Da alcuni anni, il 5 dicembre, la Giornata mondiale del suolo ci invita a riflettere su un bene vitale, spesso sottovalutato, ma fondamentale per la nostra sopravvivenza. Il tema scelto per l’edizione 2024 dalla FAO, che nell'ambito della Global Soil Partnership (GSP) ha il mandato ufficiale di facilitare l'attuazione della Giornata mondiale del suolo, quest’anno non fa eccezione nel mettere in evidenza sfide urgenti. "Prendersi cura del suolo: Misurare, monitorare, gestire" è il messaggio chiave (ne avevamo parlato in occasione dalla Direttiva sul monitoraggio del suolo), che ci ricorda come la gestione sostenibile del suolo sia imprescindibile per garantire la sicurezza alimentare.
Oggi, più di tre quarti della superficie terrestre è già degradata, e senza interventi concreti, oltre il 90% potrebbe seguire la stessa sorte entro il 2050. Ma il suolo non è solo una risorsa da proteggere per cibo e biodiversità: il suo legame "indissolubile" con l’acqua, che lo nutre e lo sostiene, deve essere il cuore di ogni strategia di gestione ambientale. La salute del suolo è la salute dell'acqua. Così, in questa giornata, mentre a Riyad (in Arabia Saudita) è in corso il negoziato per COP16 Desertificazione, per il nostro canale tematico The Water Observer abbiamo pensato un approfondimento su questo legame. Partendo dalla chimica, fino alla rigenerazione attraverso progetti di riforestazione, come la Grande Muraglia Verde in Africa.
Il legame tra suolo ed acqua, verso il concetto di “salute”
Calpestiamo il suolo ogni giorno, eppure negli ultimi decenni il riconoscimento dell’importanza di questi ecosistemi è mutato. Negli anni Novanta la classificazione dei suoli in buono o cattivo stato era legata prevalentemente alla qualità agronomica. Un suolo di buona qualità era quello capace di garantire maggiori rese agricole, focalizzandosi quindi su una sola funzione, quella di substrato per la produzione di alimenti, foraggi, fibre e biomassa. A ricordarlo è il rapporto La Salute del suolo italiano ai tempi della crisi climatica, realizzato da ReSoil Foundation, ente che nasce proprio per salvaguardare questa risorsa. Con l'emergere del concetto di servizi ecosistemici e di “salute dei suoli”, si è così gradualmente riconosciuta la loro multifunzionalità. Oltre a supportare le attività agricole, i suoli forniscono infatti servizi (gratuiti) fondamentali: filtrano le acque, regolano il ciclo idrogeologico, accumulano carbonio contribuendo alla regolazione dei gas serra e ospitano una straordinaria biodiversità, spesso maggiore di quella visibile in superficie.
“Il suolo e l'acqua sono strettamente interconnessi, poiché il suolo rappresenta un ecosistema estremamente complesso composto da tre fasi: la fase solida (minerale e organica), la fase gassosa (l'aria tellurica) e la fase liquida, ovvero l'acqua del suolo, più propriamente definita come soluzione del suolo. Questa componente liquida è cruciale, dato che le piante assorbono principalmente l'acqua direttamente dal suolo. Di conseguenza, questa riveste un ruolo fondamentale per la crescita e la produzione vegetale”, spiega a Materia Rinnovabile Claudio Ciavatta, professore ordinario di Chimica agraria presso l’Università di Bologna e membro del CdA di Re Soil Foundation.
“I suoli si distinguono per la loro capacità di trattenere acqua, che dipende dalle loro specifiche caratteristiche fisico-chimiche. Ad esempio, i suoli con una bassa capacità di ritenzione idrica sono tipicamente caratterizzati da una tessitura più sciolta, ricca di sabbia. Al contrario, i suoli argillosi hanno una capacità di ritenzione molto più elevata. Per dare un’idea, un suolo sabbioso può trattenere circa 60-80 litri di acqua per metro cubo, mentre un suolo argilloso può arrivare a superare i 200 litri per metro cubo. Queste differenze sono significative e illustrano la grande variabilità tra le diverse tipologie di terreno.”
L’intervento dell’uomo sul suolo
L'acqua nel suolo, tuttavia, è tutt’altro che stazionaria: può muoversi verso gli strati profondi sotto l'influenza della gravità o fuoriuscire attraverso l'evaporazione, direttamente o attraverso le piante. L'acqua presente nel suolo non è quindi pura, ma contiene sali solubili e ioni. Questi elementi sono essenziali non solo per la nutrizione delle piante, ma anche per quella dei microrganismi, come batteri e funghi, che popolano il suolo in maniera significativa. Si dice che in un solo cucchiaino da caffè di suolo sano ci siano più organismi viventi di quante siano le persone sulla Terra. La qualità dell'acqua che si muove all'interno del suolo, inclusa quella che penetra negli strati più profondi, dipende strettamente dalle caratteristiche qualitative del suolo stesso. Esiste infatti una relazione diretta tra la fase liquida, ovvero l'acqua presente nel suolo, e la fase solida che la compone.
“L'acqua che attraversa il suolo può incontrare strati geologici diversi, come formazioni calcaree o carbonatiche, che influenzano la sua composizione. Ad esempio, il carbonato di calcio può dissolversi generando anidride carbonica, o quest'ultima può sciogliersi per effetto di meccanismi gassosi. Altri tipi di acque possono contenere zolfo, ferro o, in alcuni casi, metalli indesiderati come l’arsenico”. In certe aree, l'acqua può naturalmente avere un'elevata concentrazione di arsenico (in Bangladesh, ad esempio) mostrando una qualità scadente per motivi naturali, e non strettamente antropici.
“Tuttavia le attività umane possono sia migliorare che peggiorare la qualità dell’acqua attraverso pratiche agricole e gestioni del suolo”, continua Ciavatta. “Il suolo ha la capacità di trattenere l’acqua in funzione delle sue caratteristiche e delle pratiche agricole adottate. Tra queste, lavorazioni come l’aratura o la vangatura mirano ad aumentare la cosiddetta riserva idrica utile, cioè la quantità di acqua accessibile alle piante. Questa riserva si colloca tra due limiti: da un lato l’acqua gravitazionale, che si muove verso il basso sotto l’effetto della gravità ed è solo temporaneamente disponibile; dall’altro, l’acqua microscopica che si trova oltre il punto di appassimento permanente e non può essere assorbita dalle piante. Le lavorazioni del suolo possono incrementare questa riserva idrica utile, soprattutto quando associate all’aggiunta di sostanza organica.”
Un buono stato di aggregazione e una struttura ben definita del suolo migliorano la riserva idrica utile, grazie all'aumento del contenuto di sostanza organica. Questa aggrega le particelle minerali, stabilizza la struttura e ottimizza il rapporto tra acqua e aria negli spazi vuoti. Un suolo ricco di sostanza organica trattiene più acqua per le piante, mentre le radici delle colture contribuiscono ulteriormente al miglioramento del suolo. Tuttavia, nei sistemi coltivati, è compito dell’uomo intervenire in modo responsabile. “L’agricoltore deve essere visto come un custode del suolo, al quale viene affidato un bene prezioso. Questo bene non solo deve essere conservato, ma anche migliorato laddove possibile, diventando un obbligo etico e professionale” conclude Ciavatta.
L’importanza della riforestazione
La perdita di suolo non riguarda solo la sua riduzione in estensione, ma anche il deterioramento delle sue funzioni, in particolare la fertilità. Quando il suolo perde la capacità di trattenere acqua, aumentano i rischi di erosione, alluvioni e la difficoltà di mantenere una copertura vegetale stabile. La scarsità di vegetazione amplifica l'erosione, creando un circolo vizioso. Questi fenomeni sottolineano l'importanza di preservare le capacità naturali del suolo per mantenere la stabilità degli ecosistemi e prevenire il degrado ambientale.
In particolare, le terre aride, che coprono il 41% della superficie terrestre, ospitano alcune delle aree più degradate del pianeta, secondo IPBES e FAO.
Per migliorare i mezzi di sussistenza e resilienza idrica, proteggere la biodiversità e catturare il carbonio è quindi importante procedere al ripristino dei terreni, una sfida ambiziosa ma realizzabile. In Africa, ad esempio, sono in essere iniziative su larga scala. Tra gli obiettivi principali figurano il ripristino di 100 milioni di ettari per la Grande Muraglia Verde (GGW, l'ambiziosa iniziativa africana che attraversa il Sahel, dal Senegal a Gibuti), altri 130 milioni promessi da 34 Paesi per l'AFR100, entrambi da completare entro il 2030, oltre ai 200 milioni di ettari previsti dall'Agenda panafricana sul ripristino degli ecosistemi (da completare proprio attraverso iniziative come AFR100). Queste iniziative fanno parte della Sfida di Bonn, che mira a ripristinare un totale di 350 milioni di ettari a livello globale entro il 2030.
Tuttavia, per azzerare il degrado del suolo entro il 2030, occorrerebbe ripristinare 10 milioni di ettari all'anno lungo la Grande Muraglia Verde. Secondo i dati comunicati dalla FAO, che vede attivo un programma di “Azione contro la desertificazione” a sostegno della GGW, attualmente, però, il ritmo di recupero si ferma a 1,9 milioni di ettari all’anno. “Attraverso il ripristino di terreni su larga scala per l'agricoltura su piccola scala, il miglioramento dei mezzi di sussistenza, la mitigazione del cambiamento climatico e la riduzione della perdita di biodiversità, con le comunità rurali al centro degli interventi, l'imboschimento contribuisce a combattere la desertificazione nelle regioni aride e semi-aride” spiega a Materia Rinnovabile Moctar Sacande, FAO Senior Forestry officer. “L'esempio della Grande Muraglia Verde, un'iniziativa guidata dall'Africa, è diventato un simbolo di ripristino su larga scala nelle zone aride. Finora, con interventi di ampia portata, ha ripristinato circa 4 milioni di ettari di terreni agro-pastorali degradati, ha creato oltre 350.000 posti di lavoro e ha migliorato significativamente la sicurezza alimentare e la resilienza al clima in tutto il Sahel. Questa iniziativa dimostra come il ripristino del paesaggio e dell'ecosistema possa guidare la trasformazione socioeconomica”.
Un cambiamento si può davvero dire “radicale” per continuare a permettere la vita, che dovrà passare da una migliore preparazione del terreno per la raccolta dell'acqua piovana attraverso l'aratura profonda meccanizzata del suolo su scala, fornendo alle piante maggiori possibilità di sopravvivere e crescere anche nelle condizioni difficili delle zone aride del Sahel.
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Immagine: Alicia Christin Gerald, Unsplash