Il picco delle emissioni da fonti fossili si potrebbe raggiungere entro il 2025, con una riduzione del contributo all’approvvigionamento energetico globale che scenderà al 73% entro il 2030, dopo che per decenni è rimasto fermo ben sopra all’80%. Questo grazie alle energie rinnovabili, all’efficientamento energetico e all’elettrificazione, che hanno completamente riconfigurato lo scenario energetico a fine decennio.
Questo è il messaggio più importante che emerge dal World Energy Outlook 2023 dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), il report internazionale più autorevole sugli scenari energetici, presentato oggi 24 ottobre e ottenuto in anteprima da Materia Rinnovabile. Una buona notizia in vista del negoziato sul clima COP28 a Dubai.
La combinazione tra lo slancio crescente delle tecnologie energetiche pulite e i cambiamenti economici strutturali e geopolitici in tutto il mondo ha avuto importanti implicazioni per i combustibili fossili, spostando i picchi nella domanda globale di carbone, petrolio e gas naturale possibili già a questo decennio. Un’affermazione clamorosa: è la prima volta che viene delineato negli scenari elaborati dal World Energy Outlook (WEO23), da sempre la bibbia per governi e multinazionali.
Decarbonizzazione, avanti tutta
Il report della IEA descrive un sistema energetico al 2030 in cui le tecnologie pulite giocheranno un ruolo molto più importante di quello odierno. A livello globale il fotovoltaico solare genererà più elettricità di quanta ne produce attualmente l’intero sistema energetico statunitense; circoleranno circa 10 volte il numero di auto elettriche attualmente immatricolate; la quota delle energie rinnovabili raggiungerà quasi il 50% del mix elettrico globale (rispetto al 30% circa di oggi); le pompe di calore e altri sistemi di riscaldamento elettrico supereranno le vendite delle caldaie a combustibili fossili a livello globale mentre gli investimenti in nuovi progetti eolici offshore saranno tre volte superiori a quelli delle centrali termoelettriche a gas e carbone.
“La transizione verso l’energia pulita sta avvenendo in tutto il mondo ed è inarrestabile. Non è una questione di se, ma di quanto presto – e prima è, meglio è per tutti noi”, ha affermato il direttore esecutivo dell’IEA Fatih Birol. “I governi, le aziende e gli investitori devono sostenere la transizione verso l'energia pulita anziché ostacolarla.
I vantaggi offerti sono immensi, tra cui nuove opportunità industriali e posti di lavoro, sicurezza energetica, aria più pulita, accesso universale all'energia e un clima più sicuro per tutti. Tenendo conto delle tensioni e della volatilità che caratterizzano oggi i mercati energetici tradizionali, le affermazioni secondo cui il petrolio e il gas rappresentino scelte sicure per il futuro energetico e climatico del mondo appaiono più deboli che mai.”
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Una strategia di accelerazione
Lo scenario del World Energy Outlook si basa solo sulle attuali impostazioni politiche dei governi (Stated Policy Scenario, STEPS), anche se, riferisce il report, bisogna considerare le crescenti tensioni geopolitiche in Medio Oriente, che riportano ancora una volta l’attenzione sulla sicurezza energetica e sull’instabilità dei mercati petroliferi, a 50 anni dallo shock petrolifero che portò alla fondazione dell’IEA, e che crea ulteriore instabilità per un’economia globale incerta, che risente ostinatamente degli effetti dell’inflazione e dei tassi d’interesse elevati.
Per accelerare ulteriormente la decarbonizzazione del settore energetico il WEO23 propone una strategia globale fondata su cinque pilastri: triplicare la capacità globale di energia rinnovabile; raddoppiare il tasso di miglioramento dell'efficienza energetica; ridurre le emissioni di metano derivanti dalle operazioni con i combustibili fossili del 75%; sostenere meccanismi di finanziamento innovativi e su larga scala per triplicare gli investimenti in energia pulita nelle economie emergenti e in via di sviluppo; e misure per garantire un ordinato phase-out dei combustibili fossili, compresa la fine delle nuove approvazioni di centrali elettriche a carbone.
Strategia che potrebbe essere ben ripresa nel negoziato ONU di dicembre che dovrà fornire indicazioni di lavoro delle nazioni per il periodo che va dalla Global Stocktake annuale (lo stato della decarbonizzazione globale) alla prossima nel 2028. Oltre che dare una chiara indicazione d’investimento ai fondi globali e ai grandi (e piccoli) azionisti.
Il picco delle fossili
Se carbone e petrolio (il cui mercato è sempre più instabile) sono fortemente ridimensionati – ma non rallentano come richiesto dai modelli climatici – vale la pena notare come perda di spessore anche quello che più volte è stato definito “la fonte energetica fossile di transizione”, ovvero il gas naturale. Finisce la sua epoca d’oro, annunciata nel 2011 proprio dallo stesso report. La IEA, infatti, ha nuovamente rivisto al ribasso le previsioni sulla domanda di gas naturale. Se nel 2022 la domanda di gas naturale al 2040 era già stata fortemente ridimensionata (570 bcm, circa 12% di riduzione rispetto agli anni precedenti), nel nuovo documento le stime sono state corrette con un impressionante ribasso di altri 140 miliardi di metri cubi, una conseguenza diretta della crisi energetica innescata da Mosca.
Una notizia che dovrebbe scatenare il panico tra chi ha investito in nuovi progetti di GNL che entreranno in funzione a partire dal 2025 (equivalenti a circa il 45% dell'attuale offerta globale di GNL), dato che, da un lato, allevieranno le preoccupazioni relative ai prezzi per l'approvvigionamento di gas, ma dall’altro rischiano anche di creare un eccesso di offerta e quindi diventare superflui nel decennio 2030-40, entrando nella classe degli stranded assets.
Se i dati fossero confermati dai fatti (e spesso la realtà ha superato alcune delle previsioni sulla decarbonizzazione più rosee della IEA) per la Russia crolleranno le opportunità di espandere la propria base di clienti. La quota di gas russo commercializzato a livello internazionale, che nel 2021 era del 30%, è destinata a scendere della metà entro il 2030.
I dati sulle rinnovabili del World Energy Outlook
Sorprendono anche i dati sulle rinnovabili. Entro fine decennio le fonti rinnovabili contribuiranno per circa l'80% della nuova capacità di produzione di energia elettrica fino al 2030, con il solare che da solo rappresenterà più della metà di questa espansione. Ma lo scenario basato sulle politiche odierne (STEPS) tiene conto solo dell’attuale capacità di produzione di pannelli fotovoltaici. Infatti potenzialmente, dato anche il mercato delle materie prime (ma anche di riciclo e rigenerazione), il mondo potrebbe avere una capacità di produzione di oltre 1.200 gigawatt (GW) di pannelli solari all'anno.
La previsione però si limita a “solo” 500 GW installati al 2030. Se invece si accelerasse ulteriormente (ad esempio rafforzando le gigafactory in Europa e America), e si raggiungesse una capacità produttiva di almeno 800 GW di pannelli solari fotovoltaici entro la fine del decennio, si potrebbe ridurre l’uso del carbone ovunque: -20% in Cina rispetto a uno scenario basato sulle attuali politiche, -25% in America Latina, Africa, Sud-Est asiatico e Medio Oriente.
La Cina rallenta
E proprio a Pechino il report dedica molto spazio. Nel corso dell’ultimo decennio, la Cina ha rappresentato oltre il 50% della crescita della domanda energetica globale e l’85% dell’aumento delle emissioni di CO₂ del settore energetico. Ma oggi la sua economia sta cambiando. I leader cinesi riconoscono da tempo che l’attuale fase di investimenti massicci e ad alta intensità di risorse nell’urbanizzazione, nelle infrastrutture e nelle fabbriche sta finendo. Già nel 2007, l’allora premier cinese avvertiva che “il problema più grande dell’economia cinese è che la crescita è instabile, sbilanciata, non coordinata e insostenibile”.
Il riequilibrio potrebbe avere impatti sostanziali sulle prospettive del settore energetico cinese e, date le dimensioni della Cina, anche a livello mondiale, in particolare sulla domanda di fonti fossili, specie di gas naturale. Allo stesso tempo parte delle risorse in infrastrutture andrebbero indirizzate allo sviluppo industriale, in particolare di fotovoltaico che potrebbe crescere ulteriormente (spingendo la competizione con Sud-est Asiatico, dove c’è oltre il 13% della produzione, USA, Turchia e Europa). Secondo il report sono attesi potenzialmente 500 GW di produzione entro la fine del decennio, una cifra davvero impressionante, destinata a cambiare definitivamente il mercato del fotovoltaico.
Le reazioni
Facile immaginare che il World Energy Outlook 2023 – di cui si consiglia la lettura integrale – avrà conseguenze importanti, vista la sua reputazione data dall’accurata peer-review da parte di aziende del settore energetico, dell’oil&gas (ENI e ENEL sono tra i principali finanziatori del lavoro), dei ministeri dell’energia di mezzo mondo, di accademici ed esperti.
Per Matteo Leonardi, cofondatore e direttore del think tank ECCO, “l'outlook della IEA è concentrato sulla decarbonizzazione. Un lavoro contro i luoghi comuni dell'impossibilismo climatico: la transizione è in atto a livello globale e lo scenario climatico a 1,5°C [di aumento delle temperature medie globali entro fine secolo, ndr] è raggiungibile se le politiche rafforzano la transizione su solare, elettrificazione, strategia industriale e sostenibilità sociale. Non serve una politica polarizzata sul clima, ma capace di presentare una strategia in queste quattro dimensioni".
Jan Rosenow, direttore del programma europeo Regulatory Assistance Project (RAP), ha dichiarato: “Il nuovo World Energy Outlook offre ampio spazio all’ottimismo. Esso prevede che la domanda globale di carbone, petrolio e gas naturale raggiungerà il picco entro questo decennio. A ciò si accompagna una crescita senza precedenti dell’energia pulita come le fonti rinnovabili, i veicoli elettrici e le pompe di calore, anche se non vi è alcun cambiamento nelle politiche attuali. Con politiche più ambiziose il mondo potrebbe muoversi ancora più velocemente. Ma lo slancio c’è chiaramente e questo WEO lo dimostra”.
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Immagine: Dan Meyers, Unsplash