Perde vigore lo sciopero generale dell’11 aprile 2025, dopo la revoca per trasporti, sanità e istruzione, ma conferma la propria presenza in piazza il movimento Fridays for Future Italia, in occasione del Global Climate Strike, lo sciopero globale per il clima, a cui aderiscono numerose sigle, tra cui CGIL e Parents for Future.

Il movimento ambientalista, con un comunicato, invita tutta la popolazione a “manifestare in ogni forma per la giustizia climatica e sociale, per ogni decimo di grado in meno, per una pace giusta, costruita dalla democrazia, non per una guerra delle élite per il mantenimento delle disuguaglianze esistenti”.

Come i precedenti, lo sciopero si terrà di venerdì (da cui il nome del movimento, appunto), e riguarderà tutto il mondo, non solo l’Italia, dove comunque saranno interessate le maggiori città: da Milano a Roma, passando per Torino, Trento, Genova, Bari, Palermo e non solo. Ognuna con la propria particolarità.

A Firenze, per esempio, i genitori Valeria Farill e Alessandro Raveggi organizzano “Bimbi per il clima”, a carattere più educativo e giocoso, mentre a Pavia le richieste della piazza comprendono l’attuazione completa del progetto Pavia Città30 e la creazione della prima comunità energetica rinnovabile comunale.

Fridays for future Italia contro l’industria bellica

In linea con le istanze internazionali, Fridays for Future Italia invita a manifestare venerdì 11 aprile 2025 contro una strategia che vede “parte delle industrie dannose” convertite “in industria bellica spostando le risorse economiche dalla riconversione ecologica e aumentando non solo gli impatti ambientali e sociali, ma anche rendendo irreversibile nel breve futuro la variazione di temperatura media globale”.

Una variazione che ha già visto il 2024 diventare l’anno più caldo mai registrato, in cui la temperatura media del pianeta ha superato i livelli preindustriali di 1,5 °C. Ma anche gennaio 2025 è stato il più caldo mai registrato e così marzo 2025, secondo i dati di Copernicus. In un’escalation che vede la crisi climatica, secondo Fridays for Future, avanzare di pari passo con quella umanitaria e sociale.

“Gli interessi economici vengono mascherati, alimentando le guerre e l’estrattivismo di risorse dai territori”, spiegano nel comunicato, critico anche verso “la diseguaglianza sociale tra i territori e i paesi”, la transizione energetica affidata a grandi aziende che puntano “sul gas fossile, spacciato come combustibile di transizione”, la gestione dei territori e delle città “securitaria”, col dissenso “represso affidando le città a interessi privati e portando avanti la guerra del cemento che aumenta l’impatto degli eventi climatici estremi come le alluvioni”.

Per questo, i Friday for Future chiedono “di realizzare pienamente la riconversione ecologica attraverso la creazione di posti di lavoro nei settori socialmente e ambientalmente utili, come da tempo e dal basso provano a fare gli ex operai della ex GKN” e “fermando la repressione di chi manifesta e la cementificazione delle nostre città”.

Il Global Climate Strike USA contro Trump

Lo sciopero dell’11 aprile sarà globale, come d’altronde lo sono gli impatti dei cambiamenti climatici. Ma c’è molta attesa, in particolare, per le iniziative del gruppo statunitense di Fridays for Future.

“La giustizia climatica assume forme diverse in ogni comunità e non è necessaria alcuna esperienza precedente per capire come si manifesta intorno a noi”, spiega il gruppo in un comunicato con cui invita ogni persona a partecipare allo sciopero globale per il clima. “La giustizia climatica è una questione profonda e complessa che non può essere spiegata in una pagina o riassunta in 10 semplici modi per agire. Ma ciò che è importante è che è proprio a causa di questa complessità che ci sono tanti modi per agire.”

I Friday for Future USA insistono soprattutto sulla necessità di una “resistenza” alle politiche della nuova presidenza Trump, su cui “l'industria petrolifera e altri grandi inquinatori hanno una profonda influenza […] usando i loro soldi per far sentire la loro voce più forte nei processi decisionali nazionali”. Se “i funzionari di Washington stanno dando priorità al profitto personale rispetto alle persone”, allora “la resistenza non è solo possibile, è necessaria”.

 

In copertina: Markus Spiske, Unsplash