L’Italia ha la sua strategia nazionale sull’idrogeno, e punta fortemente su questo vettore energetico per raggiungere i suoi target di decarbonizzazione, di indipendenza energetica e competitività tecnologica. Ieri, martedì 26 novembre, presentando il documento − che fissa le tappe da raggiungere al 2030 e poi al 2050 ma prevede molte alternative e scenari ipotetici − il ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin ha messo le mani avanti, avvertendo che “l’affermazione del vettore dipenderà da molteplici e trasversali tematiche”.
Certo è che gli obiettivi a breve e medio termine non sono particolarmente sfidanti, nonostante le speranze dell’esecutivo e della filiera industriale del settore, che ha accolto con favore la strategia. Secondo Pichetto in vista c’è “una vera rivoluzione industriale, con un mix di produzione di energia sotto forma ordinaria e in aggiunta l'idrogeno con il suo contributo importante negli anni futuri per noi, sul fronte del trasporto pesante, aereo, navale, stradale e ferroviario”. Ma è chiaro che non sarà breve né semplice il percorso per rafforzare l’offerta di idrogeno da mettere a disposizione del sistema produttivo, oggi modesta, e soprattutto far crescere in modo drastico la domanda da parte delle aziende e del sistema economico. Una domanda che è tutta da inventare.
Strategia nazionale idrogeno, 2024: linee guida
Come si legge nella Strategia, presentata dal MASE nella sede del GSE a Roma, attualmente l’Italia registra una domanda di soli 1,5 Mtep (tonnellate equivalente petrolio), utilizzati per il 99% nel settore industriale, principalmente per la raffinazione e la chimica (ammoniaca e fertilizzanti). Nel 2030, tra cinque anni, si prevede che aumenti di poco, a quota 1,7 Mtep, con circa la metà soddisfatta da idrogeno verde, ovvero quello totalmente decarbonizzato (0,72 Mtep) e il resto invece proveniente da gas prodotto utilizzando tecnologie fossili, cioè il reforming del metano.
Sarà invece trascurabile il contributo del cosiddetto idrogeno blu, con l’anidride carbonica catturata negli impianti di CCSU, Carbon Capture Storage & Utilization, una tecnologia molto cara alle grandi aziende dell’oil & gas e che invece viene considerata non credibile dagli ambientalisti. Per Pichetto la CCS “è una soluzione”, perché “laddove non arriviamo nell'hard to abate [i settori difficili da decarbonizzare, ndr] dovremo catturare la CO₂, e l’avvio della fase sperimentale sta dando buoni risultati”. Al 2050, grazie a una maggiore diffusione delle tecnologie per l'utilizzo dell'idrogeno nel settore industriale e soprattutto in quello dei trasporti, la Strategia del governo Meloni stima un possibile consumo tra 6 e 12 Mtep.
L’idrogeno non è una fonte di energia come il sole o il petrolio, ma un vettore energetico. Nel senso che c’è bisogno di energia (elettrica) per “spaccare” l’acqua con la tecnologia degli elettrolizzatori, e ottenere questa molecola. Una molecola difficile, se non pericolosa, da maneggiare e trasportare, che l’energia la restituisce attraverso le celle a combustibile, che generano elettricità e hanno come scarto innocuo vapore acqueo.
Insomma, l’idrogeno è un modo per accumulare e rilasciare energia, utile anche per non sprecare l’elettricità prodotta dalle rinnovabili e non utilizzata. Questo è l’idrogeno verde. A che cosa servirà questo idrogeno? Il “manuale” dice che potrebbe essere usato per risolvere il problema della decarbonizzazione dei settori hard-to-abate, dove non esistono ancora batterie in grado di accumulare direttamente l’elettricità che serve, come navi, treni e aerei che oggi bruciano derivati del petrolio, o nei settori cui serve tanto calore, come le industrie della ceramica o le acciaierie.
Costi, export e produzione
Lo scenario immaginato dal governo (lo sappiamo sin dai primi giorni di vita dell’esecutivo) ha come premessa di fondo l’inadeguatezza, l’insufficienza, l’improgrammabilità delle fonti rinnovabili. Per questo il nucleare, per questo l’idrogeno. E un giorno anche l’idrogeno prodotto attraverso gli elettrolizzatori dall’elettricità generata dalle centrali nucleari. Per generare questo idrogeno, a seconda degli scenari al 2050 (uno con prevalenza di produzione nazionale, uno con prevalenza di importazione) bisogna costruire una capacità di elettrolizzatori rispettivamente per 15-30 GW o per 4-9, con investimenti variabili tra gli 8 e i 16 miliardi nel primo scenario, e tra i 2 e i 5 nel secondo scenario.
Già oggi, ha ricordato Pichetto, il settore “può contare su risorse complessive superiori ai 6 miliardi”. Secondo il documento, gli attuali costi associati all'idrogeno sono elevati, ma c’è una prospettiva di riduzione per quanto riguarda sia la produzione sia l'approvvigionamento dall'estero grazie a un importante contributo derivante dall'import dai paesi del Nord Africa. Infine, nella prima fase di sviluppo della strategia sono necessarie misure di sostegno per garantire investimenti, know-how e occupazione, e bisogna sviluppare infrastrutture di trasporto a media e grande distanza (pipeline, come il Southern Hydrogen Corridor) e trasporto su nave dai porti.
Come ha spiegato il direttore del dipartimento energia del Ministero, Federico Boschi, "emaneremo un Decreto tariffe sull'idrogeno che dovrà tenere conto dell'evoluzione dell'idrogeno e dei costi di produzione". Boschi ha ricordato che "Germania, Francia e Spagna hanno obiettivi più ambiziosi al 2030, ma noi dobbiamo trovare una via per produrre idrogeno in modo economico, perché non abbiamo le stesse risorse degli altri paesi. L'obiettivo è dare una traiettoria credibile e verificabile".
I costi devono scendere affinché possa nascere la domanda, ha affermato il presidente del GSE, Paolo Arrigoni, in occasione della presentazione della Strategia: "Occorre scendere a prezzi di 2/2,50 euro al chilo affinché possa crescere la domanda e parallelamente anche la produzione”. “È un momento storico”, è stata la conclusione di Alberto Dossi, presidente di H2It, l’associazione che raccoglie le imprese della filiera dell’idrogeno, che ha collaborato alla stesura della Strategia.
Foto copertina: MASE