Mentre sul meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM) il Parlamento europeo ha recentemente autorizzato l’avvio dei negoziati con il Consiglio per definire la versione finale della norma, introducendo una nuova soglia minima di 50 tonnellate per l’applicazione della tassa che esenta circa il 90% degli importatori, gli altri dossier principali dell’Omnibus I − in particolare CSRD e CSDDD, fondamentali per l’agenda verde dell’UE − restano invece al centro di forti tensioni politiche.
Centrale nel dibattito di questi giorni è stato il punto all’ordine del giorno di venerdì 23 maggio ore 9.45 al COREPER II, organo del Consiglio composto da ambasciatori rappresentanti permanenti. Non solo per quanto si è deciso nelle ultime ore, ma per il percorso di avvicinamento.
La decisione del COREPER II
Come riassunto su LinkedIn da Andreas Rasche, professore alla Copenhagen Business School (CBS) e Associate Dean del programma MBA, durante l’incontro odierno del Coreper II è emerso un documento che aiuta a capire dove sta andando la discussione sull’omnibus in Consiglio, sotto la guida della Presidenza polacca.
Sul fronte CSRD, la linea che si sta delineando è quella di accogliere la proposta della Commissione come un buon compromesso: capace di soddisfare la crescente domanda di trasparenza sulla sostenibilità, ma senza sovraccaricare le imprese, tanto che la drastica riduzione dell’ambito di applicazione (circa l’80%) viene vista come realistica.
Per quanto riguarda la CSDDD, invece, emergono più dubbi: l’attenzione esclusiva sui fornitori diretti (tier-1) è percepita come troppo gravosa e la nozione di “informazione plausibile” appare poco chiara. Alcuni stati membri propongono quindi di tornare a un approccio basato sul rischio, concentrandosi su dove gli impatti negativi sono più probabili. Sul tema dei piani di transizione, infine, c’è un certo consenso: l’idea è quella di evitare doppioni e chiarire che i piani richiesti dalla CSRD e dalla CSDDD sono gli stessi, così da semplificare la vita alle aziende.
Un passo indietro: le posizioni dentro e fuori dal COREPER
Fino a poche ore prima della riunione COREPER II, la Francia proponeva infatti di alzare la soglia di applicazione della CSDDD alle aziende con oltre 5.000 dipendenti, sostenendo che solo le realtà più grandi hanno un reale controllo sulle proprie catene di fornitura − contraddicendo però lo stesso presidente Macron, che fino a due giorni prima chiedeva direttamente l’abolizione della misura sulla due diligence. Nel frattempo, dalla Germania è arrivata ancora una misura più ambigua. Il portavoce del cancelliere Scholz, Stefan Kornelius, incalzato dai giornalisti non ha escluso esplicitamente l’abolizione, parlando genericamente della necessità di “razionalizzare” la CSDDD nell’ambito degli sforzi della Commissione europea per snellire la burocrazia.
Al dibattito vanno aggiunti gli emendamenti proposti dalla Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo (ECON) il 14 maggio, che riflettono la posizione del Partito popolare europeo (PPE): si chiede di allineare le soglie di applicazione di CSRD e CSDDD (già rinviate dal Parlamento attraverso la proposta “stop the clock”) a 3.000 dipendenti e a un fatturato annuo globale superiore a 450 milioni di euro, di eliminare dalla CSDDD l’obbligo per le aziende di adottare un piano di transizione climatica e di limitare i punti dati degli standard ESRS previsti dalla CSRD a non più di 100 obbligatori e 50 facoltativi, con l’obiettivo di ridurre il carico amministrativo, ma rischiando di indebolire l’ambizione delle norme europee sulla sostenibilità.
Sul fronte degli ESRS, va inoltre considerata la bozza di atto delegato della Commissione circolata il 22 maggio, che prevede un’esenzione temporanea per le aziende con meno di 750 dipendenti dalla divulgazione di alcune informazioni specifiche: le emissioni di Scope 3 (ESRS E1), la biodiversità (ESRS E4) e i dati relativi alla forza lavoro e alla catena del valore (ESRS S1–S4).
Cosa succede ora?
Il banco potrebbe presto stravolgere le carte in tavola. L’Ombudsman europeo ha annunciato lo stesso 23 maggio l’apertura di un’inchiesta sulla presunta non conformità della Commissione europea alle Better Regulation Guidelines nella preparazione della cosiddetta proposta Omnibus. L’Ombudsman esaminerà alcuni documenti presenti negli archivi della Commissione e incontrerà il personale coinvolto entro il 18 giugno. La decisione è arrivata a seguito di un reclamo formale presentato da una coalizione di otto ONG, che oltre a unirsi agli appelli per salvaguardare la finanza sostenibile hanno fatto l’ulteriore passo di denunciare un processo decisionale viziato alla base del pacchetto di semplificazione.
“La Commissione ha violato le sue stesse regole. Apportare in fretta e furia cambiamenti radicali senza ascoltare l'opinione pubblica o verificare l'impatto sul clima non è il modo in cui dovrebbe funzionare l'attività legislativa dell'UE”, dichiara in un comunicato Nele Meyer, direttrice della European Coalition for Corporate Justice (ECCJ).
Bisogna tener conto anche dell’avvertimento della Banca Centrale Europea (BCE), arrivato l’8 maggio, che avverte che il pacchetto Omnibus potrebbe danneggiare la competitività dell’UE, gli obiettivi di sostenibilità e la gestione dei rischi finanziari. Oltre, spingendosi ancora più nel dettaglio, anche le considerazioni di più di 30 giuristi europei che criticano le proposte di semplificazione dell’Omnibus che modificano le disposizioni sui piani di transizione climatica nella Direttiva due diligence.
A voler facilitare la conclusione, per il momento, si potrebbe spingersi a un gioco di parole. "Omnibus", dal latino “per tutti”, un tempo indicava un carro per il trasporto collettivo. Oggi il termine più frequentemente definisce quei pacchetti normativi che accorpano, in un solo testo, modifiche e aggiornamenti a leggi diverse. E se un tempo l'obiettivo era far viaggiare tutti nella stessa direzione, oggi sul carrozzone normativo dell’“Omnibus I” – dalla CSR e CSDDD al Regolamento sulla Tassonomia − il viaggio si preannuncia più turbolento che mai.
In copertina: foto di Markus Spiske, Unsplash