A quanto pare, per i rifiuti urbani il “disaccoppiamento” tra andamento dell’economia e produzione di rifiuti ancora non c’è stato. In un contesto che va giudicato complessivamente positivo, con indici praticamente tutti in miglioramento e il Mezzogiorno che recupera una discreta fetta del terreno perduto, il Rapporto rifiuti urbani diffuso oggi, giovedì 19 dicembre, da ISPRA registra che nel 2023 − anno con un PIL in aumento dello 0,7% − la produzione nazionale di rifiuti urbani, che era diminuita nel 2021 e nel 2022, si è attestata a quasi 29,3 milioni di tonnellate con un incremento dello 0,7%, identico a quello del PIL.

Detto questo, bisogna ricordare alcune cose. Nei 14 comuni con più di 200.000 abitanti, tra 2022 e 2023 si registra una sostanziale stabilità della produzione. La raccolta differenziata rappresenta due terzi della raccolta. La distanza tra Nord e Sud si è ridotta a soli 4,5 punti. E la quota di rifiuti urbani riciclata è arrivata − nonostante un innegabile gap dal punto di vista della dotazione impiantistica, specie al Sud ma anche nel Lazio − a quota 50,8%.

Cresce la raccolta differenziata

Come detto, la raccolta differenziata è arrivata a una media nazionale del 66,6%, con percentuali del 73,4% al Nord, del 62,3% al Centro e del 58,9% al Sud. In testa alla classifica c’è Bologna, che arriva a quasi il 73% ed è la prima grande città italiana che supera l’obiettivo del 65%, conseguito dal 71% dei comuni italiani. Superano il 55% o ci si avvicinano Torino (57,1%), Firenze (55,6%), Messina (55,4%) e Verona (53,4%). Segue Roma, in leggera crescita rispetto al 2022, con il 46,6%. Poi Genova col 46,1% (+3% rispetto al 2022). Mentre Bari e Napoli superano il 40%.

Il Sud continua a recuperare terreno, tanto che lo scostamento col Nord si è ridotto di 4,5 punti e di 3,8% col Centro. Le regioni più virtuose sono il Veneto (77,7%) e l’Emilia-Romagna (77,1%). Seguono Sardegna (76,3%), Trentino-Alto Adige (75,3%), Lombardia (73,9%) e Friuli-Venezia Giulia (72,5%). Indietro sono Lazio e Campania (55,4 e 56,6%), ma anche Calabria e Sicilia (54,8 e 55,2%).

Riciclaggio dei rifiuti in aumento ma non abbastanza

La percentuale di riciclaggio dei rifiuti urbani si attesta al 50,8%, in crescita rispetto al precedente anno (49,2%), e al di sopra dell’obiettivo del 50% previsto dalla normativa per il 2020 (al 2030 l’obiettivo è ben più ambizioso, il 65%). L’incremento dipende principalmente dalla frazione carta, che aumenta del 7,9% (341.000 tonnellate in più). Bene anche l’acciaio (+2,4%), la plastica (+1,4%) e il legno (+0,8%), mentre il vetro e l’alluminio faticano facendo segnare, rispettivamente, un calo del 10,8% (248.000 tonnellate in meno) e dell’1,5%. I rifiuti urbani complessivamente smaltiti in discarica sono ancora una parte eccessiva anche se in calo, a quota 15,8% del totale: 4,6 milioni di tonnellate contro le 5,2 milioni del 2022.

Mancano gli impianti di gestione

Troppa materia finisce in discarica, e siamo lontani dagli obiettivi europei, che fissano uno smaltimento massimo dei rifiuti urbani pari al 10% della produzione dal 2035. Colpa soprattutto dell’insufficienza degli impianti di gestione. Nel 2023 in tutto erano 656, di cui oltre la metà al Nord. Il 24% della quantità viene trattato biologicamente, il 29% è recupero di materia, il 20% incenerimento e coincenerimento, il 16% va in discarica.

Quanto all’organico, il recupero di questa frazione viene effettuato, in maniera prevalente, negli impianti di trattamento integrato anaerobico/aerobico, che passano da 51 a 61 con il 56,8% dei quantitativi trattati, seguito dagli impianti di compostaggio (36,9%). La restante quota del 6,3% è gestita negli impianti di digestione anaerobica. Come ha spiegato la direttrice dell’ISPRA, Maria Siclari, la Campania gestisce con impianti propri solo il 10% dei rifiuti.

Rifiuti da imballaggi: (quasi) tutti oltre i target

Bene gli imballaggi. Per questo settore, uno dei flussi più monitorati dall’Europa, nel 2023 tutte le frazioni merceologiche hanno già ampiamente raggiunto i target di riciclaggio fissati a livello europeo per il 2025, a eccezione della plastica (48%) che comunque è prossima all’obiettivo (50% al 2025). Lo sviluppo di nuove tecnologie di trattamento si spera possa contribuire all’aumento del riciclaggio, soprattutto per quelle tipologie di rifiuti che sono attualmente difficilmente recuperabili.

Import ed export dei rifiuti

Nel 2023 è stato esportato il 4,6% dei rifiuti urbani prodotti, 1,4 milioni di tonnellate, costituiti per il 39,7% da rifiuti derivanti dal trattamento meccanico e per il 27,4% da combustibile solido secondario (CSS), a fronte di 319.000 tonnellate di rifiuti importati. Campania, Lombardia e Calabria sono le regioni che esportano maggiormente i propri quantitativi. Danimarca, Paesi Bassi, e Germania i paesi cui destiniamo più rifiuti urbani.

La Francia è il paese da cui proviene il maggior quantitativo di rifiuti urbani, 101.000 tonnellate, corrispondente al 31,7% del totale importato. Seguono la Svizzera con il 27,4% e la Germania con il 17,1% del totale. Le regioni che importano i maggiori quantitativi sono Lombardia e Liguria, ma anche l’Emilia-Romagna.

I costi per i cittadini

Nel 2023 è in crescita il costo medio nazionale annuo pro capite di gestione dei rifiuti urbani con 197 euro per abitante (nel 2022 era stato 192,3). Al Centro il costo più elevato con 233,6 euro, segue il Sud con 211,4 euro e infine il Nord con 173,3 euro per abitante. La città con il costo più alto è Venezia con 411 euro, seguita da Cagliari (296) e Perugia (291). I comuni più risparmiatori sono Campobasso (167) e Trento (171). Secondo uno studio ISPRA, la gestione dei rifiuti con la tariffazione puntuale è un metodo che fa risparmiare: in media i 1.352 censiti (quasi 10 milioni di abitanti) spendono 166,6 euro per cittadino.

I commenti dei protagonisti

Positivo è il commento del presidente dell’ISPRA, Stefano Laporta, secondo cui “il rapporto racconta un’Italia in movimento verso la sostenibilità ambientale”, anche se non ci si può fermare qui, e serve una “azione corale”, soprattutto dal punto di vista della realizzazione di nuovi impianti. L’occasione da cogliere è quella del PNRR, che per le infrastrutture per la raccolta differenziata e le modalità di gestione vede stanziati 2,1 miliardi di euro, per investimenti nella gestione dei rifiuti e nei progetti innovativi di economia circolare. Secondo Maria Siclari “bisogna continuare a lavorare sulle abitudini di consumo e sui comportamenti dei cittadini per ridurre a monte la produzione di rifiuti”.

“Le raccolte differenziate sono il motore del riciclo degli imballaggi”, aggiunge la direttrice generale di CONAI Simona Fontana, che annuncia nuove iniziative a supporto della progettazione e riorganizzazione dei sistemi di raccolta. La presidente del Consorzio italiano compostatori, Lella Miccolis, spiega che secondo molte analisi merceologiche il materiale non compostabile in ingresso negli impianti è ancora troppo. E Laura D’Aprile, a capo del Dipartimento per la transizione ecologica e gli investimenti verdi del MASE, stigmatizza l’eccessivo volume di rifiuti esportati all’estero: “Sono risorse che vanno perse e finiscono su altri mercati, e non è certa la tracciabilità della filiera. Il tessile ci chiede materia prima per l’industria della moda, e potremmo usare materia prima nostra di recupero. Invece la mandiamo oltre frontiera, e poi importiamo tessuti.”

 

Immagine: Envato