Nel giorno di inaugurazione di COP16 Biodiversità di Cali, in Colombia, la Commissione ambiente del Parlamento europeo ha fatto un importante passo avanti nell’iter legislativo della Direttiva sul monitoraggio del suolo. Suolo che è "è il singolo habitat più ricco di biodiversità sulla Terra", come sintetizzava, nell'agosto 2023, un gruppo di ricercatori dell'Istituto federale svizzero di ricerca sulla foresta, la neve e il paesaggio (WSL) i risultati della prima stima della biodiversità presente nei suoli del globo.
Sotto i nostri piedi, stando ai dati pubblicati sulla rivista scientifica PNAS, ci sarebbe infatti “il 59% della vita del pianeta”, considerando in questo difficilissimo calcolo dai microbi fino ai mammiferi. Ma richiamare questo dato mentre è in corso la COP16 è utile anche per un secondo motivo: raddoppiando le precedenti valutazioni, che si fermavano al 25%, lo studio del WSL ci ricorda quanto sia scarsa e parziale la nostra conoscenza di tale ecosistema. Dimenticarsi di questo sottile strato di circa 30 centimetri, l’ultima spanna di crosta terrestre, significa però sottovalutare la sua importanza non solo per la sicurezza alimentare, ma anche preziosi (e gratuiti) servizi come la regolazione del clima e la purificazione dell'acqua, ad esempio.
È proprio in questo solco, letteralmente, che si inserisce l’ultima proposta di Direttiva sul monitoraggio e la resilienza del suolo, a cui la Commissione ENVI ha dato il via libera il 21 ottobre scorso. Ma perché una norma sul monitoraggio e non direttamente sulla protezione del suolo? E soprattutto, quali saranno le sfide nel “monitorare” questa risorsa, appurato quanto ciò sia complesso?
Suolo, biodiversità e sicurezza alimentare. Con la lente di ingrandimento
Dentro il suolo convivono microorganismi come batteri e funghi, che favoriscono la decomposizione della materia organica. Ma anche invertebrati come i lombrichi, radici delle piante che assorbono acqua e nutrienti, come azoto e fosforo. Si dice che in un solo cucchiaino da caffè di suolo sano ci siano più organismi viventi di quante siano le persone sulla Terra. “Il suolo è come una città artigianale, una città magica”, ci racconta Paolo Pileri, docente di pianificazione territoriale ambientale al Politecnico di Milano e autore di Dalla parte del suolo (Laterza, 2024). “È un paese abitato da una moltitudine di straordinari operai, ognuno con una propria specializzazione. Tutti questi artigiani vivono e operano su questo stesso suolo. È evidente che si tratta di un gioco di ruoli in cui non esistono accordi o contratti: nessuno ha mai detto loro come svolgere il proprio mestiere. Eppure, non solo ciascuno sa cosa fare, ma sa che svolgendo il suo lavoro crea le condizioni affinché chi viene dopo possa fare il proprio, in una filiera straordinaria.”
“Quando si comprende il linguaggio del suolo e dei grandi processi che hanno permesso alla vita di ottimizzarsi per miliardi di anni su questo pianeta, si sviluppa una nuova prospettiva”, spiega invece a Materia Rinnovabile Matteo Mazzola, perito agrario e cofondatore di ISIDE, una piccola azienda agricola rigenerativa poggiata su un pendio che scende verso il lago d'Iseo, nelle Prealpi Orobiche. “Le dinamiche del suolo sono di una complessità impressionante. Tuttavia, questa comprensione è accessibile anche a chi non ha un background agronomico o agricolo. Fin da piccoli impariamo infatti che la terra concimata, quella vera, che profuma di bosco, è considerata terra buona. Non ci è mai stato spiegato il motivo, ma cresciamo con la convinzione che una terra secca, indurita e con crepe non può sostenere la vita o le coltivazioni.”
Qualche minuto di intervista, e dalle parole di Mazzola è già chiaro il legame del suolo, risorsa insostituibile e non rinnovabile, con la sicurezza alimentare. “Maggiore è la sostanza organica nel suolo, maggiore sarà la disponibilità di nutrienti e il numero di microrganismi che interagiranno direttamente con le piante e gli animali. Un aumento della qualità e della quantità di questi microrganismi si traduce cioè in un miglioramento dell’aspetto nutrizionale dei prodotti raccolti da quel terreno. Ciò influisce anche sulla disponibilità di vitamine, minerali, antiossidanti e composti come acidi organici e flavonoidi, che sono fondamentali per la salute del nostro corpo e il nostro benessere.”
La proposta di Direttiva sul monitoraggio del suolo
Secondo dati della Commissione europea, il 60-70% dei terreni dell’Unione Europea (UE) non è sano. “La legge sul monitoraggio del suolo, che ha visto il voto positivo della Commissione ENVI, si popone di accompagnare l’UE verso l’obiettivo di avere suoli sani entro il 2050”, commenta a Materia Rinnovabile Annalisa Corrado, relatrice per il gruppo S&D sulla direttiva e membro della Commissione ENVI, responsabile per la conversione ecologica nella segreteria nazionale del PD. Includendo disposizioni sulla gestione sostenibile e sulla contaminazione del suolo, questa prima legge europea punta a fornire una definizione armonizzata del concetto di salute dei suoli, e istituirà un quadro di monitoraggio per bonificare i siti contaminati, oltre a promuovere la gestione sostenibile del suolo e arrestarne il consumo.
In Europa a oggi si contano infatti circa 2,8 milioni di siti contaminati, principalmente da attività industriali e smaltimento rifiuti. “Sebbene 80.000 siti siano stati bonificati nei paesi in cui i dati sono già disponibili, i metalli pesanti e gli oli minerali rimangono i principali contaminanti, causando un degrado del suolo che costa oltre 50 miliardi di euro l'anno e contribuisce con 64 MtCO2e alle emissioni di gas serra, pari al 2% delle emissioni totali dell'UE nel 2019”, continua Corrado. “Armonizzare quanto più possibile, a livello europeo, gli indicatori e i metodi di monitoraggio può aiutarci ad avere un quadro fedele della situazione, che spinga tanto gli stati membri ad agire per rigenerazione e ripristino, quanto l’Unione Europea a stanziare risorse adeguate a sostegno di queste azioni, come proprio il mandato del Parlamento europeo chiede, già a partire dal prossimo quadro finanziario pluriennale.”
Le richieste del Parlamento europeo
Un altro aspetto cruciale che il Parlamento europeo intende portare al tavolo negoziale è una classificazione dello stato di salute dei suoli su cinque livelli, basata sul grado di salubrità. Questa proposta supera la classificazione binaria suggerita dalla Commissione europea. Ma non è tutto. “La direttiva sul suolo propone l'istituzione di piccole agenzie dedicate al monitoraggio, pensate per operare al di fuori delle influenze politiche”, spiega Paolo Pileri. “Questo aspetto è cruciale, poiché rafforza una dimensione tecnica che non dovrebbe dipendere dalle sensibilità politiche del momento, un problema noto. Un elemento particolarmente interessante di questa proposta è l'assegnazione di fondi per la formazione sul suolo, destinata non solo ai proprietari e ai tecnici a diversi livelli amministrativi, ma anche ai decisori politici. Visto che non si vuole fare una direttiva sulla protezione del suolo, questo potrebbe fungere da veicolo per costruire consapevolezza e sensibilità nei vari stati membri, contribuendo a rafforzare gli strumenti normativi che ad esempio in Italia sono debolissimi.”
La formazione non sarà però solo l’unica leva per rendere il monitoraggio appetibile. Sarà fondamentale supportare gli agricoltori, i primi a toccare la crisi climatica, ma anche a protestare a inizio 2024 di fronte alla transizione richiesta da Bruxelles. “È essenziale ridistribuire il valore lungo la filiera, proteggere le produzioni dalla concorrenza sleale, prestare attenzione ai piccoli e piccolissimi produttori, che spesso operano nelle aree interne, applicando i principi dell’agroecologia”, conclude Annalisa Corrado. “Sono i custodi del territorio, che soffrono maggiormente delle distorsioni del sistema attuale, fino all’abbandono delle colture. È interessante in tal senso l’idea, anticipata dalla presidente von der Leyen ed attualmente in discussione anche alla Conferenza sulla biodiversità delle Nazioni Unite in svolgimento in Colombia, di istituire un sistema di crediti per i servizi ecosistemici che consenta agli agricoltori di ottenere riconoscimenti tangibili, valorizzando l’impegno verso la sostenibilità e il presidio del territorio che sono cruciali per l’adattamento alla crisi climatica e per la resilienza delle colture.”
I criteri del monitoraggio, ricordando la giustizia climatica
Quali sfide si nascondono però dietro la parola monitoraggio, secondo la scienza? Lo abbiamo chiesto a Giulia Bongiorno, docente, ricercatrice e sostenitrice della divulgazione nel gruppo di biologia del suolo e nel cluster di scienza del suolo presso la Wageningen University and Research, nei Paesi Bassi. “Gli indicatori di salute del suolo (chimici, fisici e biologici) dovrebbero essere meglio collegati alle funzioni del suolo, in modo da massimizzare il loro valore come indicatori e le informazioni sugli effetti delle pratiche di gestione sulle funzioni del suolo. La selezione degli indicatori deve essere specifica per il contesto, tenendo conto del contesto pedoclimatico, dell'uso del suolo, delle minacce, delle funzioni di interesse (e di quelle minacciate) e degli utenti finali. L'uso di una serie di indicatori stabiliti ovunque potrebbe saltare alcune informazioni importanti e potrebbe fornire informazioni non rilevanti per l'area.”
Gli indicatori biologici sono difficili da misurare, ma sono essenziali, insieme a quelli chimici e fisici, per comprendere meglio la complessità del sistema suolo e lo stato e i cambiamenti dovuti alla gestione, aggiunge Bongiorno. “Spesso gli indicatori biologici vengono trascurati a causa della loro complessità di misurazione e interpretazione, ma hanno un ruolo fondamentale nelle funzioni del suolo e sono molto sensibili ai cambiamenti. In molti casi mancano intervalli di indicatori (in particolare biologici) che possano essere utilizzati per interpretare i valori ottenuti e questo ostacola davvero una buona comprensione e interpretazione dello stato di salute del suolo. Gli intervalli devono essere specifici e complessi.”
In conclusione, però, va ricordato che monitorare la salute del suolo non è solo una priorità per l’Europa, ma una necessità diffusa, soprattutto nei paesi del Sud Globale, dove il contesto e le risorse richiedono approcci mirati e strumenti accessibili. “In questa parte del mondo mancano indicatori che possano essere più facilmente applicati sul campo e adatti a queste condizioni”, conclude Bongiorno. “Spesso qui non sono disponibili metodi di laboratorio, ma è comunque bene dare la possibilità agli agricoltori e ai gestori del territorio di valutare lo stato di salute del loro suolo. Ancora più complicata è la definizione di ‘ottimale’ a causa della mancanza di dati. Anche in questo caso è molto importante definire bene il contesto, le esigenze, le risorse disponibili e gli utenti finali. E ancora: le informazioni che verranno raccolte sono utili? Possono essere interpretate e tradotte in cambiamenti pratici nella gestione?”
Immagine: Gabriel Jimenez, Unsplash