di ricerca e innovazione – e approvvigionamenti anche di minerali critici e non, come il rame ‒ porterà rispettivamente 45 miliardi di euro di investimenti in America Latina e 150 miliardi nel continente africano, Zambia incluso.
Il blocco dei due megaprogetti, in Zambia e in Cile, danno quindi un segnale di cambiamento: se vorrà compiere una transizione (energetica e giusta) il Nord globale deve togliersi il paraocchi.
Immagine: Tom Chiponge, Pexels