Ci sarà un bel clima. Questa è un’affermazione di futuro, positiva e anti-catastrofista, che muove un piccolo ma agguerrito gruppo di attivisti climatici che si dice “convinto che la chiave della transizione ecologica stia nella comunicazione e nel contatto, nella diffusione di messaggi onesti e responsabili, nella creazione di sentimento di coesione e positività". Lo scorso weekend il collettivo Ci sarà un bel Clima ha provato a dare un contributo all’eterna domanda di creare consenso politico per accelerare sulla lotta al cambiamento climatico.
Lontano dai clamori mediatici (ma non dall’attenzione della Digos) hanno invitato tutte le forze associative, della società civile e degli attivisti per il clima agli Stati Generali dell’Azione per il Clima, un percorso di confronto e consolidamento per capire quali strade percorrere per tenere alta la pressione sul governo, sui media e sull’industria italiana sulla crisi climatica.
Chi c'era agli Stati Generali dell'Azione per il Clima
Gli Stati Generali del Clima hanno riunito una settantina di persone, per tre giorni all’interno del Campo Base Festival, una bellissima iniziativa che da anni richiama amanti della montagna e della natura in Val d’Ossola. Un gruppo composto soprattutto da donne e giovani, in particolare del nord Italia, ma non mancavano gruppi del sud e qualche partecipante canuto.
Tra le sigle presenti Fridays For Future, Extinction Rebellion, Action Aid, CAI giovani, Cittadini sostenibili APS, Fiab Torino Bike Pride, Fantapolitica!, Italian Climate Network, Women in Nuclear, Outdoor Manifesto, Rete Climatica Trentina, Terra!, Change for Planet ma anche tante altre.
Rumorose però le assenze. Oltre al no di Ultima Generazione (concentrati sulle proprie strategie di disobbedienza civile), non c’era nessuna delegazione dei nomi storici dell’ambientalismo come Legambiente (che rimane interessato, dicono), Greenpeace, WWF Italia o FAI-Fondo Ambiente Italiano (a cui però l’invito pare essere stato mal indirizzato).
L’inizio di un percorso per “unire e organizzare”
Certo i tentativi di creare reti e fare gruppo non sono mancati negli ultimi anni: dalla Alleanza per la Transizione Ecologica (che ha dato vita ad AVEC, la rete Alleanza Verdi e Civici) al gruppo PER (Patto Ecologista e Riformista), passando per varie iniziative politiche, partitiche, civiche (ah, gli Arancioni di Pisapia, li ricordate!?). I prodromi li troviamo addirittura nel lontano 2013 con il Global Power Shift, i primi stati generali globali sull’azione climatica, che vedevano solo qualche sparuto attivista italiano.
Tuttavia rimane ferma e centrale – e fondamentale – la volontà di sostenere in maniera allargata una proposta politica su mitigazione e adattamento, attraverso il sostengo di azioni concrete (stop ai sussidi fossili, decarbonizzare gli investimenti, rafforzamento del PNIEC, etc). Unire e organizzare è il mantra ripetuto nei tre giorni.
“In un momento di calo di attenzione dell’attivismo del clima, gli Stati Generali del Clima sono stati un grande risultato, specie in un luogo così decentrato come la Val D’Ossola”, dice Clara Pogliani, una delle organizzatrici degli Stati Generali. “È l’inizio di un percorso che ne prossimi mesi creerà tavoli per avanzare una proposta politica su vari temi emersi dai lavori con i partecipanti e che sarà poi valutata delle forze politiche”.
Gli Stati Generali del Clima guardano a sinistra
Nelle pause caffè o negli spazi della festa di Campo Base si ascoltano discorsi di tutti i tipi. Si parla di nuove forze politiche (“un partito per il clima”), di sodalizi con Verdi e M5S, di difficoltà con il Partito Democratico (“Elly non ha iniziato ancora ad affrontare il tema”) nonostante l’apprezzamento per la Segretaria e per la portavoce sul clima, Annalisa Corrado. I più sottolineano l’aperto contrasto con i partiti di Governo e la necessità di tavoli e gruppi di azione a livello territoriale (uno degli obiettivi degli Stati Generali).
L’età media è bassa, in tanti sono alla prima esperienza civica e pochi conoscono la storia dell’ambientalismo climatico. C’è chi spinge per istanze comuniste e chi è pro nucleare, c’è chi evoca la necessità di costituirsi come partito, c’è chi chiede maggiore parola alle donne, c’è chi osserva e scuote la testa per un film già visto e senza happy ending e chi dice che il finale “sarà un bel clima”.
Il prossimo passo
C’è energia, tanta, e questa va sempre bene. Dà la misura di una base ambientalista nuova e vivace, con tante teste che saranno parte attiva della nostra società nelle molteplici sfide della transizione ecologica, come lo sono oggi coloro che furono attivisti alle COP dieci anni or sono.
Ora il prossimo passo dovrebbero farlo altri Stati Generali. Magari quello della Green Economy di Edo Ronchi invitando questi giovani a un confronto con il mondo economico a novembre a Ecomondo. Magari le grandi associazioni che hanno i loro gruppi di coordinamento già esistenti e che potrebbero aprire anche ad altre associazioni di base provenienti dai territori e pensare un grande momento di coordinamento prima di COP28 a Dubai.
Copione già visto o azione efficace?
La destra ha scelto l’anti-ambientalismo (e il climanegazionismo) come battaglia campale politica in vista delle europee, impostando un messaggio unito e coeso (“la decarbonizzazione distruggerà l’economia e la società”). E allora è tempo di rispondere con un messaggio unito e coeso, frutto di compromesso, che riunisca qualsiasi forza a essa antagonista, dai liberali ai Verdi, dai movimenti alla grande industria (green). Non si può contrastare la destra affidandosi solo a forze di minoranza oppure ignorando la base e le forze civiche. Men che meno serve l’ennesimo partitino da 0,4%.
Gli Stati Generali del Clima sono una nuova, ennesima, chiamata all’azione. Vedremo un copione già scritto di processi e movimenti destinati a svanire come la neve al sole (nell’epoca delle temperature record) o inizierà realmente un processo politico legato alla risoluzione della crisi climatica davvero agglutinante, efficace, allargato?
Immagine: Gabriele Ruffato, Stati Generali del Clima