Il dibattito sul ritorno al nucleare in Italia è più acceso che mai: nell’anniversario del disastro di Fukushima abbiamo deciso di dare spazio a questa discussione ospitando un editoriale con l'opinione contraria di Edo Ronchi e uno con l'opinione favorevole di Stefano Buono
Il ritorno alle centrali nucleari a fissione in Italia viene motivato con una presunta impossibilità di far fronte alla decarbonizzazione, in modo economicamente sostenibile, ricorrendo solo a fonti energetiche rinnovabili discontinue come il solare e l’eolico. La possibilità di produrre grandi quantità di energia elettrica con le fonti rinnovabili è ormai provata in diversi paesi. In Germania, per esempio, nel 2024 sono stati generati 275,2 TWh da fonti rinnovabili: più dell’intera produzione di elettricità in Italia che, in quello stesso anno, è stata pari a 256 TWh.
La discontinuità giornaliera e settimanale del solare e dell’eolico è affrontata e risolta da tempo con batterie, pompaggi e sistemi di gestione intelligente delle reti e della domanda. La discontinuità stagionale è affrontabile e affrontata con l’integrazione della diversa stagionalità del solare e dell’eolico, con l’integrazione con fonti rinnovabili non discontinue (idroelettrico, geotermia e biomasse), con l’integrazione delle reti europee e internazionali, e, per una parte residuale, quando si arriverà a percentuali molto elevate di rinnovabili, con accumuli stagionali basati sull’idrogeno verde e su suoi derivati.
Quando in grandi paesi come la Germania e la Spagna − nel 2030, fra pochi anni − le rinnovabili supereranno, come programmato, l’80% della produzione di elettricità, sarà ancora più chiaro che quelli sulla scarsa capacità e sulla irrisolvibile discontinuità delle rinnovabili sono solo pregiudizi infondati.
Anche tenendo conto dei costi delle reti e degli accumuli, le rinnovabili sono economicamente convenienti. Mentre infatti il gas e il combustibile nucleare devono essere importati e sono molto costosi, il sole e il vento sono disponibili e gratis. Mentre i costi di costruzione delle centrali nucleari sono altissimi e i tempi di costruzione molto lunghi, quelli degli impianti eolici e solari sono bassi e i tempi sono brevi.
I costi di generazione dell’elettricità da fonte solare ed eolica, per queste ragioni, sono meno di un terzo di quelli delle centrali nucleari (secondo il World Energy Outlook 2024 della IEA). I nuovi reattori SMR, che vorrebbero costruire in Italia, potrebbero costare addirittura di più perché perdono i vantaggi dell’economia di scala e devono affrontare i costi di avvio di un nuovo modello.
Secondo i dati del centro studi di Unimpresa, nel periodo 2021-2024 nei due paesi che hanno fatto più rinnovabili l’elettricità è costata meno che in Italia: il 20% in meno in Germania e il 25% in meno in Spagna. Una ricerca della Banca d’Italia del febbraio di quest’anno sul “Recente sviluppo delle energie rinnovabili in talia” conclude che “nel 2022 le imprese che hanno registrato una migliore dinamica di redditività sono quelle che hanno beneficiato di elettricità rinnovabile autoprodotta”.
Affidare, invece che alle rinnovabili, il 10% della decarbonizzazione della produzione di elettricità alla costruzione di nuove centrali nucleari in Italia è incompatibile con i tempi della decarbonizzazione, fissati da un Regolamento europeo al 2050. Per produrre il 10% di elettricità da centrali nucleari servirebbero 20 reattori SMR da 300 MW. Il territorio italiano è diffusamente montuoso, con aree pianeggianti densamente popolate, è interessato da un diffuso rischio sismico e da un diffuso rischio di frane e di alluvioni.
Le centrali nucleari hanno inoltre in Italia una bassissima accettazione sociale. Quando dai discorsi generici si passa alla localizzazione di una centrale nucleare, piccola quanto volete, in un territorio preciso, gli abitanti di quel territorio diventano, nella stragrande maggioranza, contrari.
Inoltre, 13 anni di procedure non sono bastati in Italia per localizzare un deposito di rifiuti radioattivi, necessario e con impatto molto minore di un reattore nucleare. Taluni si illudono che basti dichiarare nuovi, perché meno grandi e modulari e sostenibili per legge, dei reattori nucleari a fissione per poterli mettere facilmente in qualunque distretto industriale.
Il Consiglio regionale del Veneto ha bocciato all’unanimità dei votanti, il 13 dicembre 2024, l’ipotesi di localizzare uno di questi nuovi reattori SMR a Porto Marghera. Posizione, a quanto pare, largamente condivisa, visto che nessuna regione ha proposto siti sul proprio territorio dove mettere questi fantastici nuovi reattori nucleari.
Pensare di poter localizzare, autorizzare e costruire 20 reattori nucleari in Italia in 20 anni, dal 2030 al 2050, è pura fantasia. È ora di rimettere i piedi per terra: non c’è più tempo, affidare al ritorno alle centrali nucleari la decarbonizzazione di una quota dell’elettricità comporterebbe, per l’Italia, far saltare la scadenza, europea e internazionale, della neutralità climatica entro il 2050.
In copertina: immagine Envato