Difesa, aerospazio, decarbonizzazione. La ripartenza dell’industria europea passa dalle materie prime, soprattutto quelle più a rischio di fornitura. Per questo, in attuazione del Critical Raw Materials Act (CRMA), entrato in vigore a maggio 2024, il 25 marzo la Commissione europea ha selezionato 47 progetti strategici in 13 stati membri. L’obiettivo è rafforzare le filiere europee di materiali come litio, nichel, cobalto e grafite e ridurre la dipendenza da fornitori esterni.

La strategia punta, infatti, a coprire entro il 2030 almeno il 10% della domanda europea con l’estrazione interna, il 40% con la raffinazione e il 25% con il riciclo. "Questo è un momento storico per la sovranità europea come potenza industriale", ha dichiarato Stéphane Séjourné, vicepresidente esecutivo per la prosperità e la strategia industriale.

Dei progetti selezionati, 25 riguardano l’estrazione, 24 la trasformazione, 10 il riciclo e 2 la sostituzione dei materiali critici, coprendo 14 delle 17 materie prime strategiche individuate dal CRMA.

Tra i paesi coinvolti − oltre a Belgio, Estonia, Repubblica Ceca, Grecia, Svezia, Finlandia, Portogallo, Polonia e Romania − ci sono anche Italia, Francia, Germania e Spagna. E proprio l’Italia si distingue nel riciclo: quattro dei dieci progetti europei riconosciuti strategici in questo ambito sono nel nostro paese, in Veneto, Toscana, Lazio e Sardegna.

Secondo il ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, “i progetti italiani che hanno ottenuto il riconoscimento di progetti strategici confermano il forte orientamento del nostro paese verso la circolarità, la valorizzazione e l’uso efficiente delle risorse”.

Bruxelles seleziona 47 progetti strategici: e ora?

Molti dei progetti puntano su litio, nichel, cobalto, manganese e grafite, materie prime decisive per le batterie. Un messaggio chiaro dopo il caso Northvolt, che ha fatto tremare la filiera europea e mostrato quanto la dipendenza dall’esterno resti un rischio concreto.

Inoltre, altri progetti strategici che riguardano il magnesio (1 progetto) e il tungsteno (3 progetti) contribuiranno alla resilienza dell'industria della difesa dell'UE. In quanto strategici, spiega la Commissione in un Q&A, i 47 saranno considerati progetti di “interesse pubblico”, mentre il loro processo di rilascio dei permessi “dovrebbe essere limitato a 27 mesi per i progetti di estrazione e a 15 mesi per i progetti di lavorazione o riciclo”.

Nell’ottica della Commissione, lato investimenti ciò dovrebbe aumentare “la prevedibilità per i promotori dei progetti”, che potranno beneficiare di "sportelli unici" nei rispettivi stati membri, unici interlocutori per la durata del processo di rilascio delle autorizzazioni.

“Per garantire il successo di questi progetti strategici, dobbiamo fornire permessi efficienti, incentivi agli investimenti e soluzioni orientate all'innovazione”, ha detto Rolf Kuby, direttore generale di Euromines. “L'Europa deve essere onesta riguardo al proprio fabbisogno di materie prime e al proprio contributo per sostenere le catene di valore strategiche.”

L’organizzazione, che rappresenta l’industria estrattiva europea di metalli e minerali, in un comunicato ha subito invitato “stati membri e autorità nazionali competenti ad accelerare le procedure di autorizzazione”.

I progetti strategici selezionati saranno ora discussi dal sottogruppo di finanziamento del Comitato per le materie prime critiche, che riunisce Commissione e stati membri, che valuterà come completare il loro finanziamento coinvolgendo fondi pubblici e privati. Al tavolo siedono istituti nazionali di promozione, la BEI, la BERS e istituzioni finanziarie private.

Ogni progetto potrà anche accedere ai fondi di sviluppo e coesione, gestiti da autorità regionali e nazionali, secondo il nuovo regolamento sulla Piattaforma per le tecnologie strategiche per l'Europa (STEP). La Commissione infine avrà il compito di vigilare sull’effettiva realizzazione delle iniziative finanziate.

Contro i dazi USA l’Europa spinge sul Global Gateway

Le risorse già presenti nel Vecchio Continente (estratte o meno) non basteranno a soddisfare i volumi di materiali necessari a transizione verde e digitale, senza menzionare la (prima?) spinta da 800 miliardi di euro in armamenti del ReArmEu, già ribattezzato Readiness2030.

Da tempo l’Europa guarda quindi oltre i suoi confini per approvvigionarsi da altre parti del mondo. Fino a oggi l’UE lo ha fatto principalmente attraverso due iniziative: aderendo alla Mineral Security Partnership a guida USA e attraverso il Global Gateway, il piano di investimenti da 300 miliardi di euro per nuove infrastrutture nei paesi in via di sviluppo che l’UE ha lanciato nel 2021, diventato nel tempo delivery mechanism del CRMA.

È presto detto, oggi, quale delle iniziative sembra dare più sicurezza a Bruxelles: nei giorni in cui Trump e il suo VP Vence sono d’accordo sulla definizione di “Europa parassita” (rivelata grazie a chat del Pentagono con i piani di guerra in Yemen condivisa per errore con il direttore del The Atlantic) il commissario UE Síkela era in missione a Est per rafforzare il partenariato UE-Asia centrale.

"L'Asia centrale e l'Unione Europea sono partner solidi e la nostra cooperazione è in crescita”, ha dichiarato Síkela. “Ma vedo un potenziale ancora più grande da sbloccare. […] Ho promosso i progetti Global Gateway, concepiti per creare posti di lavoro, sbloccare opportunità commerciali, ampliare l'accesso a internet sicuro e ad alta velocità, all'energia pulita e ai servizi essenziali, incrementando al contempo gli scambi commerciali tra l'Asia centrale e l'Europa. Questi sforzi rafforzeranno la sicurezza economica dell'Europa, diversificheranno le catene di approvvigionamento e contribuiranno alla prosperità e alla stabilità sostenibili in entrambe le regioni."

Va peraltro ricordato che rispetto a materie prime lo status di “progetto strategico” potrà essere riconosciuto anche a iniziative extra UE, se rispettano i criteri previsti dal CRMA. Sono già 46 le candidature arrivate da paesi terzi e la loro valutazione avverrà in una fase successiva.

La società civile lamenta trasparenza

Il processo di selezione dei progetti strategici, dentro e fuori dall’UE, non convince la società civile. European Enviromental Bureau EEB, la più grande rete europea di ONG ambientaliste, attraverso un comunicato mette in guardia, sostenendo che l'attuale processo di selezione rischia di ignorare i diritti delle comunità colpite e di scatenare potenzialmente proteste anti-minerarie. Il richiamo è a valori fondamentali dell’UE (“diritti umani, diritto internazionale e responsabilità ambientale”).

Robin Roels, coordinatore per EEB della Coalizione dell'UE per le materie prime, teme che la mancanza di trasparenza nel processo non solo comprometta il controllo democratico, ma metta anche in discussione gli impegni assunti dall'UE con la Convenzione di Aarhus, che tutela la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale: "La selezione poco trasparente dei progetti strategici mina gravemente la fiducia dei cittadini nella strategia dell'UE per le materie prime. Se l'UE è seriamente intenzionata a realizzare una transizione equa e sostenibile, deve aprire questo processo a un vero controllo e garantire che le voci delle comunità siano ascoltate. La società civile, le popolazioni indigene, le comunità locali colpite e gli esperti indipendenti sono stati ampiamente esclusi dal processo decisionale, rendendo poco chiara la valutazione e la definizione delle priorità dei progetti. Nonostante le ripetute richieste, l'elenco completo dei candidati ai progetti e i criteri di valutazione non sono stati resi noti."

È invece Yblin Román Escobar, consigliere politico della Coalizione SIRGE, a ricordare che "con il 54% dei minerali della transizione energetica situati nelle terre indigene o in prossimità di esse, l'UE deve garantire il pieno rispetto dei diritti all'autodeterminazione e alla FPIC [consenso libero, preventivo e informato, ndr] delle popolazioni indigene, sia all'interno che all'esterno dei confini europei”.

Infine, anche la responsabilità delle imprese preoccupa. “Durante i negoziati del processo legislativo della legge sulle materie prime critiche, le preoccupazioni relative a standard troppo deboli in materia di diritti umani e ambiente sono state messe a tacere con riferimento alla direttiva sulla due diligence di sostenibilità aziendale”, commenta Johanna Sydow, responsabile della Divisione politica ambientale internazionale della Fondazione Heinrich Böll. E aggiunge: “Tuttavia, il pacchetto Omnibus recentemente proposto dalla Commissione europea indebolisce in modo significativo questi criteri minimi per le importazioni nel settore delle materie prime. Ciò è particolarmente allarmante data la storia del settore e rappresenta una minaccia a lungo termine per la sicurezza umana e nazionale. Questo indebolimento mina la credibilità dell'UE nel perseguire standard elevati".

 

In copertina: Stéphane Séjourné fotografato da Bogdan Hoyaux, © European Union, 2025