In India i fedeli di rito hindu comprano ogni giorno migliaia di tonnellate di fiori da offrire ai templi sacri. Alla fine dei rituali però lasciano dietro di sé montagne di rifiuti floreali che vengono riversati nei fiumi provocando danni ambientali significativi. Ma la religione induista considera questi fiori sacri, da restituire alla natura, e non come rifiuti da smaltire.

Secondo un rapporto delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, nel solo fiume Gange vengono buttati oltre 8 milioni di tonnellate di rifiuti floreali all'anno. Oltre a intasare i sistemi fognari, i rifiuti di fiori cresciuti con pesticidi e fertilizzanti tossici cambiano il grado di acidità dell’acqua, impattando pesantemente sulla flora marina. 

Per ridurre questi impatti ambientali e valorizzare i rifiuti floreali in modo più circolare, diverse startup indiane hanno visto nel fine vita dei fiori un’opportunità di business. Per esempio l’azienda di design Adiv Pure Nature, con sede a Mumbai, trasforma i fiori scartati in tinture naturali per indumenti, sciarpe, tovaglie e borse. I rifiuti floreali vengono raccolti tre volte a settimana, per un totale di 1.500 kg a settimana. Dopo la separazione, un team di artigiani trasforma i fiori secchi in tinture naturali. La startup Phool, invece, raccoglie settimanalmente quasi 21 tonnellate di rifiuti floreali in cinque dei principali templi indiani. Questi rifiuti vengono trasformati in oggetti come bastoncini d'incenso e altri prodotti a scopo religioso.

 

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Immagine: Envato