Nelle discussioni sui fattori ESG (Environmental, Social and Governance), la "G" tende spesso a passare in secondo piano rispetto alle componenti ambientali e sociali. Eppure, come una bussola, la governance rappresenta una dimensione imprescindibile per allineare e orientare un business verso la sostenibilità. In questo contesto, l'UN Global Compact (UNGC) sta esortando le imprese a adottare un approccio ancora più ambizioso, introducendo il concetto di “governance trasformativa”. Ma cosa significa in pratica? E soprattutto, le aziende italiane aderenti all'UN Global Compact come stanno implementando questo principio?

A fare luce su queste domande è il Global Compact Network Italia, attraverso il position paper La Governance Trasformativa come driver di condotta responsabile per un business più etico, prospero e sostenibile. Questo documento, realizzato con il contributo di 54 imprese e contenete 20 casi studio, traccia un quadro di come le aziende italiane stanno integrando la sostenibilità nei propri processi decisionali e operativi. Il paper è stato presentato ufficialmente a luglio, in collaborazione con la rappresentanza permanente d’Italia presso le Nazioni Unite, a margine dell’High-Level Political Forum di New York.

Cos’è la governance trasformativa

Di fronte a una crescente sfiducia verso le istituzioni, l’Edelman Trust Barometer 2023 rivela che il settore privato “è visto come l’attore sociale più competente”, mentre “ai top manager è sempre più richiesto di impegnarsi sulle sfide internazionali, agendo sul miglioramento del benessere (anche economico) dei lavoratori, sul contrasto al cambiamento climatico e sulla riduzione delle disuguaglianze”. È questa, secondo il paper di UNGC Network Italia, la premessa fondamentale per l’adozione di un approccio più ampio della sola “G” da parte delle imprese. “La governance trasformativa è un processo osmotico a più livelli”, spiega a Materia Rinnovabile Daniela Bernacchi, Executive Director di UNGC Network Italia. In altre parole, un modello che vede la sostenibilità come un acceleratore sia a livello interno che esterno.

Internamente, la governance trasformativa spinge le aziende a integrare il concetto di sostenibilità nel loro purpose (lo scopo aziendale), influenzando la pianificazione strategica e l'allineamento dei processi operativi. Esternamente, incoraggia invece un dialogo attivo con i tradizionali stakeholder – fornitori, clienti, settore finanziario – estendendo il coinvolgimento anche agli attori dell'ecosistema in cui l'azienda opera, come istituzioni e organizzazioni del terzo settore.

Le due dimensioni della governance trasformativa

La governance trasformativa, come descritto nel paper di UNGC Network Italia, illustra come il settore privato possa attuare l'SDG 16 attraverso tre livelli interconnessi. Il primo livello, la corporate governance, si fonda su trasparenza, responsabilità finanziaria e comportamenti sostenibili nei confronti di azionisti e stakeholder, con un focus sui sistemi di controllo interno e gestione dei rischi. A questo si aggiunge la sustainable governance, che migliora la gestione dei rischi ambientali e sociali, cercando di sfruttare le opportunità e valutare gli impatti. Infine, la global governance mira a ispirare altre aziende a impegnarsi responsabilmente, collaborando con le istituzioni per rafforzare regolamentazioni e sistemi pubblici a livello internazionale, nazionale e territoriale, affrontando così le sfide globali in modo sinergico.

La governance trasformativa ha stretti legami con il reporting di sostenibilità. Nella sua stessa definizione appare evidente il richiamo al principio di doppia materialità introdotto dalla Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD). Mentre la singola materialità richiede che le aziende rendicontino come i fattori ESG influenzano operazioni e performance finanziarie (direzione outside-in), la doppia materialità richiede infatti anche una valutazione di impatto su ambiente e società (direzione inside-out). “L'idea è di passare da un'analisi dei rischi focalizzata esclusivamente sugli indicatori finanziari a un'analisi che includa anche le tematiche di sostenibilità, come richiesto dalla futura implementazione della CSRD. Questo significa considerare non solo l'impatto sul business, ma anche quello sulle persone, con l'obiettivo di creare valore condiviso”, spiega Bernacchi.

Come rendere operativo questo nuovo modello di governance?

Secondo Bernacchi, per rendere operativa la governance trasformativa “bisogna costruire competenze adeguate, partendo dalla leadership e dal consiglio di amministrazione”. Per questo UNGC ha lanciato il Transformational Governance Corporate Toolkit, uno strumento pensato per migliorare le competenze dei dipendenti in materia di governance trasformativa e diffondere questo approccio in tutta l'organizzazione.

Dove invece non ci sono competenze specifiche, le grandi imprese dovrebbero poi ricorrere a comitati consiliari o ad amministratori indipendenti per ottenere supporto. “Successivamente − continua Bernacchi - è necessario sviluppare processi e procedure che orientino tutte le attività verso la sostenibilità. Questo implica un cambiamento nella cultura aziendale, con formazione a tutti i livelli, non solo per i dirigenti, ma anche per il personale impiegatizio. Infine, è fondamentale focalizzarsi sulla dimensione esterna, coinvolgendo gli stakeholder prioritari come la supply chain, i clienti e i consumatori, e valutare l'impatto positivo delle iniziative. Nella dimensione esterna, è importante anche puntare a un impatto positivo sulle comunità e sulla collettività. Questo implica stabilire alleanze con la società civile e collaborare con le istituzioni, che sono sempre più riconosciute dalle imprese come interlocutori preziosi. Le istituzioni possono infatti offrire supporto per l'ingresso in nuovi mercati o accelerare determinati percorsi”.

Per quanto riguarda la cultura interna, è essenziale un forte coinvolgimento delle risorse umane, puntando più sul mentoring che sulla semplice formazione. “Le aziende possono utilizzare figure come gli Ambassador, che fungono da portavoce e sostenitori dei valori aziendali. Un approccio efficace è il reverse mentoring, in cui i dipendenti più giovani o specialisti condividono le proprie competenze con i colleghi silver, spesso più in difficoltà con le nuove tecnologie o metodologie”, aggiunge Bernacchi. Questo scambio intergenerazionale e interdisciplinare stimola una discussione costruttiva e migliora il clima interno, creando un processo osmotico di apprendimento reciproco anziché limitarsi a un formatore esterno che impartisce conoscenze unidirezionali.

Il coinvolgimento del management e dei rappresentanti funzione legale

Tra tutti i suggerimenti emerge poi la necessità di collegare gli obiettivi del management alla sostenibilità. “È importante creare un sistema di incentivazione che spinga tutta l'organizzazione verso risultati concreti. Inoltre, è cruciale, sebbene non sempre scontato, che il consiglio di amministrazione faccia un'autovalutazione riguardo alle tematiche di sostenibilità. Questa autovalutazione può essere condotta in modo avanzato, con il supporto di consulenti che coinvolgono anche le strutture gerarchiche sottostanti, oppure in modo più autonomo e autoreferenziale, con giudizi potenzialmente meno obiettivi. Rivedere la governance implica innanzitutto aggiornare competenze, cultura e scopi aziendali, e successivamente analizzare processi, procedure e attività. È essenziale avere controlli intermedi supportati dal reporting, dalla compliance e dalle strutture di supervisione relative agli obiettivi”, spiega Bernacchi.

Per attuare pienamente una governance trasformativa, è infine fondamentale il coinvolgimento dei rappresentanti della funzione legale. “Le aziende, specialmente quelle di grandi dimensioni e multinazionali, devono considerare gli impatti delle modifiche organizzative quando cambiano scopo, organigramma e funzioni. È essenziale spiegare chiaramente cos'è la governance trasformativa e guidare il percorso in modo che sia realistico e attuabile per le aziende. Nelle realtà complesse, come le multinazionali, non è possibile trasformare l'organizzazione in un giorno. I tempi e le priorità variano tra la casa madre, le filiali e i diversi dipartimenti, e questo deve essere considerato nella pianificazione e nell’attuazione dei cambiamenti.”

 

In coperina: Daniela Bernacchi, UNGC Network Italia