Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), nel 2022 solo il 73% della popolazione mondiale aveva accesso ad acqua potabile sicura. Tuttavia, 3,5 miliardi di persone non disponevano ancora di servizi igienico-sanitari gestiti in modo sicuro e 2 miliardi di persone erano impossibilitate a lavarsi le mani con acqua e sapone a casa, un gesto tanto semplice quanto fondamentale nella prevenzione di malattie.
Nonostante i significativi progressi degli ultimi decenni, l'accesso a servizi di base come acqua potabile e igiene non deve però essere dato per scontato. Cambiamento climatico, conflitti e inquinanti emergenti (come PFAS, microplastiche e antibiotici) si stanno aggiungendo alla “storica” lista di difficoltà che l’umanità ha fin qui dovuto considerare. Durante la World Water Week di Stoccolma, Materia Rinnovabile ne ha parlato con Bruce Gordon, responsabile dell'Unità acqua, servizi igienico-sanitari e salute (WASH) dell'Organizzazione mondiale della sanità e vicepresidente di UN-Water, meccanismo interagenzia che coordina gli sforzi delle entità delle Nazioni Unite e delle organizzazioni internazionali che lavorano su questioni relative all'acqua e ai servizi igienico-sanitari.
Gordon, partiamo da uno dei temi che accompagnerà il vostro lavoro da oggi ai prossimi decenni. Quali sono le principali sfide nella realizzazione di servizi WASH resilienti al clima?
Innanzitutto, a livello globale manca una definizione universalmente accettata di cosa significhi effettivamente WASH, “resiliente al clima”. Inoltre, non esistono indicatori specifici che valutino i progressi in modo da mostrare chiaramente quanti servizi WASH siano davvero resilienti. Quando si inizia ad approfondire la questione, il discorso si fa subito complesso. Un'area chiave è la governance: esistono politiche che permettono la resilienza al clima? Ci sono politiche e procedure che si intersecano? Anche il settore dei finanziamenti gioca un ruolo importante. Quando si pensa ai servizi resilienti al clima, molti si concentrano immediatamente sulle infrastrutture e sulla tecnologia. Ad esempio, si può pensare che una latrina a fossa sia rialzata per evitare la contaminazione durante le inondazioni. Ma la realtà è più complessa. Alcuni studi non confermano pienamente che queste tecnologie siano sempre efficaci come si sostiene. Inoltre, la resilienza va oltre il clima e comprende anche le emergenze, rendendo la questione ancora più sfaccettata. È difficile dire: “Tutti dovrebbero implementare la tecnologia A, B o C”.
Per esempio?
Prendiamo ad esempio gli impianti di trattamento delle acque reflue. Si potrebbe obiettare che tra 20 anni queste strutture potrebbero essere sommerse a causa dell'innalzamento del livello del mare e che quindi dovremmo trasferirle. Tuttavia, si tratta di un'operazione estremamente costosa. Quando si tratta di fornire servizi, ciò che serve davvero è una valutazione dei rischi a livello locale. In una città in cui c'è scarsità d'acqua, ad esempio, la risposta dovrebbe essere la costruzione di un maggiore deposito d'acqua o lo sviluppo di fonti idriche alternative. Il riuso è un'altra strategia chiave ed è fondamentale avere piani alternativi quando le cose vanno male. È questo il senso della resilienza: resistere agli shock.
Parliamo di inquinanti emergenti come antibiotici, microplastiche, PFAS. Un tema sempre più caldo.
L'opinione pubblica è molto preoccupata e si approccia al tema dei microinquinanti in modo emotivo. Tuttavia, credo che ci sia anche una certa confusione sul rischio effettivo, soprattutto perché il pubblico non comprende o non apprezza appieno il concetto di esposizione. Ad esempio, è possibile che un contaminante sia presente nell'acqua a livelli bassi come parti per trilione o nanogrammi per litro. Il problema è che i moderni metodi di rilevamento analitico sono così avanzati che ora possiamo identificare tracce estremamente piccole di queste sostanze. Questo porta le persone a pensare in modo binario: “C'è o non c'è nella mia acqua? Se c'è, non voglio berla”. È qui che entra in gioco l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) con i suoi valori guida. L'OMS ha valutato i rischi per la salute di centinaia di parametri e ha fissato dei livelli di sicurezza.
A proposito, sappiamo che le principali preoccupazioni a livello mondiale sono contaminanti come l'arsenico e il piombo. Ad esempio, in Bangladesh, si stima che cinquanta milioni di persone siano a rischio di esposizione all'arsenico attraverso il consumo di acqua proveniente da pozzi contaminati. Quali sono le principali difficoltà di intervento?
Il motivo per cui ho menzionato le valutazioni del rischio [localizzate] è che, alla fine, le scelte devono essere fatte con risorse limitate. Investire in servizi igienico-sanitari o in acqua di solito produce un ritorno di cinque o sei dollari per ogni dollaro speso. Tuttavia, nel mondo reale, è quasi impossibile per i decisori locali applicare questi parametri. Se si sta cercando di installare dei servizi, come una rete fognaria in un'area meno sviluppata, potrebbe essere relativamente conveniente. Ma in aree densamente popolate, il costo diventa quasi proibitivo. La rimozione di contaminanti come l'arsenico è una sfida. Poiché è un elemento naturale, non si tratta semplicemente di interrompere un processo di produzione. Quando si prendono le decisioni, è necessario soppesare anche fattori come la contaminazione microbica, meno comune nelle acque sotterranee ma prevalente nelle acque superficiali che devono essere trattate. L'acqua di superficie può avere meno arsenico, ma richiede interventi diversi. In alcune aree, le pompe a mano [nei pozzi] sono dipinte di un colore specifico per indicare la presenza di arsenico, in modo che la gente le eviti. Naturalmente sono disponibili tecnologie per trattare l'acqua per l'arsenico, ma le persone possono essere esposte anche attraverso il cibo, come il riso bollito in acqua contaminata. E l'esposizione si accumula nel tempo.
Un equilibrio difficile da mantenere se si vogliono evitare livelli pericolosi, ma anche garantire che non si comprometta la salute limitando l'accesso all'acqua sicura...
Si tratta di scelte difficili. Trovare una fonte d'acqua sicura che non provochi danni è fondamentale. La situazione dei pozzi, per esempio, è stata caratterizzata come un disastro a causa della contaminazione da arsenico, ma quei pozzi hanno anche salvato vite umane riducendo la contaminazione microbica, responsabile di malattie come il colera.
A proposito di colera e rischio di insorgenza in scenari di accesso limitato all’acqua. Per colpa delle operazioni militari israeliane il 26 agosto scorso l’ONU ha dovuto interrompere per oltre 24 ore gli aiuti umanitari a Gaza. Quali sono le conseguenze dei conflitti su WASH?
L'acqua è fondamentalmente un fattore di cooperazione e di pace. Tuttavia, le aree con il peggiore accesso all'acqua sono spesso zone di conflitto. Una delle maggiori preoccupazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità è la recrudescenza del colera, che sta comparendo in paesi che non vedevano epidemie da decenni. Il Malawi e l'Etiopia, ad esempio, hanno visto elevati di colera. La Global Task Force on Cholera Control (GTFCC) fornisce mappe aggiornate al riguardo, mostrando i tipici punti caldi in Asia meridionale, Africa e Haiti in America Latina. Nei paesi colpiti da conflitti, diventa molto più difficile fornire servizi idrici e igienico-sanitari essenziali, perché sono necessari sistemi funzionanti, governance, regolatori e supervisione. Ad esempio, è necessario riscuotere le tariffe e garantire che i servizi raggiungano la popolazione attraverso un'organizzazione adeguata.
La Governance è così importante che anche all'interno dell’ONU di recente è stata lanciata la prima strategia a livello di sistema sull'acqua e i servizi igienico-sanitari. Di cosa si tratta?
Le Nazioni Unite hanno lanciato un'iniziativa storica che coinvolge 36 agenzie ONU che si occupano di vari aspetti dell'acqua e dei servizi igienici. Se da un lato questa divisione può potenzialmente portare a una frammentazione e a una duplicazione degli sforzi, dall'altro presenta anche notevoli aspetti positivi. Per esempio, l'OMS enfatizza la collaborazione intersettoriale, in particolare tra il settore idrico e quello sanitario. All'interno del settore sanitario, molti esperti lavorano su aree altamente specializzate come la resistenza antimicrobica (AMR), il controllo delle infezioni negli ospedali o la malaria. Prendendo come esempio la resistenza antimicrobica, alcuni paesi producono ingredienti farmaceutici attivi (API) e rilasciano nei fiumi acque reflue contenenti residui farmaceutici in concentrazioni equivalenti a quelle utilizzate per le dosi terapeutiche umane. Questo elevato livello di contaminazione può favorire la diffusione dell'AMR. Come OMS abbiamo appena lanciato nuove linee guida per incoraggiare la riduzione di queste concentrazioni. Inoltre, all'Assemblea generale delle Nazioni Unite si terrà una dichiarazione politica di alto livello sulla resistenza antimicrobica. È fondamentale includere l'acqua e i servizi igienici nelle strutture sanitarie per prevenire le infezioni, nonché nelle comunità, gestendo correttamente le acque reflue. I piani d'azione nazionali sulla resistenza antimicrobica devono includere i settori dell'ambiente e dell'acqua per contribuire a fermare la diffusione di organismi resistenti. La stessa logica si applica a molti programmi verticali su singole malattie.
Durante la revisione direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane (UWWTD) per la prima volta è emerso nelle politiche idriche europee il principio di responsabilità estesa del produttore (EPR). State lavorando anche su questo?
In definitiva, il lavoro in cui siamo coinvolti consiste essenzialmente nel fornire linee guida per il trattamento e la gestione dei rifiuti e delle acque reflue, per garantire che non causino danni. Noi stabiliamo gli standard, ma poiché non siamo “la polizia del mondo”, spetta ai singoli enti normativi o ai produttori aderire a queste linee guida. Idealmente, gli operatori del settore, comprese le principali aziende farmaceutiche, seguendo le linee guida dell'OMS, potranno dimostrare la propria conformità e rassicurare i consumatori e gli acquirenti sul fatto che la loro catena di approvvigionamento non contribuisce a causare danni.
Tra le varie cose, lei si occupa di un tema spesso sottovalutato, l’igiene mestruale femminile. Cosa può dirci?
La sensibilizzazione sulla salute e l'igiene mestruale è fondamentale. Per la prima volta da quando ci sono gli SDGs, questo tema viene affrontato attraverso un programma di monitoraggio congiunto, che rilascia dati sulla consapevolezza e sulla disponibilità di prodotti per l'igiene mestruale nelle strutture sanitarie e nelle scuole. Questi dati sono fondamentali per guidare il cambiamento politico e identificare le aree di miglioramento. Tuttavia, persistono stigmi e sfide culturali. È fondamentale che le donne e le ragazze siano coinvolte attivamente nel processo decisionale locale in materia di acqua e servizi igienici. La loro visibilità e la loro partecipazione garantiscono che i loro problemi siano riconosciuti e affrontati in modo efficace. Stiamo monitorando questo coinvolgimento per garantire che le donne siano rappresentate in modo significativo in questi processi decisionali.
Tornando ai microcontaminanti, risolvere il problema alla fonte è più efficace e meno costoso del trattamento. Per le microplastiche, quali sono le strategie più efficaci: ridurre l'uso della plastica o sviluppare metodi di trattamento specifici, considerando che, ad esempio, il trattamento di altri contaminanti emergenti come i PFAS si è dimostrato particolarmente costoso?
Le microplastiche sono particolarmente interessanti perché c'è molta disinformazione al riguardo. Anche se le microplastiche non dovrebbero trovarsi nell'acqua, abbiamo bisogno di più dati per capire i rischi che comportano. I diversi tipi di plastica richiedono ulteriori ricerche sulle vie di esposizione, tra cui l'ingestione e la respirazione. Il principio di precauzione suggerisce di ridurre l'esposizione anche se non sono ancora disponibili tutti i dati. Tuttavia, le misure per ridurre l'esposizione devono anche essere efficaci dal punto di vista dei costi. Data la crisi della plastica, è essenziale ridurre l'uso della plastica sia come consumatori che come produttori. Questa riduzione contribuirà a mitigare la contaminazione delle acque, ma dobbiamo determinare la quantità di rimozione necessaria e stabilire standard specifici. Come detto, sono estremamente preoccupato che la visibilità relativa ai microinquinanti e ai contaminanti emergenti possa distogliere l'attenzione da importanti problemi di salute. Ogni anno, 1,4 milioni di persone muoiono a causa della mancanza di accesso all'acqua e ai servizi igienici, soprattutto per malattie diarroiche, polmonite e infezioni respiratorie. Sebbene i contaminanti chimici e i loro impatti sulla salute siano importanti, dobbiamo affrontare tutti questi problemi in modo integrato.
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Immagine di copertina: Jeff Ackley, Unsplash