Giovedì 20 febbraio la Francia ha compiuto un passo significativo nella lotta contro i cosiddetti "inquinanti eterni". Il Parlamento francese ha infatti approvato in via definitiva una legge che mira a proteggere la popolazione dai rischi legati alle sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche (PFAS). Il testo, promosso dal deputato ambientalista Nicolas Thierry, è stato accolto con 231 voti favorevoli e 51 contrari, principalmente espressi dai parlamentari del Raggruppamento nazionale (Resemblement National) guidati da Le Pen e da alcuni rappresentanti della destra, i cui tentativi di emendare la proposta sono però stati respinti.
A partire dal 2026 sarà quindi vietata in Francia la "fabbricazione, l'importazione, l'esportazione e l'immissione sul mercato" di tre categorie di beni contenenti PFAS: cosmetici, cera per sport invernali e prodotti tessili per l'abbigliamento, comprese le calzature. Il divieto si estenderà ulteriormente nel 2030, includendo "qualsiasi prodotto tessile" contenente queste sostanze, a eccezione degli indumenti protettivi utilizzati da militari e vigili del fuoco, che restano però tra le categorie più esposte, sia attraverso le tute impermeabili sia con l'impiego di schiume antincendio. Tuttavia, gli utensili da cucina contenenti PFAS non saranno soggetti a restrizioni, nonostante esistano alternative.
PFAS, lo “scandalo sanitario del Ventunesimo secolo”
È bene ricordare che i PFAS sono un vasto gruppo di circa 10.000 composti chimici noti per la loro straordinaria resistenza alla degradazione. Questa caratteristica li rende particolarmente persistenti nell'ambiente, ma alcuni sottogruppi presentano ulteriori problematiche: tendono ad accumularsi negli organismi viventi, si spostano facilmente tra acqua, suolo e aria, possono viaggiare su lunghe distanze e provocare effetti dannosi sulla salute umana e sugli ecosistemi. Introdotti negli anni Quaranta, i PFAS sono stati ampiamente adottati in ambito industriale e commerciale per le loro proprietà idrorepellenti, oleorepellenti e termoresistenti. Oggi si trovano in numerosi prodotti di uso quotidiano, come stoviglie monouso, padelle antiaderenti, imballaggi alimentari, tessuti impermeabili, tappeti, pellami, dispositivi elettronici e schiume antincendio.
“L'inquinamento da PFAS è lo scandalo sanitario dell'inizio del Ventunesimo secolo, al pari dell'amianto e del clordecone [insetticida obsoleto alla base del DDT, nda]”, aveva commentato qualche giorno prima del voto in un’intervista a Vert il deputato Thierry, che dopo il voto ha ricordato che "l'adozione di questo disegno di legge è il risultato di due anni e mezzo di lavoro instancabile, durante i quali abbiamo dovuto superare numerosi ostacoli e argomentazioni fallaci costruite da un certo numero di lobby industriali. Questa vittoria politica è diventata inaspettatamente realtà. Abbiamo appena rotto un silenzio, perché dietro ci sono vite e famiglie che soffrono una negazione collettiva intorno alla contaminazione del nostro ambiente e per loro dobbiamo continuare la lotta".
Secondo il briefing dell’Agenzia europea dell’ambiente, nel 2022 il PFOS, uno dei composti più noti di questo gruppo, è stato rilevato oltre i limiti ambientali in molti siti europei: il 59% nei fiumi, il 35% nei laghi e il 73% nelle acque di transizione e costiere.
Più controlli sulle acque potabili e “chi inquina paga”
Una delle disposizioni più rilevanti riguarda il monitoraggio obbligatorio della presenza di PFAS nelle acque potabili, comprese quelle in bottiglia, con la pubblicazione annuale dei risultati da parte delle autorità sanitarie. Mentre l'Unione Europea ha già fissato limiti per 20 diverse sostanze da rispettare entro il 2026, la nuova legge francese amplia il campo d'azione includendo anche l'acido trifluoroacetico (TFA), una delle molecole più piccole della famiglia dei PFAS.
EurEau, la Federazione europea delle associazioni nazionali dei servizi idrici, ha detto di aver accolto “con favore la notizia di oggi che la Francia è diventata il secondo paese, dopo la Danimarca, a vietare i PFAS in alcuni usi di consumo. È un passo coraggioso, ma tutti gli usi devono essere vietati per stabilizzare i livelli di contaminazione delle nostre risorse idriche. Accogliamo con favore anche gli accordi ‘chi inquina paga’, in base ai quali le aziende dovranno pagare 100 euro per ogni 100 grammi di PFAS rilasciati, ma questo coprirà solo una parte trascurabile dei costi complessivi della società. Secondo le stime del Forever Pollution Project, il costo annuo è di 18 miliardi di euro solo per l'acqua potabile in Europa”.
"L'inclusione del TFA tra le sostanze oggetto della restrizione è un'innovazione importante, dato che questi composti rappresentano una grave minaccia per la salute e finora sfuggivano dalle maglie della legislazione”, spiega invece Cristina Guarda, eurodeputata in quota Verdi/ALE. “Dalla Francia arriva il segnale forte e chiaro che le politiche ambientali possono e devono essere ambiziose, con l'obiettivo di proteggere il nostro pianeta e le generazioni future. Invito tutti gli stati membri dell'Unione Europea a seguire l'esempio della Francia e adottare misure simili per eliminare i PFAS dai loro territori. A partire dall'Italia, dove la normativa attuale non è nemmeno in grado di garantire la sicurezza dell'acqua potabile, e dove, in Veneto, è alle battute finali il processo Miteni, relativo al più grande episodio di contaminazione delle acque da PFAS finora segnalato al mondo."
In copertina: immagine Envato