Lunedì 21 ottobre inizia a Cali, Colombia, il sedicesimo round negoziale sulla biodiversità, dopo l’approvazione nel 2022 del Global Biodiversity Framework (Montreal-Kunming Agreement), il nuovo quadro globale per fermare la perdita di natura e biodiversità. L’obiettivo della COP16 Biodiversità – come ha deciso di chiamarla questa testata per distinguerla dal track negoziale COP Clima (la 29 si terrà a novembre a Baku) e dalla COP Desertificazione (la 16 si terrà a dicembre a Riad) – è fermare la perdita di natura incontrollata ed evitare nuove crisi, ben più gravi della crisi finanziaria del 2008 o della pandemia da Covid-19.

Nello specifico i negoziatori a COP16 dovranno valutare l’avanzamento sui National Biodiversity Strategies and Action Plans (NBSAPs, i piani d’azione sulla biodiversità dei singoli paesi), cercare un accordo sulle risorse finanziarie per sostenere la conservazione e il ripristino della natura, definire le questioni relative all’accesso alle risorse genetiche e alla giusta ed equa condivisione dei benefici derivanti dal loro utilizzo, (noto anche come DSI, Digitial Sequence Information), definire nuove metodologie e metriche di rendicontazione e monitoraggio trasparente dei progressi all’interno del GBF.

Dal punto di vista dell’architettura negoziale si cercherà anche di portare i negoziati sul clima e sulla biodiversità a un punto di convergenza, dato che la transizione necessaria per fermare il cambiamento climatico non può avvenire senza una transizione che protegga la biodiversità e la natura. In questo senso si dovranno allineare meccanismi finanziari, MRV (monitoraggio, rendicontazione, verifica) in ottica di piena trasparenza, revisione (e possibile fusione) degli NDCs e NBSAPs, framework post-2030, data di scadenza del GBF e di revisione dell’Accordo di Parigi.

Sebbene la presenza dei media sia limitata (con una sola testata italiana registrata al momento, Materia Rinnovabile), si segnala una partecipazione di aziende e società civile più ampia di quella di Montreal nel 2022, quando venne firmato lo storico Montreal-Kunming agreement.

NBSAP, impegni in arrivo?

Se cresce l’interesse sull’azione per la biodiversità da parte del mondo delle aziende, rimane tiepida la partecipazione dei governi al GBF. Secondo la segretaria esecutiva della Convenzione per la tutela della biodiversità, Astrid Schomaker, a oggi 16 ottobre solo “29 paesi hanno presentato alla convenzione piani o strategie nazionali per la biodiversità”, i cosiddetti NBSAP. “Ma siamo fiduciosi che ne arriveranno altri, e che questi giorni di confronto serviranno a stimolare i paesi a farlo”, ha aggiunto all’apertura del segmento del Subsidiary Body of Implementation, il corpo per l’applicazione operativa del GBF. Ben tre dei paesi del G7 non hanno pubblicato nuovi impegni nazionali: Germania, UK e USA, che sono anche l’unico paese industrializzato fuori dal Global Biodiversity Framework, una vergogna per la presidenza Biden e in cui la candidata Kamala Harris non ha mai fatto menzione di voler entrare.

Solo cinque dei 17 "paesi megadiversi" (che insieme ospitano il 70% della biodiversità mondiale) hanno presentato nuovi impegni per affrontare la perdita di natura. Tra i mancanti: Perù, Brasile (che dovrà ospitare la COP30 sul clima il prossimo anno) e la stessa Colombia (che potrebbe però farlo a sorpresa insieme a Lula durante la prima settimana di COP16 come messaggio politico, secondo una fonte brasiliana a conoscenza dei fatti). Assenti tutti e sei i paesi che si spartiscono il bacino del Congo, la seconda più grande foresta pluviale del mondo dopo l’Amazzonia.

“Va sottolineato che ciò non è sempre dovuto a scarsa ambizione”, spiega Schomaker. “Molti governi non hanno materialmente potuto aggiornare le loro strategie e i piani d'azione nazionali per la biodiversità a causa di circostanze politiche o di finanziamenti che stavano aspettando. Quindi la mancanza di queste strategie non dovrebbe essere un'indicazione dell'assenza di ambizione a livello nazionale. Ma per dare credibilità al processo dobbiamo vedere i governi presentarsi alla COP16 e dimostrare come intendono attuare a livello nazionale i piani di tutela per la biodiversità”. Un invito ai giornalisti inviati a Cali per fare pressione sulle proprie delegazioni.

“È promettente vedere che, almeno sulla carta, i principi di conservazione inclusiva su cui è stato forgiato l'accordo rimangono al centro del quadro durante l'attuazione a livello nazionale”, spiega Lin Li, Senior Director delle politiche globali e l'advocacy del WWF. “I piani vengono in gran parte elaborati con la consultazione e la partecipazione della società civile, del mondo accademico, delle popolazioni indigene, delle comunità locali e di altri detentori di diritti, nonché del settore privato, più che in passato. A tal fine, tuttavia, è fondamentale affrontare anche i fattori che determinano la perdita di biodiversità, eliminando il consumo eccessivo e riformando i dannosi modelli commerciali e finanziari che, come sappiamo, stanno erodendo i diritti delle popolazioni indigene e delle comunità locali."

Finanza per la biodiversità

I target sono noti: serve movimentare 200 miliardi di dollari l’anno in nuove risorse economiche entro il 2030, redistribuire 500 miliardi di dollari derivati da sussidi dannosi per la natura, creare dei meccanismi economici relativi all’accesso alle risorse genetiche e alla giusta ed equa condivisione dei benefici derivanti dal loro utilizzo, noti anche come DSI, Digital Sequence. Queste risorse dovrebbero servire per sostenere i paesi in via di sviluppo nel promuovere l’agro-ecologia, ridurre gli impatti delle sostanze chimiche nel suolo, proteggere o ripristinare le aree naturali terrestri e marine.

Per i paesi in via di sviluppo la mobilitazione dei 200 miliardi ha lo stesso peso della finanza climatica all’interno dell’Accodo di Parigi (si discuterà del nuovo goal collettivo proprio a COP29). Sono risorse fondamentali per trasformare la propria economia e rendere i propri paesi resilienti, ma soprattutto rafforzare il ruolo della natura come carbon sink a livello globale. Da qua anche la necessità di trovare sempre più punti di contatto con la track negoziale climatica.

“Essenzialmente, ci sono tre tipi di strumenti a cui si può pensare per raggiungere l’obiettivo dei 200 miliardi l’anno, oltre gli impegni di finanza pubblica”, spiega l’economista Vera Songwe, una degli intellettuali di riferimento della finanza climatica e per la biodiviersità. “Il primo è il debt-for-nature swap, cioè prevedere l'acquisto di debito estero, la sua conversione in valuta locale e l'utilizzo dei proventi per finanziare le attività di conservazione. Oggi sono stati convertiti poco più di 3 miliardi di dollari, ma il debt-for-nature swap potrebbe essere molto più alto.”

Il secondo è quello dei green bond, in particolare nei mercati emergenti, dove questi strumenti non sono ancora standardizzati e permane il problema del greenwashing, cioè che i proventi non siano usati in modo giusto. “Per questo serve una tassonomia globale, che eviti che questi strumenti abbiano dei costi più alti nei paesi meno industrializzati ma dove c’è il più alto tasso di biodiversità, specie in America Latina e Africa.” Il terzo pilastro secondo l’economista è quello di rafforzare le Banche multilaterali di sviluppo – come la Banca mondiale o il Fondo monetario internazionale, trasformandole in banche per il clima e la natura rette da finanziamenti provenienti dai paesi sviluppati per sostenere i piani di transizione. La speranza è trovare un chiaro riferimento a questi strumenti nel documento finale.

Obiettivo: pledge e DSI

Intanto entro il 2025 ci si aspettano pledge di finanza pubblica e privata per almeno 20 miliardi di dollari che i vari paesi dovranno presentare, almeno in parte, durante le due settimane di negoziato. Per il momento l’Italia, che sarà rappresentata dal sottosegretario Claudio Barbaro, non ha rivelato se farà annunci di impegni finanziari. Per molti osservatori sarà interessante capire cosa farà la Cina, se metterà risorse a disposizione, dando un segnale di essere intenzionata a voler iniziare la transizione dalle file dei paesi in via di sviluppo a quelli industrializzati, come fatto lo scorso anno da Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita.

C’è fiducia per l’approvazione dell’operatività del meccanismo multilaterale per la giusta ed equa condivisione dei benefici derivanti dall'uso delle informazioni sulle sequenze digitali delle risorse genetiche (DSI, Digitial Sequence Information), compresa la creazione di un fondo dedicato per raccogliere e sborsare le risorse generate. Il DSI dovrebbe mobilitare nuovi flussi di finanziamenti aggiuntivi per le azioni a favore della biodiversità in tutto il mondo, a sostegno dei tre obiettivi generali della Convenzione: la conservazione della diversità biologica, l'uso sostenibile dei suoi componenti e la giusta ed equa condivisione dei benefici derivanti dall'uso delle risorse genetiche.

 

Per saperne di più continuate a seguirci: dopo aver coperto nel 2022 i lavori per l’accordo di Montreal Kunming, dal 25 al 2 novembre Materia Rinnovabile sarà a Cali per COP16, unica testata italiana accreditata. Venite a trovarci in sala stampa!

 

In copertina: Astrid Schomaker © SBI-5 Press Conference