Da qualche mese l’industria della carta è in subbuglio. Non è la sola, certo. Negli ultimi due anni la pandemia e ora il conflitto in Ucraina hanno messo a dura prova le catene di approvvigionamento di materie prime e risorse in quasi ogni settore, portando sotto gli occhi di tutti la fragilità di un sistema globale fatto di complessi meccanismi e fitte e spesso imprevedibili interrelazioni.
Ma se tutte le filiere efficienti si assomigliano, ogni filiera che si inceppa lo fa a modo suo. Siamo quindi andati a vedere cosa è successo in questi mesi nel settore cartario europeo, e in particolare in quello italiano, chiedendo lumi a due delle principali associazioni di categoria nostrane: Assocarta e Comieco.
Il campanello d’allarme degli editori
Il campanello d’allarme – o almeno, quello che si è sentito anche fuori dalla cerchia degli addetti ai lavori – lo hanno suonato le associazioni degli editori. A inizio marzo, il presidente della Federazione italiana degli editori Andrea Riffeser Monti, intervistato da Repubblica, dichiarava tutta la sua preoccupazione per l’aumento incontrollato del costo della carta: “A partire dal secondo semestre del 2021 il prezzo della carta su cui si stampano i giornali è cresciuto di oltre il 100% e ulteriori aumenti sono in corso”. “Gli editori – aggiungeva - sono già stati costretti a ridurre la foliazione e le notizie”.
A fargli eco, il presidente di Assografici Emilio Albertini denunciava, pochi giorni dopo, una generale situazione di difficoltà di tutto il comparto cartario europeo, cominciando dalle etichette per finire con la cartotecnica, e passando naturalmente dalle carte grafiche, un “settore questo in netta sofferenza già da oltre un decennio a cui ora si aggiunge la mancanza di materia prima”. In una lunga intervista su un sito specializzato, Albertini delineava una catena di cause ed effetti partita da lontano, con vari fattori coinvolti: il rincaro dell’energia innanzitutto, le difficoltà di reperimento delle materie prime dovute alla logistica globale inceppata, ma anche ad un aumento della domanda in certi segmenti di mercato. E poi un elemento specifico della filiera della carta: la riconversione, già in atto da anni, di molte cartiere dalla produzione di carte grafiche a quella di cartone da imballaggio, che aggiunta a tutti gli altri elementi ha reso la vita ancora più difficile all’editoria.
Ma non chiamatela “crisi”
“Bisogna però fare attenzione ad usare il termine crisi”. Per Massimo Medugno, direttore di Assocarta, la categoria di crisi, con cui ormai si tende ad etichettare qualsiasi situazione un po’ caotica in campo economico, non è in questo caso appropriata, visto che il mercato della carta è tutt’altro che fermo. “Possiamo parlare piuttosto di una situazione di tensione, che comunque non è partita adesso - precisa a Materia Rinnovabile - Già nel giugno 2021 noi di Assocarta avevamo cominciato a dirlo, preoccupati per la situazione tesa dei mercati delle materie prime e dell’energia; a novembre e dicembre la situazione si è poi acuita”.
Tuttavia, per il mercato della carta in generale, il momento si può dire addirittura positivo: assorbito lo shock dei lockdown nel 2020, il 2021 è stato infatti un anno di ripresa per tutto il comparto. Per quanto riguarda in particolare l’Italia, spiega Medugno, “abbiamo ripreso le quantità perse nel 2020 e il settore dell’imballaggio si è dimostrato trainante. Tanto che siamo diventati il secondo produttore europeo di carta, subito dietro la Germania, guadagnando una posizione rispetto all’anno precedente”.
I numeri della crescita ce li fornisce Lorenzo Bono, responsabile Ricerca&Sviluppo di Comieco, il Consorzio nazionale per il recupero e il riciclo degli imballaggi a base cellulosica. “La produzione di carta e cartone nel 2019 aveva quasi raggiunto i 9 milioni. - spiega a Materia Rinnovabile – Poi nel 2020, durante la pandemia, la produzione complessiva è scesa indicativamente di 400mila tonnellate, arrivando a circa 8,5 milioni. Nel 2021 però c’è stato un rimbalzo di oltre il 10% e abbiamo superato abbondantemente i 9 milioni di tonnellate. Questo risultato è in parte riconducibile all’entrata a pieno regime di due nuove grandi cartiere, riconvertite dalle carte grafiche agli imballaggi, con una capacità di circa 700/800 mila tonnellate”. Recupero e crescita, dunque, sono stati trainati dagli imballaggi che, va detto, erano già in controtendenza nel 2020, con un incremento di produzione presto spiegato dal boom di acquisti online durante la pandemia. “E l’e-commerce – aggiunge Bono – è ancora cresciuto anche nel 2021, con un aumento degli acquisti online del 17% e delle spedizioni di circa il 20%”.
Perché allora si parla di “crisi”?
Carissima energia
“Non si tratta – ribadisce Massimo Medugno - di una crisi della domanda, ma di una difficoltà da parte delle aziende nel gestire una serie di condizioni contingenti, a cominciare dal forte e repentino aumento dei costi delle materie prime e dell’energia”.
Il costo dell’energia, come ormai tutti sappiamo fin troppo bene, è aumentato drammaticamente nell’ultimo anno. Secondo i dati elaborati da Assocarta (vedi grafico), i prezzi del gas sono passati dai 20/30 euro/Mwh del primo semestre 2021 ai 100/120 euro/Mwh di marzo 2022: quadruplicati. “Il nostro è un settore tra i più energivori – spiega Lorenzo Bono – Il costo dell’energia ha un peso sul prodotto finito di circa il 20%. Perciò se questo costo quadruplica quasi da un giorno all’altro, la cartiera deve trovare il modo di scaricare a valle la spesa aggiuntiva, aumentando il prezzo per chi compra. Oppure si ferma”. Ed è proprio ciò che è successo nella prima metà di marzo, subito dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, quando il picco dell’energia ha portato circa il 30% della produzione cartaria italiana a fermarsi o comunque a rallentare drasticamente. “Le aziende, per non produrre in perdita, hanno dovuto stoppare la produzione, creando così l’attuale situazione di scarsità”, conclude Medugno.
Materie prime e prezzi volatili
Alla tensione energetica si aggiunge poi il rincaro delle materie prime, cominciato in realtà già nel 2021. In questo caso ogni filiera segue le sue logiche, a volte contro-intuitive. Il mercato della carta da macero (cioè la materia prima seconda utilizzata per produrre cartone da imballaggi) è ad esempio particolarmente volatile. “A inizio pandemia – racconta Bono - il prezzo del macero aveva quasi toccato lo zero, tanto che Comieco aveva dovuto incentivare le cartiere a comprarne di più per evitare una crisi. Nel 2021 invece i prezzi sono tornati ad aumentare, soprattutto dalla seconda metà dell’anno, superando i 100 euro a tonnellata”. Il trend si spiega con la crescita della domanda di imballaggio: “Innanzitutto perché le merci hanno ricominciato a viaggiare – continua Bono – E poi anche perché adesso, dopo il recepimento della direttiva SUP, stiamo assistendo a un trend di sostituzione degli imballaggi in plastica con quelli in carta e cartone”.
Anche le altre materie prime hanno subìto dei rincari. Il prezzo della cellulosa vergine (indispensabile per produrre carte grafiche) è aumentato del 50% in un anno, mentre altri materiali fondamentali nei processi di produzione, come gli amidi e i lattici, risentono dei rallentamenti e delle difficoltà nelle catene di approvvigionamento internazionali. “Ora anche le sanzioni contro la Russia stanno creando degli sbilanciamenti nelle filiere – aggiunge Medugno – Pensiamo ad esempio a tutto il legname russo importato in Nord Europa proprio per fabbricare carta”.
Insomma, gli intoppi delle catene di approvvigionamento causano il rallentamento della produzione e l’effetto “non si trova più carta”. Le cartotecniche devono così prenotare le bobine con mesi di anticipo e poi magari, al momento di pagarle, si trovano con prezzi lievitati, che avranno nel frattempo assorbito tutte le fluttuazioni del mercato.
Strategie di resilienza
Anche chi ha “tenuto” lo ha fatto però stringendo i denti e adottando rapide strategie di resilienza. È il caso di Fedrigoni, storica azienda veronese specializzata nella produzione di carte fini per stampa, cartotecnica ed etichette, che vent’anni fa ha raccolto l’eredità di Fabriano. “L’aumento vertiginoso del costo dell’energia elettrica e del gas, e prima ancora quello delle materie prime, ha portato a rincari mai visti e creato grosse difficoltà nell’approvvigionamento e nei trasporti”, racconta a Materia Rinnovabile il Ceo dell’azienda, Marco Nespolo. “Nonostante tutto, Fedrigoni è riuscita a garantire la piena continuità del business, intervenendo in maniera preventiva su tutta la supply chain proprio per evitare interruzioni nella fornitura di materie prime, diversificando il panel dei fornitori laddove possibile, pianificando acquisti e facendo scorte, e anche riformulando i prodotti in modo da essere meno dipendenti da certi materiali. Questo ha permesso di evadere tutti gli ordini, anche grazie a una rete distributiva proprietaria, con magazzini dislocati in ogni parte del mondo”.
“Tuttavia – ammette Nespolo - è stato inevitabile trasferire una parte dei costi sui clienti, aumentando i prezzi del 10-12%: noi siamo i primi produttori al mondo nelle etichette per i vini di alta gamma e nel packaging dei grandi brand del lusso e della moda, settori di nicchia che sono riusciti ad assorbire gli aumenti, fino a questo momento. La situazione però non sarà sostenibile nel lungo periodo e ci auguriamo che le gravi turbolenze dei mercati possano finire presto”.
Che fare? Idee per una carta più circolare
Se alcune grandi aziende riescono a tamponare l’emergenza grazie alle possibilità di diversificazione della produzione e dei fornitori, per molti però non è possibile. E in generale, considerando quanto la carta sia indispensabile per molti settori fondamentali come l’informazione, l’educazione, l’igiene e il commercio, l’intero comparto europeo dovrebbe diventare più resiliente rispetto all’instabilità dei mercati. È un po’ questo il succo della lettera inviata dalla Confederazione Europea dell’Industria Cartaria alla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen. “Abbiamo in sostanza chiesto di tenere l’industria cartaria in considerazione per le misure emergenziali in campo energetico”, precisa Massimo Medugno.
Quanto alla carenza e ai rincari delle materie prime, per Lorenzo Bono la chiave sta invece nell’economia circolare, in particolare nell’ottimizzazione e miglioramento del riciclo di carta e cartone. “L’Italia ha in realtà già superato l’obiettivo dell’85% di riciclo, che l’Unione Europea ha stabilito come target per il 2030 – spiega – Ma i margini per migliorare ci sono comunque e l’accresciuta capacità produttiva italiana ha bisogno di macero”. Proprio sul macero si focalizzava la richiesta rivolta da Assocarta al Governo di inserire "le materie prime dell'economia circolare come la carta da riciclare" nella lista delle cosiddette materie prime critiche, cioè quelle che devono rendere conto delle quantità e destinazioni delle esportazioni: questo per evitare una perdita di materiale che sarebbe prezioso per l’industria nazionale e che magari andrebbe a finire in Paesi dove non sarebbe riciclato correttamente.
“Il macero italiano – precisa Bono – è in buona parte ancora venduto all’estero, anche se nell’ultimo anno le esportazioni, grazie alle richieste delle nostre cartiere, sono calate: siamo passati da 1,8 milioni di tonnellate a 1,2 milioni nel 2021”. Ovviamente questo non significa che la domanda estera sia in calo, anzi: e così ci ritroviamo con un mercato in tensione e prezzi che aumentano. “Per questo è necessario aumentare la raccolta – continua Bono – E per farlo abbiamo a disposizione fondi specifici del Pnrr per l’ottimizzazione della circolarità delle filiere”. Sono diversi i punti su cui, secondo Bono, si potrebbe intervenire, a partire dalla tracciabilità e dall’etichettatura dei materiali. “C’è poi il tema del sorting, e in particolare l’intercettazione e raccolta degli imballaggi compositi e dei poliaccoppiati, come i cartoni per bevande. Da questi tipi di imballaggi, che devono essere trattati in impianti dedicati, si può recuperare ottima fibra, ma anche altri materiali come alcune plastiche pregiate. E una volta recuperato tutto il riciclabile, lo scarto del pulper potrebbe essere utilizzato dalla stessa cartiera per il recupero energetico”. L’economia circolare aiuterebbe così l’indipendenza energetica del settore, che comunque, dove possibile, sta già pensando a revamping degli impianti di cogenerazione per poter utilizzare anche biogas e idrogeno.
Carta canta, ma fa anche i conti. Per uscire dalla crisi con un comparto rinnovato, più circolare e resiliente.
Immagine: Patrick Tomasso (Unsplash)