Il dibattito sul ritorno al nucleare in Italia è più acceso che mai: nell’anniversario del disastro di Fukushima abbiamo deciso di dare spazio a questa discussione ospitando un editoriale con l'opinione favorevole di Stefano Buono e uno con l'opinione contraria di Edo Ronchi
L’11 marzo viene ricordato ogni anno dal 2011 come il giorno in cui avvenne il terzo incidente nucleare della storia, dopo quelli di Three Mile Island (Stati Uniti, 1979) e quello di Černobyl (Unione Sovietica, 1986). Fukushima segnò l’inizio di una seconda ondata di scetticismo verso l’energia nucleare in molte parti del mondo, alimentato da coloro che scelsero non di guardare alle verità scientifiche sull’incidente, bensì di cavalcarne il clamore mediatico.
In quei giorni io stesso fui molto preoccupato dalla notizia, probabilmente distratto dalla narrativa che si era creata intorno all’evento. Tuttavia, anni dopo l’incidente decisi di analizzarlo scientificamente e scoprii non solo che non avesse avuto nessuna conseguenza per la popolazione, ma neppure per l’ambiente!
Inoltre, a fronte delle ventimila vittime causate dal terremoto e dallo tsunami che seguì, il numero di vittime per esposizione a radiazioni è stato certificato pari a 0 dall’ONU e i livelli di radioattività nelle immediate vicinanze erano ben inferiori alla radioattività naturale di città come Orvieto o piazza San Pietro a Roma.
Oggi l’Italia, come molti altri paesi, sta riconsiderando un ritorno all’energia nucleare che viene vista come lo strumento necessario, al fianco delle rinnovabili, per garantire il raggiungimento degli obiettivi della transizione energetica assicurando al contempo la competitività dell’industria.
I sondaggi mostrano che la domanda fondamentale che i più si pongono riguardo a questa straordinaria tecnologia è se sia o meno sicura.
La risposta è un plateale sì.
I tre incidenti nucleari della storia sono tutti avvenuti in reattori di seconda generazione, una tecnologia sviluppata all’alba dell’era nucleare negli anni Sessanta e che mancava di molti dei sistemi di sicurezza introdotti dalla terza generazione.
Pur considerati gli incidenti, che solo nel caso di Černobyl hanno causato morti, il nucleare ha provocato in 80 anni di attività un numero di morti per unità di energia prodotta comparabile a quello del solare e inferiore a quella dell’eolico. L’idroelettrico, ad esempio, ne ha causati 43 volte di più rispetto al nucleare, il gas 94, il carbone più di 1.000.
L’industria nucleare ha fatto passi da gigante per garantire livelli di sicurezza ancor più elevati, accollandosi i costi aggiuntivi e i ritardi nello sviluppo dei progetti che ne sono derivati.
Oggi il nucleare produce il 10% dell’elettricità globale e il 50% dell’elettricità decarbonizzata dell’Unione Europea ed è il principale alleato nel supportare una nuova era di crescita sostenibile al fianco delle rinnovabili.
Se l’Italia si vuole affacciare nuovamente al nucleare, ha la possibilità di farlo con tecnologie ancora più sicure, quelle di quarta generazione, che risolvono anche l’altro problema percepito del nucleare: la gestione delle scorie.
Con newcleo, la società che ho fondato nel 2021, lavoriamo per realizzare reattori che sono in grado di eliminare le scorie prodotte dalle centrali nucleari tradizionali producendo grandi quantità di energia pulita e decarbonizzata in maniera passivamente sicura. Lo faremo grazie a reattori di quarta generazione, raffreddati con piombo fuso (invece che ad acqua) e che utilizzano una miscela di uranio impoverito e plutonio (le cosiddette “scorie”) come combustibile.
Grazie all’abbondanza di questi materiali di scarto in Francia e altri paesi, l’Europa potrebbe alimentare tutta la sua domanda di energia per centinaia di anni senza necessità di estrarre nuovo uranio dalla terra.
Il costo? Basso: circa €60 MW/h, meno della metà dell’attuale costo all’ingrosso in Italia. Le dimensioni? Ridotte: costruiremo reattori di circa 6 metri per 6 metri, perfetti anche per la fornitura di energia alle grandi industrie energivore.
Non a caso, proprio il 10 marzo abbiamo firmato un accordo con l’acciaieria Danieli per studiare come usare i nostri reattori per produrre acciaio verde. L’opportunità per il paese è grande, sta a noi allungare il braccio e prendere in mano il nostro futuro.
In copertina: immagine Envato