C’era una volta a Ravenna lo stabilimento petrolchimico Enichem (Eni), un conglomerato di attività industriali che produceva e raffinava una serie di prodotti chimici: dalle materie plastiche alla lavorazione di idrocarburi per la produzione di gomme sintetiche e fertilizzanti. Nel 2003, nell'ambito di piani di salvataggio industriale degli anni Ottanta e Novanta, Eni decise che, mentre la parte produttiva sarebbe stata affidata alla nascente Versalis, le demolizioni degli stabilimenti e la bonifica dei siti industriali dismessi avrebbero dovuto essere di competenza di Syndial, oggi Eni Rewind.
La nuova piattaforma a Ca’ Ponticelle
A poche centinaia di metri dal porto di Ravenna si trova Ca’ Ponticelle, un’area industriale dismessa che, essendo caratterizzata dalla presenza di sostanze pericolose nel suolo, dal 2019 ha subìto un intenso processo di bonifica e risanamento ambientale. Una volta terminata l’opera, Eni Rewind ha pensato di riqualificare l’area coinvolgendo Herambiente in una nuova joint venture chiamata Hea che realizzerà una piattaforma polifunzionale per lo smaltimento e il recupero energetico di 60.000 tonnellate annue di rifiuti industriali, pericolosi e non.
Tra questi si annoverano quelli speciali (rifiuti ospedalieri, inerti, tossici) che sono tendenzialmente impossibili da riciclare e che causano enormi costi di stoccaggio e smaltimento. Un problema di gestione che l’Italia, secondo gli ultimi dati Ispra, risolve spedendone all’estero quasi 4 milioni di tonnellate ogni anno.
“Siamo carenti da un punto di vista impiantistico – spiega a Materia Rinnovabile Filippo Brandolini, presidente di Utilitalia – la produzione di rifiuti speciali è quasi 4/5 volte superiore rispetto ai rifiuti urbani e la loro esportazione aumenta i costi sia economici che ambientali rispetto all’utilizzo di un impianto in prossimità.”
Carlo Pezzi, amministratore delegato di Hea, ha parlato di un investimento totale di quasi 100 milioni con un centinaio di addetti fra diretti e indiretti. “Questa piattaforma polifunzionale rappresenta un processo virtuoso di economia circolare ‒ ha detto Pezzi alla conferenza di presentazione tenutasi alla fiera OMC di Ravenna ‒ che parte dal recupero di un brownfield [terreno abbandonato a causa dell'inquinamento dovuto all'uso industriale, ndr] con la riqualificazione produttiva del sito, in simbiosi industriale tra e con le società del territorio."
La piattaforma di bio-recupero
Adiacente alla piattaforma di Hea sorgerà quella di bio-recupero di Eni Rewind finalizzata al recupero di rifiuti speciali non pericolosi attraverso processi che portano alla produzione di terreni e inerti end of waste. Secondo il progetto presentato per la valutazione di impatto ambientale, avrà una potenzialità massima di recupero di 80.000 tonnellate all’anno di rifiuti non pericolosi, di cui fino a 60.000 saranno costituite da rifiuti contaminati da idrocarburi da sottoporre a trattamento meccanico e biologico
Presente all’evento anche la vicepresidente della Regione Emilia-Romagna Irene Priolo che, essendo a conoscenza delle criticità legate alla gestione dei rifiuti industriali, ha elogiato il nuovo impianto affermando che "la gestione dei rifiuti è una sentinella della capacità di governare un territorio".
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Un termovalorizzatore anti Nimby
L’inceneritore è una tecnologia che ha sempre fatto storcere il naso agli ambientalisti. Sicuramente bruciare i rifiuti non è la pratica più circolare e non deve sostituire il riciclo nella gerarchia di gestione rifiuti, ma secondo Filippo Brandolini è fondamentale per chiudere il ciclo di molti rifiuti che sono recuperabili solo attraverso la valorizzazione energetica.
“Il fenomeno Nimby (Not In My Back Yard) è un circolo vizioso innescato da una cattiva informazione – dice Brandolini a Materia Rinnovabile – questo termovalorizzatore che sorgerà in un contesto già fortemente industrializzato ha creato sicuramente meno dibattito rispetto ad altri territori più urbanizzati dove non c’è un tessuto industriale.”
Nel 2021 Utilitalia ha pubblicato un white paper sugli impatti ambientali e sanitari dell’inceneritore incrociando studi fatti dal Politecnico di Milano, dal Politecnico di Torino e dall’Università di Trento. Nello studio si legge che in termini di emissioni climalteranti la discarica ha un impatto 8 volte superiore a quello del recupero energetico negli inceneritori. Diversi flussi di rifiuti tra cui quelli urbani e speciali, se non recuperati energeticamente, hanno come alternativa il solo smaltimento in discarica.
Guardando invece alle emissioni inquinanti, un argomento spesso cavalcato dai gruppi ambientalisti cittadini contrari al termovalorizzatore, esistono limiti molto stringenti, che non hanno eguali nel panorama delle istallazioni industriali. Relativamente alle PM10, lo studio evidenzia che il contributo degli inceneritori è pari solo allo 0,03% (contro il 53,8% delle combustioni commerciali e residenziali), per gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) è pari allo 0.007% (contro il 78,1% delle combustioni residenziali e commerciali) e per le diossine e i furani si attesta allo 0,2%.
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Immagini: Hera - Eni