Durante la 21° conferenza per il rifinanziamento del Fondo IDA (International Development Association) della Banca Mondiale, tenutasi il 4 e 5 dicembre nella Repubblica di Corea, i donatori hanno stanziato 24 miliardi di dollari. Questo contributo consentirà di mobilitare un totale di 100 miliardi di dollari in finanziamenti per lo sviluppo. Come ricorda il think tank italiano per il clima ECCO in un comunicato, IDA è la più importante fonte globale di sostegno finanziario per lo sviluppo per i 78 paesi più poveri del mondo, offrendo prestiti e sovvenzioni a tasso zero o agevolato, con termini di rimborso molto dilazionati nel tempo.
Circa un terzo dei finanziamenti IDA sono infatti destinati ai paesi a maggior rischio di sofferenza debitoria e più del 70% è diretto a nazioni africane. Non a caso, il rifinanziamento dell’IDA è stato una priorità durante la presidenza italiana del G7. L’Italia, che sotto la guida del governo Meloni ha fatto del Piano Mattei un elemento centrale della sua politica estera, aveva annunciato durante il Vertice del G20 di Rio de Janeiro di voler aumentare il contributo del paese all'IDA. Questo impegno ha avuto un ruolo determinante nel raggiungimento dell’obiettivo di 100 miliardi di dollari per l’IDA21.
La delusione dei paesi africani
Noto in inglese come IDA replenishment, il 21° rifinanziamento del Fondo IDA era atteso fin gli incontri ministeriali degli Spring Meetings del Fondo monetario internazionale (FMI) e della Banca Mondiale (BM) dello scorso aprile. La conclusione della conferenza in Repubblica di Corea segna così un progresso rispetto ai 93 miliardi di dollari raggiunti nel precedente round del 2021 (IDA20). L’esito va però va contestualizzato.
“Nel contesto geopolitico attuale, caratterizzato da numerosi conflitti e da un aumento delle spinte nazionaliste in molti paesi, insieme alle difficoltà legate a elezioni e cambiamenti di governo, direi che il risultato ottenuto è stato positivo”, spiega a Materia Rinnovabile Eleonora Cogo, esperta senior riforme finanza internazionale di ECCO. “Tuttavia, il rifinanziamento ha deluso le aspettative dei paesi africani, che speravano in un rifinanziamento di almeno di 120 miliardi. In generale, se guardiamo ai reali bisogni di finanza per lo sviluppo, e in particolare per il clima, il risultato è inferiore a quanto necessario.” Nel 2022, IDA è stata la principale fonte di finanziamenti per il clima destinati ai paesi africani, con un contributo di 4,45 miliardi di dollari.
“Questo rifinanziamento non riguarda solo le risorse, ma anche il modo in cui le forniamo”, ha dichiarato in una lettera aperta il presidente del Gruppo Banca Mondiale Ajay Banga. “Nel corso degli anni, il quadro operativo di IDA è diventato sempre più complesso, con oltre 1.100 requisiti e metriche diverse. Durante questo ciclo di rifornimento, abbiamo lavorato a stretto contatto con i nostri partner per snellire le operazioni di IDA, dimezzando il numero di metriche richieste a 500 […]. Ciò significa meno ostacoli burocratici e più tempo da dedicare alla realizzazione di risultati sul campo.”
L'importanza del Fondo IDA per il clima
Ma perché è importante parlare di IDA come strumento di contrasto alla crisi climatica? “Il collegamento è dovuto al fatto che già circa un terzo delle risorse dell'IDA, circa il 35%, ha benefici in termini di mitigazione e adattamento”, continua Cogo. “Questo rappresenta un contributo significativo. Inoltre, nei nuovi obiettivi della Banca Mondiale è previsto un incremento fino al 45%, rendendo questi contributi una parte sostanziale delle risorse dedicate al clima. Un altro aspetto importante è legato al tipo di finanziamenti offerti, che includono sovvenzioni o prestiti altamente agevolati. Questi strumenti sono particolarmente rilevanti per il finanziamento del clima, soprattutto per le iniziative di adattamento, dove è molto più difficile coinvolgere il settore privato.”
Le risorse erogate da IDA per affrontare le sfide climatiche saranno poi fondamentali per raggiungere il nuovo obiettivo di finanziamento per il clima (NCQG) stabilito durante la COP29 di Baku, che punta a mobilitare 300 miliardi di dollari all’anno entro il 2035 per aiutare i paesi in via di sviluppo a mitigare e adattarsi al cambiamento climatico. Da Baku a Belem, si apre un percorso per arrivare a mobilitare 1.300 miliardi di euro, la cifra considerata necessaria per attuare la transizione nelle economie dei paesi in via di sviluppo. E’ importante che una parte significativa di queste risorse sia erogata sotto forma di sovvenzioni e prestiti a basso tasso di interesse, che sono fondamentali per evitare di peggiorare l’attuale crisi del debito e garantire sostenibilità degli investimenti.
La finanza climatica dopo COP29
“I contributi dell'IDA rientrano in quelli delle banche multilaterali di sviluppo e la componente climatica verrà sicuramente rendicontate rispetto al nuovo obiettivo stabilito a COP29”, aggiunge Cogo. “Va però sottolineato che l'IDA opera su un raggio d'azione più ampio, includendo finanziamenti per educazione, salute, accesso all’acqua e ai servizi igienico-sanitari. Rispetto al nuovo obiettivo, l'IDA contribuisce certamente, ma è importante ricordare che deve essere affiancata da molte altre soluzioni per raggiungere le migliaia di miliardi di dollari auspicati nell'ambito della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici.”
Come sottolineato alla chiusura di COP29 proprio da Simon Stiell, segretario esecutivo delle Nazioni Unite per il cambiamento climatico, il nuovo obiettivo finanziario è come “una polizza assicurativa per l'umanità”, in un contesto di crescente intensità degli impatti climatici. “Ma, come ogni polizza, funziona solo se i premi vengono pagati per intero e in tempo. Le promesse devono essere mantenute per proteggere miliardi di vite”, aggiungeva Stiell.
Il ruolo dell’Italia nel rifinanziamento del Fondo IDA
Come ricordato, durante il G20 di Rio de Janeiro la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti avevano incontrato il presidente della Banca Mondiale, Ajay Banga. In occasione dell'incontro, Meloni aveva annunciato il contributo italiano al 21° rifinanziamento triennale dell'International Development Association (IDA). Maggiori impegni rispetto a IDA20 erano arrivati nelle stesse settimane da Spagna (+37%), Danimarca (+40%), Norvegia (+50%) e Polonia (+100%).
“Il numero esatto per l’Italia non è stato ancora reso pubblico”, continua Cogo. “Le cifre saranno rese note solo tra fine gennaio e inizio febbraio, quando la Banca Mondiale pubblicherà tutti gli annunci ufficiali.” Nel dicembre 2021, durante la conferenza di rifinanziamento IDA20, l’Italia aveva contribuito con 706 milioni dollari. Quest’anno, per raggiungere il risultato dei 100 miliardi, le donazioni dei paesi ammontano però solo a 23,7 miliardi. Il modello di rifinanziamento prevede infatti anche l'emissione di obbligazioni che possono moltiplicare i capitali raccolti fino a quattro volte.
“Vero, il contributo da parte dei paesi è rimasto simile al ciclo precedente, ma siamo passati da 97 miliardi a 100 anche grazie a una serie di riforme di ottimizzazione dei bilanci avviate dalle banche multilaterali, in particolare dalla Banca Mondiale”, spiega Cogo. “Queste riforme, iniziate sotto la presidenza italiana del G20 nel 2021 con la cosiddetta Capital Adequacy Framework Review, miravano a spingere le banche a prendersi maggiori rischi” attraverso una revisione delle normative internazionali che regolano i requisiti patrimoniali delle banche.
“L’obiettivo era superare la loro eccessiva prudenza, legata al timore di perdere il rating di tripla A, e sfruttare meglio i capitali a disposizione per aumentare i finanziamenti", conclude Cogo. "Negli ultimi anni, queste istituzioni hanno riconosciuto le proprie inefficienze e introdotto adeguamenti per migliorare la propria capacità d’azione. L’aumento dai 97 ai 100 miliardi riflette anche questo cambiamento strutturale in corso.”
In copertina: Ayay Banga, World Bank