Dal Forum The European House - Ambrosetti di Cernobbio è arrivato un messaggio forte: è tempo di un rinascimento del nucleare italiano. Dal ministro dell’ambiente Pichetto Fratin, al ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, fino alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, l’obiettivo è installare fino a 20 impianti Small Modular Reactor (SMR) / Advanced Modular Reactor (AMR), con cui soddisfare circa il 10% della domanda elettrica al 2050. Il governo spinge per creare un quadro legislativo ad hoc per questa nuova generazione di centrali atomiche e investire in innovazione. Materia Rinnovabile ha incontrato durante i lavori del Forum l’AD di Ansaldo Nucleare, Daniela Gentile, per fare il punto sulle tecnologie in questione.

Daniela Gentile

A che punto siamo con le tecnologie di SMR?

Lo SMR è una tecnologia che ha origini lontane, in particolare nella quarta generazione, quella raffreddata al piombo. Questa tecnologia nasce con l'intento di ridurre la complessità legata alla costruzione dei grandi impianti nucleari, ma anche di limitare la necessità di spazio, un aspetto particolarmente sentito in Italia. E quindi ridimensionare ciò che ancora incute riflessioni, e che lascia spazio ad approcci ideologici.  Per noi, il tema degli SMR ha iniziato a prendere forma intorno al 2005-2006, quando Ansaldo Nucleare ha avviato attività di ricerca e sviluppo, partecipando a bandi europei e collaborando con enti di ricerca a livello europeo.  Con il passare degli anni è diventata sempre più evidente la necessità, soprattutto per le industrie, di affrontare il tema della decarbonizzazione, che ha acquisito un obiettivo temporale piuttosto vicino. Si è quindi cercato di individuare una tecnologia che, oltre a essere decarbonizzata di per sé, fosse in grado di fornire diverse componenti energetiche, non solo elettrica, ma anche termica. Il segmento industriale è diventato un tema particolarmente sentito. Si è così cercato di capire come un impianto più piccolo e meno complesso potesse comunque integrare tutte le innovazioni in termini di sicurezza, sviluppate a partire dalla terza generazione nucleare. Questa logica si è poi estesa ai reattori di terza generazione plus, quelli raffreddati ad acqua, i quali, derivando da una tecnologia già utilizzata su impianti di grandi dimensioni, sono considerati più vicini all'implementazione nel breve termine. Ansaldo Nucleare, oltre a lavorare sullo sviluppo della quarta generazione raffreddata al piombo in collaborazione con enti di ricerca, ha anche iniziato a esplorare nuove tecnologie e partnership nel panorama internazionale. Circa un anno fa, abbiamo firmato un accordo con Edison, con l'obiettivo di capire come Ansaldo, non solo attraverso la sua divisione nucleare ma anche tramite Ansaldo Energia, potesse contribuire a tutto tondo. Ansaldo Energia, infatti, ha le competenze necessarie per trasformare l'energia nucleare in energia elettrica, rafforzando così il suo ruolo in questo settore e rendendo più completa la partecipazione dell'azienda a questo segmento industriale.

Quando saranno le prime cantierizzazioni?

Per i primi SMR, si prevede che le cantierizzazioni possano iniziare dal 2030 in poi. Queste sono le date che emergono generalmente a livello globale. Tuttavia, negli Stati Uniti la situazione è diversa: GE-Hitachi ha una tecnologia che considerano pronta per la cantierizzazione, con tempistiche molto più anticipate, intorno al 2026-2027.

Si parla di produzione offsite e tempi di cantiere ridotti. Che tempistiche di realizzazione dobbiamo attenderci?

Il cosiddetto first-of-a-kind [primo modello, nda] non può essere considerato un riferimento fisso. L'obiettivo principale è che questa tecnologia si sviluppi in modo da evitare i problemi che hanno caratterizzato la costruzione dei grandi impianti nucleari, i quali hanno richiesto oltre dieci anni. Per raggiungere questo obiettivo, è necessario produrre il più possibile off-site e in serie. Si punta a un'economia di scala, realizzando parti identiche una dopo l'altra e, soprattutto, evitando di dover ripetere le attività di autorizzazione per ogni singolo progetto, dato che i modelli sono tutti uguali. In questo modo si riducono i tempi di licensing e i costi. L'approccio consiste nel realizzare il più possibile in fabbrica, rendere il processo modulare, con meno attività da svolgere in cantiere, e uniformare la produzione, con impianti che siano realmente identici. Questo dovrebbe permettere di ottenere l'economia di scala e di serie necessaria per raggiungere l'obiettivo prefissato, che nello studio presentato è quello di un costo di 6.500 euro per kilowatt.

Per una potenza media installata di quanti?

Per quanto riguarda la potenza degli SMR, si parla generalmente di circa 300 megawatt, con variazioni che vanno dai 100 ai 500 megawatt. Noi abbiamo preso come riferimento tecnologie attorno ai 340-350 megawatt. Un aspetto interessante è che, a parità di potenza, un reattore modulare occupa cento volte meno spazio rispetto a un campo fotovoltaico equivalente. Rispetto a un impianto a ciclo combinato, tecnologia a noi più vicina, lo spazio occupato è paragonabile, anche se leggermente maggiore, circa il doppio, a causa della necessità di una "fascia di rispetto". Tuttavia, essendo gli SMR di dimensioni inferiori rispetto ai grandi impianti nucleari, anche la fascia di rispetto richiesta è più ridotta, il che porta a un consumo di suolo complessivamente molto inferiore, sia per le dimensioni dell'impianto stesso sia per fascia di rispetto necessaria.

Quanto materiale fissile sarà impiegato in questo tipo di impianti?

È difficile fare previsioni precise a priori, poiché molto dipende dalle tecnologie utilizzate. Tuttavia, un altro obiettivo degli scenari di sviluppo degli SMR è quello di garantire un’autonomia di combustibile di circa sei o sette anni, rispetto ai soli due anni tipici dei grandi impianti nucleari. Questo è un elemento rilevante, considerando anche che il combustibile esausto degli SMR ad acqua, ovvero quelli di terza generazione plus, può essere riutilizzato come combustibile per i reattori di quarta generazione. In questo modo, si completa il ciclo del combustibile e la staffetta tra le tecnologie – dagli SMR ad acqua a quelli raffreddati a piombo – che minimizza le problematiche legate alla gestione del combustibile esausto.

Serviranno ingenti risorse pubbliche come si dice?

È evidente che tecnologie di questo tipo non possono essere sviluppate completamente in autonomia dalle aziende. Sia a livello europeo che nazionale si stanno studiando strumenti per supportare progetti importanti per la decarbonizzazione. Senza il sostegno dello stato, le aziende non sarebbero in grado di realizzarli da sole, e questo è un aspetto fondamentale.

Le competenze nella fissione sono imprescindibili per la fusione del futuro nel sistema industriale italiano?

È fondamentale, come accennavo prima, il concetto di "staffetta" tra la terza generazione plus e la quarta generazione, con l'obiettivo finale della fusione. Queste competenze si sviluppano, maturano e consolidano nell'arco di decenni, non nascono dall'oggi al domani. È quindi essenziale investire ora per il futuro, non solo a livello industriale ma anche nello sviluppo delle competenze e della tecnologia. Le tecnologie coinvolte nella fusione, come quelle utilizzate per ITER, rappresentano frontiere il cui sviluppo richiede anni.

Proprio a luglio Materia Rinnovabile ha visitato il progetto ITER sulla fusione nucleare, in cui voi siete uno dei grandi appaltatori.

La presenza di Ansaldo nella fusione non è recente, ma ha radici lontane. Ansaldo Nucleare ha dovuto diversificarsi, soprattutto dopo l'abbandono del nucleare in Italia, continuando a lavorare su impianti di grandi dimensioni all'estero, come in Romania, dove opera dagli anni Ottanta, e su attività di service e ammodernamento in Slovenia (Krško) e Argentina. A fianco di queste iniziative, Ansaldo ha sviluppato competenze nel decommissioning in Italia e nella fusione. La fusione è una storia lunga: parte del mondo di Ansaldo Energia e include la vecchia Ansaldo Ricerche, che è stata la prima a lavorare sulla fusione. Ansaldo Ricerche è poi stata assorbita da Ansaldo Energia, portando con sé competenze cruciali che sono state integrate in Ansaldo Nucleare. Questo ha permesso ad Ansaldo di partecipare ad attività legate a ITER, dove la fusione oggi rappresenta una quota significativa delle nostre attività. Ad esempio, siamo parte del consorzio insieme a Mangiarotti, Westinghouse e Walter Tosto per la costruzione dei settori del "vacuum vessel". Abbiamo partecipato a studi di progettazione e stiamo sviluppando un complesso sistema di raffreddamento per il Tokamak, oltre a gestire la realizzazione del sistema di alimentazione elettrica ausiliaria, un progetto apparentemente semplice ma che richiede certificazioni, controlli e ridondanze stringenti, date le implicazioni nucleari. Vogliamo continuare a essere protagonisti, dato che ITER richiederà ancora diversi anni per arrivare al "primo plasma".

Resta il fatto che la popolazione italiana, che ha firmato ben due referendum contro, rimane ostile alle tecnologie atomiche.

Sarà fondamentale affrontare il pubblico, i cittadini e i giovani in maniera aperta, discutendo anche dei benefici, come la creazione di 120.000 nuovi posti di lavoro. Tutto questo richiederà tempo, non sarà un percorso immediato e va considerato in un orizzonte medio-lungo. Tuttavia, è una parte fondamentale, senza la quale non ci sarebbero studi o realizzazioni sostenibili. È essenziale dare ai cittadini e alla popolazione la certezza che stiamo avviando un progetto realmente innovativo, basato sull’esperienza accumulata finora ma con un modello che potrebbe essere più adatto al sistema italiano.

Come in tanti settori della transizione energetica, in Italia mancano le competenze.

È davvero difficile trovare queste competenze al momento, poiché sono molto ricercate e molti professionisti vanno all'estero. Noi collaboriamo tanto con le università e stiamo pensando seriamente di avviare nuovi programmi di master. In passato, con Ansaldo Energia, abbiamo già organizzato master di specializzazione, mirati anche a quei giovani che, pur avendo un percorso universitario non strettamente legato al nucleare, stanno iniziando a vedere in questo settore un'opportunità di grande interesse.

 

In copertina: Daniela Gentile al Forum TEHA