Animali che bevono fango. Laghi prosciugati. Raccolti di grano e foraggio azzerati. Sono le immagini impressionanti che arrivano in questi giorni dalla Sicilia in piena emergenza siccità. Disagi che stanno mettendo in ginocchio allevatori e agricoltori su tutto il territorio e che si riverseranno presto a cascata sul resto della comunità. Parliamo, in particolare, delle province di Agrigento, Caltanissetta, Enna, Palermo e Trapani. E, in misura minore, quelle di Messina, Catania, Ragusa e Siracusa. Ma andiamo con ordine: cosa sta succedendo e quali azioni si stanno mettendo in atto contro gli effetti della crisi climatica in Sicilia?
Un’emergenza prevedibile
Lo scorso 6 maggio, il Consiglio dei ministri ha deliberato lo stato di emergenza nazionale per la siccità in Sicilia per una durata di 12 mesi. Intervento che è valso un primo stanziamento di 20 milioni di euro per la regione, con promessa di incrementare le risorse nel corso dell'attuazione dei primi interventi di contrasto alla crisi. Prima ancora, il 9 febbraio, il presidente della regione Sicilia, Renato Schifani, aveva dichiarato lo stato di calamità naturale su tutto il territorio, dove le piogge scarseggiavano già dall’autunno 2023 e le temperature più alte della media avevano ridotto i deflussi idrici superficiali e scaricato le falde.
E mentre ancora nelle orecchie dei siciliani risuona la recente gaffe del ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida (“Per fortuna quest'anno la siccità ha colpito alcune zone del Sud e la Sicilia in particolare e molto meno altre zone del paese”), è il caso di chiedersi se possiamo davvero definire questa situazione una calamità o un’emergenza inattesa agli occhi dello stato.
L’allarme siccità non solo era prevedibile, ma era già stato previsto e denunciato dalla popolazione locale durante la stagione autunnale e invernale a causa delle piogge quasi nulle e delle alte temperature. Situazione che sarebbe inevitabilmente precipitata con l’arrivo dell’estate (che sull’isola fa generalmente oscillare il termometro dai 30° ai 40°) e che non potrà in alcun modo essere tamponata in maniera efficace con i soli 20 milioni messi al momento sul tavolo.
La mancanza della pioggia è solo un lato della medaglia della siccità in Sicilia. L’altro grande problema sono anni di mancati interventi strutturali sugli invasi e sulle reti idriche, fra dighe incomplete e strutture così fatiscenti e indecorose da essere definire reti idriche “colabrodo”. Ricordiamo che, secondo l’ISTAT, nel 2022 in Sicilia la perdita idrica nella fase di immissione in rete dell'acqua per usi autorizzati è stata del 51,6%, per un volume di 339,7 milioni di metri cubi di acqua sprecata. A questo si aggiunge anche l’assenza di piani efficaci per la messa in sicurezza degli approvvigionamenti per le aree più a rischio.
“Ora gli invasi sono a secco. L’agricoltura è allo stremo. Il turismo rischia un colpo ferale”, si legge in una nota pubblicata sui propri social dal deputato Giuseppe Provenzano. “Soprattutto, i cittadini continuano a subire un razionamento dell’acqua che va avanti da mesi e diventa sempre più insostenibile. Cresce una speculazione senza regole con le autobotti private: con quali controlli sull’igiene? In alcune zone – tra Agrigento e Caltanissetta, in particolare – la poca acqua che arriva, quando arriva, non è potabile. Uno scandalo nell’Italia del 2024, con conseguenze potenzialmente drammatiche sulla salute delle persone, di cui qualcuno potrebbe essere chiamato a rispondere”.
I laghi prosciugati
In data 26 giugno, Legambiente ha ufficializzato la scomparsa del Lago di Pergusa, in provincia di Enna, a causa della totale desertificazione del suo fondale. È la notizia più recente sullo stato dei laghi in Sicilia in queste settimane di crisi. Il Lago di Pergusa era l’unico invaso naturale presente sull’isola. Un’oasi che era stata promossa a sito di interesse comunitario da parte dell’Unione Europea per la sua importanza geologica e faunistica, in quanto rappresentava una delle principali stazioni di sosta per numerose specie di volatili che ogni anno migrano dall’Africa all’Europa.
Ma a questo si accodano molti altri bacini artificiali ridotti a pozzanghere e chiazze di fango. Tutti gli invasi regionali sono in sofferenza e le conseguenze sono gravissime su più fronti. Il lago Disueri, nel comune di Gela, in provincia di Caltanissetta, è quasi a secco. Preoccupano da mesi anche il lago Fanaco a Palermo, il lago formato dalla diga Nicoletti, posto a valle di Enna, il lago Ogliastro e il lago Pozzillo nel catanese, l’invaso di Rosamarina a Palermo e molti altri. Bacini idrici da cui si dovrebbe attingere per irrigare i campi, dissetare fauna locale e bestiame e, non meno importante, ricaricare d’acqua le sacche dei carabinieri forestali in caso di incendi, numerosissimi in questo periodo dell’anno.
Siccità, in Sicilia agricoltura in ginocchio
In questi giorni, sempre più allevatori abbattono i propri animali perché non sanno come sfamarli o dissetarli. In assenza di acqua, le aziende zootecniche che possono permetterselo fanno ricorso alle autobotti private per non vedere morire il bestiame, i molti casi facendo i conti con una speculazione incontrollata.
Hanno fatto il giro d’Italia le immagini delle capre nell’area di Caltanissetta, in contrada Chiapparia, costrette a bere fango, quel che resta del piccolo bacino d’acqua a cui attingevano gli allevatori della zona e la fauna selvatica del territorio, in assenza di altre fonti nel raggio di chilometri. È l’immagine simbolo degli stenti degli animali nell’entroterra.
Alla sete si aggiunge anche la fame, con raccolti di foraggio per sfamare le stalle azzerati. Emergenza a cui ha risposto Coldiretti poco oltre la metà di giugno, con un’operazione di solidarietà che ha portato in Sicilia un milione e mezzo di chili di fieno con pellet di erba medica. Su questo fronte, il 19 giugno la regione ha stanziato 10 milioni di euro, attraverso i quali verranno emessi dei bonus foraggio. Si tratta di voucher per acquistare del fieno presso fornitori abilitati, che si andrà a sostituire all’erba verde da pascolo mai nata dai terreni aridi.
Anche per gli agricoltori la situazione è complessa come non mai. Nell’area della piana di Catania, dove si coltivano agrumi e arance rosse IGP, alcune aziende scelgono di estirpare parte degli agrumeti, costrette a scegliere quali piante alimentare e quali no, mentre il costo dell’erogazione di acqua per ora sale vertiginosamente.
Nell’area delle Madonie, una delle più colpite dall’assenza di pioggia, il raccolto di grano e foraggio è a zero. Centinaia di ettari quasi totalmente brulli, campi di spighe vuoti che non possono essere trebbiati. Qui, dopo aver investito diverse migliaia di euro, gli imprenditori e le aziende locali non incasseranno nulla quest’anno, rischiando la chiusura. Secondo le testimonianze di molti di loro, non si è mai vista un’annata così pessima. È l’inizio di un effetto domino di perdite economiche su tutto il territorio.
Dissalatori, una possibile soluzione (per il futuro)
Il piano per l’emergenza idrica da 20 milioni annunciato dalla regione Sicilia prevede al momento 138 interventi per favorire l'approvvigionamento idrico, fra questi la costruzione di nuovi pozzi, il revamping e il ripristino di pozzi già esistenti, la costruzione di bypass e condotte di collegamento, il potenziamento dei sistemi di sollevamento e pompaggio. Inoltre, poco più di 2 milioni di euro, cofinanziati da stato e regione, saranno destinati all'acquisto di otto nuove autobotti e alla riparazione di altre 78 sparse sul territorio.
In questa strategia rientrano anche i 90 milioni di euro che erano stati previsti nell'accordo sul FSC 2021-2027 per la riattivazione di tre dissalatori a Trapani, Gela e Porto Empedocle. Impianti che aspirano l’acqua salata del mare, la filtrano e ne ricavano acqua dolce da immettere nella rete idrica. Una riattivazione tutt’altro che semplice se si pensa che i suddetti impianti risultano abbandonati da almeno una decina di anni, tutti e tre dismessi fra il 2014 e il 2012. Strutture in degrado, con tecnologie per il filtraggio e il pompaggio dell’acqua marina ormai vecchie e vasche corrose, la cui manutenzione richiederà mesi di lavoro. Nel caso del dissalatore di Porto Emedocle, per esempio, si stimano almeno 5 mesi di lavoro prima di poterlo rendere operativo. La soluzione, quindi, potrebbe essere sul lungo termine per i futuri periodi di crisi idrica, ma non risponde oggi alla richiesta urgente di aiuti immediati.
Siccità in Sicilia, turismo e sanità a rischio crisi
Nel frattempo, iniziano ad arrivare i primi allarmi e possibili nuovi disagi dal resto della comunità. Mentre molti comuni da mesi fanno i conti con il razionamento dell’erogazione dell’acqua per le attività cittadine, sul fronte della sanità si inizia già a intervenire in fase preventiva per garantire l’approvvigionamento continuo a strutture mediche come i centri di dialisi. Si tratta di circa 80 centri che garantiscono cure salvavita a 4.000 pazienti e che hanno un grande consumo di acqua (servono fino a mille litri a paziente per ogni seduta di dialisi).
Rimane un enigma anche il fronte turismo, altro grande motore economico dell’isola adesso a rischio. Gli albergatori, infatti, prevedono un’ondata di disdette come sta già succedendo nella provincia di Agrigento, uno dei più importanti catalizzatori turistici per i suoi siti archeologici patrimonio dell’umanità.
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Foto di copertina: Joe Pregadio, Unsplash