Era il settembre del 1999 quando le fiamme divorarono l’azienda Orbit a Vigarano Mainarda, in provincia di Ferrara. Un incendio che i vigili del fuoco riuscirono a spegnere soltanto dopo 15 giorni e durante il quale bruciarono circa 11 tonnellate di rifiuti da cartiera, “pulper”, e il tetto del capannone contenente amianto. Sono ormai 24 anni che le diverse amministrazioni di Vigarano Mainarda cercano sostegno per smaltire i rifiuti e bonificare completamente l’area contaminata, ma la mancanza di competenze e le poche risorse economiche hanno sempre ostacolato il percorso del piccolo paese di 7.000 abitanti.
Dopo non essere riusciti ad accedere ai fondi PNRR destinati ai siti orfani ‒ cioè quei siti contaminati che non siano stati bonificati dai responsabili o dai proprietari dei terreni perché sconosciuti o inadempienti – l’assessora all’Ambiente Francesca Lambertini ha trovato nel progetto Mettiamoci in Riga una possibile risposta a tutti gli interrogativi e le frustrazioni vissute dal Comune ferrarese.
Il progetto Mettiamoci in riga
Il progetto, creato nel 2018 dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare (MATTM), offre alle amministrazioni pubbliche e ad altri soggetti con competenze ambientali percorsi di rafforzamento delle capacità amministrative e tecniche del personale. “Il gruppo di lavoro di Mettiamoci in Riga ci ha fornito le linee guida per inviare un piano di caratterizzazione in modo da determinare la contaminazione del sito e procedere con la sua rifunzionalizzazione”, ha detto soddisfatta Lamberti sul palco della fiera Remtech a Ferrara.
Queste linee guida che rafforzano la governance ambientale, soprattutto delle piccole amministrazioni pubbliche, affrontano per la prima volta non solo la messa in sicurezza delle discariche ma anche il riutilizzo di queste aree con diverse possibili applicazioni. “Parchi pubblici, impianti di selezione rifiuti, centri di riutilizzo e impianti fotovoltaici: sono diverse le opzioni a seconda del contesto”, ha elencato Roberto Mantovanelli, da luglio Presidente di Sogesid, società di ingegneria controllata dal MASE che ha finanziato il progetto con 35 milioni di euro. “Le amministrazioni comunali hanno apprezzato molto il sostegno.”
Energia solare dalle discariche
La rifunzionalizzazione di discariche irregolari ha l'obiettivo di contrastare il consumo di suolo e al contempo il riproporsi del fenomeno dell'abbandono di rifiuti e il conseguente degrado ambientale. “Appena le discariche vengono svuotate – ha affermato l’avvocato Xavier Santapichi ‒ solitamente vediamo che dopo due giorni vengono riempite illegalmente. I sistemi di riutilizzo possono cambiare le cose offrendo una seconda vita all’area con maggiori controlli.”
Autorizzare un impianto di compostaggio o l’installazione di pannelli fotovoltaici comporta spesso un certo malumore tra la popolazione. “Più difficile, invece, che la sindrome Nimby [Not In My Back Yard, ndr] influenzi la cittadinanza quando si tratta di riqualificare una discarica abbandonata”, ha fatto notare Santapichi.
Un altro progetto in via di sviluppo riguarda la rifunzionalizzazione della discarica di Pozzuolo del Friuli a sud di Udine. Il sito verrà bonificato e riutilizzato per produrre energia solare grazie a un telo fotovoltaico, utile, anche se molto meno performante, per i siti poco adatti ai pannelli solari tradizionali.
Landfill mining, da discariche a miniere di materia riciclabile
Oltre a recuperare e riqualificare i siti di smaltimento illegale, si inizia a pensare in ottica circolare anche nella valorizzazione dei rifiuti provenienti da vecchie discariche. In Europa sono attualmente registrate più di 500.000 discariche e oltre il 90% non soddisfa i criteri sanitari disposti dalla direttiva comunitaria del 1999. L’80% di questi siti di smaltimento contiene ancora rifiuti urbani che prima dal punto di vista economico non aveva senso riciclare ma che ora potrebbero diventare materie prime seconde di valore.
Da qui nasce il termine landfill mining: svuotare ed estrarre materie prime valorizzabili dalle vecchie discariche per riempirle con i rifiuti irrecuperabili di oggi. Si tratta di una tecnica di bonifica risalente agli anni Novanta che è tornata in voga sia per la crescente preoccupazione di potenziali contaminazioni sia per l'esigenza di individuare nuove aree per lo smaltimento finale dei rifiuti.
Trasformare le discariche in nuove miniere di materiali riciclabili è un’idea che Haiki Mines sta sviluppando e portando in Italia per la prima volta [Materia Rinnovabile fa parte del gruppo Innovatec che controlla Haiki Mines, ndr]. In un vecchio scompartimento della discarica di Bedizzole (Brescia) sono stati gettati dal 1999 al 2003 circa 800.000 metri cubi di rifiuti. Acciaio, inox, gomma di pneumatici, grandi quantità di rame di cavi elettrici, alluminio, zinco: si tratta di scarti provenienti dalla demolizione di auto che prima non venivano valorizzati. Sebbene siano escluse dalla famosa scala delle 9R (Refuse, Rethink, Reduce, Reuse, Repair, Refurbish, Repurpose, Recycle and Recover), il riutilizzo di siti di smaltimento abusivi e il landfill mining sono soluzioni che possono render la parola “discarica” leggermente meno brutta.
Immagine: Franziska Leimkühler, Pexels