Ginevra, 12 maggio. Mancano tre minuti alle 23. Come ogni COP che si rispetti, alcuni delegati si stropicciano gli occhi, consumati da due settimane di negoziati non stop. Poi la presidente della Convenzione di Stoccolma Keima Gardiner sancisce la fine della Conferenza delle Parti sulle sostanze chimiche e rifiuti pericolosi: è finita. Abbiamo degli accordi importanti e qualche occasione persa.
Le Parti della Convenzione di Basilea hanno trovato un accordo sull’adozione di linee guida tecniche sulla gestione ecocompatibile di rifiuti di plastica, rifiuti contaminati da POP (inquinanti organici persistenti) e quelli da dispositivi elettronici. Meno bene sono andati i negoziati sull’inserimento di 7 sostanze chimiche pericolose nella lista soggetta al “previo consenso informato” sul commercio tra Paesi: solo una ha raggiunto l’unanimità. Ampio consenso, infine, si è raggiunto sul divieto alla produzione e l'uso del pesticida metossicloro, e di Dechlorane Plus e UV-328, prodotti chimici ampiamente utilizzati come additivi nella plastica, nei veicoli e nei dispositivi medici. Tuttavia alcune esenzioni hanno suscitato parecchie polemiche.
Il no al riciclo chimico come tecnologia sostenibile
Da Ginevra trapela discreta soddisfazione per gli accordi raggiunti, soprattutto per l’adozione delle linee guida tecniche su come gestire i rifiuti di plastica, Raee e quei rifiuti pericolosi contaminati da inquinanti organici persistenti. Quello sulle plastiche era un negoziato delicato e tanto atteso, specialmente in vista del secondo round di negoziazione - che avrà luogo a Parigi tra il 29 maggio e il 2 giugno - per sviluppare uno strumento internazionale giuridicamente vincolante che contrasti l'inquinamento da plastica.
Nel redigere le technical guidelines, diversi Paesi hanno fatto pressioni per inserire il riciclo chimico tra le tecnologie sostenibili. “A preoccuparci non c’era soltanto il fatto che sarebbe stata incluso nella Convenzione di Basilea come metodo ecocompatibile – dice a Materia Rinnovabile Giulia Carlini, giurista del Center for International Environmental Law (CIEL) che ha seguito i negoziati - ma che la sua inclusione avrebbe poi rappresentato un precedente ai negoziati di Parigi di fine maggio”. Dopo diverse ore di interventi, la bozza finale ha di fatto escluso il riciclo chimico dalle linee guida. Chissà se il report Chemicals in Plastics: A Technical Report pubblicato proprio durante la settimana dei negoziati dal Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP) e dal Segretariato delle tre Convenzioni abbia giocato un ruolo decisivo nella decisione finale.
Oltre a sottolineare come le sostanze chimiche rilasciate durante il ciclo di vita della plastica rappresentino una grave minaccia per la salute e l'ambiente, il rapporto afferma che il riciclo chimico – come le altre tecnologie - può produrre elevate quantità di rifiuti pericolosi che portano a ulteriori complicazioni di smaltimento.
Sempre nell’orbita della Convenzione di Basilea sono state introdotte inoltre ad interim delle linee guida per regolare il movimento transnazionale dei rifiuti elettronici. Le discussioni si sono focalizzate sulla distinzione fra un dispositivo che diventa rifiuto oppure che è ancora riutilizzabile, problematica che molto spesso coincide con operazioni di traffico illegale internazionale di rifiuti.
Il blocco che mette in discussione le regole di Rotterdam
L’accordo di Rotterdam richiede ai firmatari di garantire che gli esportatori di qualsiasi prodotto chimico e pesticida considerati pericolosi ottengano il previo consenso informato (PIC) dal Paese importatore. A Ginevra i delegati hanno negoziato l’inserimento di 7 sostanze chimiche nella procedura PIC, ma solo una, il pesticida Turbufos, ha messo d’accordo tutte le Parti. “L’idea del PIC è quella di condividere informazioni su varie sostanze come l’amianto e pesticidi pericolosi – spiega Giulia Carlini – ma sono anni che si tenta di aggiungerle perché, secondo le regole della Convenzione di Rotterdam, è necessario il consenso di tutte le Parti. Quindi basta il no di uno o due Paesi per bloccare tutto”.
Visto il reiterato veto di alcuni Parti, quest’anno è arrivata sui tavoli negoziali la proposta di aggiungere un allegato (Annex VIII) che proponeva il libero scambio di informazioni solo tra quei Paesi intenti a farlo. L’emendamento alla fine non è riuscito a raggiungere la soglia del 75% dei voti, quorum necessario per modificare la Convenzione. Secondo le nostri fonti, è stata soprattutto la Russia a cercare sin dal primo giorno (1°maggio) di sabotare la proposta cercando di rallentare il processo di voto.
Una coalizione globale di oltre 40 sindacati e Ong ha poi espresso la propria frustrazione e sgomento per l’esclusione dalla lista dell'amianto crisotilo e altre sostanze chimiche pericolose. “Queste tattiche minacciano la credibilità della Convenzione e si fanno beffe del suo obiettivo, cioè di avvertire gli Stati importatori di quante sostanze chimiche pericolose entrano nel Paese”, si legge nel documento.
“Un piccolo gruppo di Paesi non dovrebbe essere in grado di bloccare il diritto alla trasparenza sul commercio di sostanze altamente tossiche – ha detto Sara Broschè consulente scientifico dell’International Pollutants Elimination Network (IPEN) – Maggiori informazioni sulle sostanze che rappresentano una seria minaccia per la nostra salute e ambienti sani dovrebbero essere accolte con favore da tutti”.
Tre sostanze tossiche nella lista nera, ma ci sono esenzioni
Più di 120 Paesi hanno accettato di aggiungere alla lista nera delle sostanze da eliminare il pesticida metossicloro, e due sostanze chimiche tossiche usate nella plastica. L’additivo per plastica UV-328 e il ritardante di fiamma Dechlorane Plus (anch'esso spesso utilizzato nelle materie plastiche) hanno suscitato però parecchio dibattito alla COP dedicata alla Convenzione di Stoccolma.
I primi giorni diversi rappresentati hanno chiesto requisiti specifici che consentano di identificare materiali e rifiuti contenenti le due sostanze. Tuttavia, sebbene la Convenzione contenga disposizioni per tracciarli nella misura del “facciamo ciò che è possibile", alcune Parti si sono opposte fermamente alla richiesta.
Questo di fatto ha comportato l’inserimento di numerose esenzioni: un esempio sono quei Paesi che hanno notificato la volontà di continuare a produrre e usare l’additivo UV-328 in accordo con l’articolo 4 della Convenzione. "La COP ha compiuto oggi un passo importante verso la protezione della salute umana e dell'ambiente - ha dichiarato Brosché - Ma siamo delusi dal fatto che interessi economici di alcuni abbiano motivato pericolose deroghe che metteranno a rischio la salute dei quei lavoratori costantemente a contatto con materiali contenenti queste sostanze chimiche”.
Uno recente studio condotto dall’organizzazione IPEN ha rilevato alti livelli di Dechlorane Plus nel sangue di una comunità di lavoratori tailandesi addetti alla gestione di rifiuti elettronici. La sostanza viene usata come ritardante di fiamma nelle materie plastiche utilizzate per l'elettronica e l'industria automobilistica, e lo studio ha dimostrato come i lavoratori ne siano pericolosamente esposti.
Come riassunto da Rolph Payet, Segretario esecutivo della Conferenza delle Parti, questa COP si chiude con risultati tutto sommato positivi per la protezione delle persone e del pianeta. Una corretta gestione delle sostanze chimiche e dei rifiuti pericolosi potrebbe prevenire almeno 1,6 milioni di morti in tutto il mondo. E questi negoziati servono proprio a questo: prevenire.
Immagine: Envato Elements