Tre miliardi per tre mesi, divisi equamente tra famiglie e imprese. Il governo affronta l'emergenza del caro energia con un provvedimento che allarga la platea del Bonus sociale alle famiglie vulnerabili e spartisce le risorse tra aziende energivore e PMI in difficoltà dopo che nelle ultime settimane il prezzo del gas ha raggiunto un picco di 59 euro per megawattora.

Il Decreto bollette, le cui risorse non causeranno maggiore indebitamento e deficit, doveva arrivare sul tavolo del Consiglio dei ministri martedì 25 febbraio, ma la presidente del consiglio Giorgia Meloni ha rinviato tutto alla mattina di oggi, venerdì 28, dopo aver giudicato la bozza inefficace.

Il Decreto bollette alza la soglia ISEE

Col nuovo Decreto bollette, ai cittadini più vulnerabili vengono destinati 1,6 miliardi euro. Il nuovo testo alza la soglia ISEE di accesso da 9.530 a 25.000 euro, con un meccanismo a scaglioni in base al quale le fasce ISEE più basse riceveranno un aiuto più consistente.

Considerato l’obiettivo di concentrare il più possibile le risorse nel breve periodo, la durata degli interventi si riduce a 3 mesi, rispetto ai 6 ipotizzati inizialmente. Una strada suggerita anche dalle simulazioni che prevedono un calo dei prezzi del gas, anche sulla spinta di una possibile pace in Ucraina e una diminuzione della domanda in estate.  

“Con questo intervento le famiglie con reddito fino a 25.000 euro di ISEE potranno contare nel prossimo trimestre su un sostegno di circa 200 euro se ne faranno richiesta”, ha dichiarato la premier Meloni. “Il contributo salirà fino a 500 euro per chi ha già i requisiti per il Bonus sociale, quindi i nuclei fino a 9.530 euro."

Per quanto riguarda le imprese, invece, sono erogati 1,4 miliardi di euro, di cui 600 milioni ricavati dalle aste del meccanismo ETS (Emission Trading System), che possono essere usati per compensare i costi indiretti dell’ETS e promuovere la decarbonizzazione dei settori hard to abate. Ma il problema è strutturale.

Annullare il differenziale tra gli indici che fissano il prezzo del gas

Negli ultimi 12 mesi infatti la quotazione del gas naturale è più che raddoppiata, superando la soglia dei 50 euro per megawattora a fine gennaio. I principali fornitori di gas metano in Europa usano come riferimento l’indice Title Transfer Facility (TTF), un mercato virtuale per lo scambio del gas naturale all'ingrosso.

In Italia viene invece preso come riferimento l’indice PVS, che a febbraio ha registrato un differenziale di 2 euro al MWh rispetto al TTF, spread che riflette soprattutto i costi di trasporto.

Nelle scorse settimane diversi esponenti del governo hanno puntato il dito su “fenomeni speculativi” nella formazione del prezzo dell’indice TTF, invitando Bruxelles a “correggere un meccanismo che incide in modo anomalo sui costi energetici di famiglie e imprese e sulla competitività delle industrie europee”.

Ma Federico Boschi, capo del Dipartimento energia del MASE, in una tavola rotonda con le industrie energivore del paese ha messo in guardia: “Attenti a parlare di spinte speculative, perché distoglie dall’affrontare il vero problema. Siamo condannati a dipendere dalle dinamiche globali per quanto riguarda l’approvvigionamento del gas senza aver preso alcuna precauzione. L’inasprimento della normativa ETS e gli obiettivi di decarbonizzazione seguono una logica assurda, serve un ripensamento nell’approccio che l’Unione Europea deve avere nei confronti del gas”.

Il MASE sta lavorando a delle proposte per minimizzare il differenziale tra gli indici TTF e PSV. Secondo Boschi va eliminata quella logica assurda secondo cui i costi di trasporto, teoricamente fissi, siano applicati come costi variabili nell’indice italiano. L’auspicio poi è quello di creare un mercato integrato come quello dell’elettrico.

“L’indice TTF è poco liquido e quindi ogni tanto è vittima di attacchi speculativi, ma ora è fortemente influenzato da dinamiche geopolitiche", spiega a Materia Rinnovabile Luca Prosdocimi, esperto di mercati energetici di Nadara, tra i maggiori produttori indipendenti di energia rinnovabile in Europa. “Per esempio, a inizio gennaio in Germania è uscita una proposta di legge che incentivava il riempimento di stoccaggio di gas fino al 90%. Questo ha fatto aumentare gli acquisiti e quindi il prezzo di mercato.”

Per mitigare il differenziale, le imprese chiedono a gran voce l’approvazione del Gas Release, un meccanismo finalizzato a incrementare la produzione nazionale di gas e la sua vendita a prezzi ragionevoli ai settori energivori.

Secondo un’analisi di Massimo Beccarello, direttore del centro CESISP dell’Università Milano Bicocca, lo spread oggi costa al sistema Italia 1,3 miliardi di euro all’anno. Con questa somma si potrebbe ridurre di 20 euro al megawattora il costo per almeno 6 miliardi di metri cubi, coprendo oltre l’80% dei consumi delle imprese gasivore. 

In Italia l’elettricità costa di più che nel resto d’Europa

Anche le bollette dell’energia elettrica rendono più poveri i cittadini e meno competitive le imprese italiane rispetto alle altre grandi economie europee come Spagna, Francia, e Germania. A gennaio infatti l’elettricità in Italia è stata pagata rispettivamente il 32%, il 29% e il 20% in più.

Questo perché il prezzo − che viene determinato con il sistema del prezzo marginale − è fissato quasi prevalentemente dal gas, nonostante la produzione nazionale di elettricità rinnovabile sia ai massimi.

“Il gas determina il prezzo per gran parte delle ore, circa il 70%,”, spiega a Materia Rinnovabile Paolo Arrigoni, presidente del GSE (Gestore dei servizi energetici). “In Francia il gas rappresenta il 10-12% del mix energetico, la parte del leone la fa il nucleare. Mentre la Germania fino allo scorso anno aveva una quota di carbone lignite del 30%, molto meno cara del gas ma molto più inquinante.”

Secondo Arrigoni, serve continuare a ridurre il gas, che però è fondamentale per garantire il carico di base, cosa che ancora non possono garantire le rinnovabili non programmabili.

Ma come disaccoppiare il prezzo del gas dell'energia elettrica? Secondo Luca Prosdocimi è necessario sviluppare un mercato parallelo di Power Purchase Agreement, contratti privati di lunga durata (pluriennali) per l’acquisto di energia elettrica a un prezzo prestabilito tra un produttore privato e un consumatore.

“Così da riuscire a ottenere l’effetto delle rinnovabili direttamente in bolletta”, dice Prosdocimi. La stipulazione di contratti PPA è in crescita: soltanto nel 2024 sono stati firmati contratti per 1.300 MW di potenza, cioè un valore quattro volte superiore rispetto al 2022 e in aumento dell'8% rispetto al 2023.

 

In copertina: immagine Envato