In Italia sulla geotermia non si è mai voluto puntare. A parte le esperienze pionieristiche dell’area dell’Amiata, che pure generano quasi 1 GW di potenza elettrica e hanno un grande potenziale anche sul versante della generazione di calore, il timore dell’impatto ambientale e paesaggistico in realtà finora ha sempre scoraggiato politici e industriali rispetto alla possibilità di investire in modo serio e coordinato nell’utilizzo dell’energia generata nel sottosuolo.

Ma il mondo è cambiato: bisogna decarbonizzare per salvare il pianeta, le bollette del gas e dell’elettricità sono andate alle stelle. In questa situazione forse non è il caso di disprezzare con sufficienza una fonte energetica, pure se più complicata da gestire, totalmente italiana.

A maggior ragione se siamo intenzionati (almeno lo è il governo in carica) a mettere soldi persino sul nucleare, cioè una tecnologia che chiaramente presenta molti ma molti più rischi rispetto all’imbrigliamento del calore del sottosuolo. Insomma, forse è scoccata l’ora della geotermia.

Investire in geotermia in Italia

Ne sono convinti i moltissimi convenuti all'Italian Geothermal Forum, svoltosi a Roma a metà marzo. Un evento durante il quale il ministro dell'ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha detto che la geotermia potrebbe contribuire addirittura al 10% della produzione elettrica prevista al 2050.

Basterebbe valorizzare, ha assicurato, quello che viene stimato essere il 2% del potenziale presente in tutto il territorio italiano nei primi 5 chilometri di profondità, sfruttando le nuove tecnologie che possono utilizzare anche fonti di calore a temperature molto più basse, anche per il riscaldamento e il raffrescamento di distretti.

Sempre il ministro dell’ambiente ha spiegato che "la geotermia sta diventando un giacimento di minerali rari. Dalla geotermia di profondità, ad esempio, si può estrarre il litio, che sta diventando uno degli elementi fondamentali per lo sviluppo”.

Al forum della società In Fieri e organizzato da Mirumir, erano presenti l’Unione geotermica italiana (UGI), l’Associazione italiana riscaldamento urbano (AIRU), il Consiglio nazionale dei geologi, la Rete geotermica e l'Associazione nazionale impianti geotermia Heat Pump. Il tono generale degli interventi è stato ottimistico.

La base di partenza non è malaccio: l'Italia è l'ottavo paese al mondo e il primo nell’Unione Europea per potenza geotermica installata per la tecnologia tradizionale, con una potenza nominale superiore a 900 MW, e una produzione elettrica annua di circa 6,1 TWh all’anno, cioè il 3% circa del fabbisogno nazionale.

Per Pichetto Fratin si potrebbe salire al 10% della produzione elettrica prevista al 2050, rendendo la geotermia “la chiave di volta necessaria non solo al raggiungimento dei target europei di decarbonizzazione, ma anche allo sviluppo complessivo del paese e a una riduzione delle bollette per famiglie e imprese”.

Eppure, praticamente dal 2010 le installazioni geotermiche per la produzione elettrica sono ferme. Non è una sorpresa, perché i problemi sono un po’ i soliti sempre denunciati in ambito energetico da anni: i permessi (con lunghe e incerte procedure, tra l’altro diverse da regione a regione), la burocrazia (circa 40 progetti, per un totale di 800 MW, sono fermi in attesa delle aste del Decreto FER 2, anche se il GSE si è impegnato a sbloccarle a breve), il rischio dell’investimento.

Non è infatti banale esplorare il sottosuolo, e tantomeno passare dalle vecchie tecnologie del geotermico con emissioni, molto impattanti, a centrali elettriche a ciclo binario senza emissioni e di piccole dimensioni.

Impianti geotermici in Toscana e Centro Italia

In Italia, si sa, è la Toscana la regione regina del geotermico. Enel Green Power − che si è vista confermare otto delle dieci storiche concessioni di cui già gode e riconoscerne di nuove − investirà 3 miliardi con tre nuove centrali. Saranno tutte in provincia di Grosseto: a Monterotondo Marittimo (per una potenza di 5 Megawatt), e sul monte Amiata a Piancastagnaio 6 (40 MW) e a Bagnore 5 (20 MW), nel comune di Santa Fiora.

Nel piano pluriennale dell’azienda sono previsti anche 400 milioni di euro dedicati a interventi di “compensazione” per i comuni interessati. Come ha di recente detto il presidente della regione Eugenio Giani, "le 10 concessioni geotermiche si traducono in 34 centrali, alle quali si aggiungeranno le nuove tre, per una potenza installata lorda di 916 MW”. I 16 comuni geotermici della Toscana, tra l’altro, riescono a portarsi a casa in media royalties di oltre 30 milioni l’anno.

Altre possibilità concrete di sviluppo però ci sono anche in regioni come l’Umbria, il Lazio, la Campania, la Basilicata e la Sicilia. E non solo. La Fri-El Geo, società del gruppo Fri-El Green Power che sviluppa impianti geotermici, si dice pronta a investire 3 miliardi in 10 anni.

Come ha dichiarato al Forum il capo dello sviluppo dell’azienda, Andrea Ferrara, i progetti mirano a utilizzare il calore proveniente da fonti geotermiche del sottosuolo per la distribuzione in centri abitati e zone industriali: “Abbiamo in pipeline circa 25 impianti a ciclo chiuso, senza emissioni in atmosfera, nel Nord Italia, con un potenziale praticamente inesauribile”.

 

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In copertina: un impianto geotermico in Islanda, Envato